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12.5.13

PD Veneto: aperta la successione a Rosanna Filippin in vista dell'ormai prossimo congresso


La Nuova Venezia 12 maggio 2013

Pd Veneto, un’assemblea per il nuovo congresso

PADOVA Le dichiarazioni di facciata, naturalmente, sono tutte positive. L’elezione di Guglielmo Epifani a segretario del Partito Democratico (il quarto in cinque anni) sembra aver messo d’accordo quasi tutti. Da Alessandra Moretti («Una garanzia per tutti») a Floriana Casellato («Uomo capace di grandi mediazioni»). Solo Laura Puppato rimane scettica: «Dovrà dimostrare giorno per giorno discontinuità, perché è stato scelto con metodi del passato». Ma appena scalfita la superficie, il Pd veneto torna ad assomigliare a un partito balcanico, costellato da gruppi territoriali e personali. 

Sabato prossimo si riunisce a Padova l’assemblea regionale per avviare la fase congressuale, anche dopo che Rosanna Filippin, da poco senatrice, ha deciso di non riproporre la propria candidatura alla segreteria regionale. Il corpaccione bersaniano (da Zoggia a Mognato, da Ruzzante a Naccarato, da Casellato a Zardini), che da sempre controlla l’apparato trova nel ministro Flavio Zanonato il proprio rinnovato punto di riferimento. La leadership che forse finora è mancata. 
Cresce anche l’area Letta, che fa riferimento sui vicentini Rosanna Filippin e Federico Ginato ma dentro la quale stanno confluendo anche i Popolari di Fioroni (Pierpaolo Baretta è sottosegretario). Ancora relativamente orfana di leadership l’area Renzi, che pure nel Veneto pesa più del 40%: finora ha nel sindaco di Vicenza Achille Variati, nel vicepresidente del consiglio regionale Franco Bonfante, nel sindaco di Este Giancarlo Piva e in quello di Belluno Jacopo Massaro i propri riferimenti. 
C’è infine un’area meno organizzata che sembra accostare Felice Casson, leader della mozione Marino, a Laura Puppato, la pasionaria di Montebelluna che si sta ritagliando un ruolo e una visibilità nazionale ma non è interessata alla segreteria regionale. 
La discussione, carsica, che sta attraversando (in verità, più gli apparati che la base, che ha il morale sotto i tacchi) il Partito Democratico riguarda il profilo che dovrà assumere dopo la non-vittoria alle elezioni e la figuraccia del Quirinale su Prodi: da una parte chi vuole un autentico partito del lavoro, dall’altra chi preferisce invece il modello di partito plurale più vicino allo spirito del Lingotto. Renziani, lettiani, popolari ed ex bindiani, naturalmente, preferiscono questa seconda ipotesi ed anche parte del gruppone bersaniano. Ma non è detto. 
La decisione incrocerà i destini del governo Letta e la scelta del prossimo candidato alle Regionali. La nomina di Zanonato a ministro ha naturalmente dato vigore a chi spinge per un modello di partito «solido». Che potrebbe trovare proprio nel neo ministro, magari tra qualche mese (dopo una proroga tecnica di Rosanna Filippin, ad esempio) il candidato alla segreteria regionale. Zanonato cerca di sottrarsi, preferendo magari il fedelissimo Piero Ruzzante. Difficile, ma non impossibile, convincere i renziani. Chi punta alla «discontinuità» con il passato è Laura Puppato: «Si è chiuso un ciclo, serve uno scatto che faccia ripartire il Pd dal territorio: il nuovo segretario regionale sia una persona nuova, pescata dai nostri bravi amministratori, che abbia nella trasparenza, nella genuinità, nella condivisione i suoi tratti caratteristici». 
Daniele Ferrazza