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28.3.11

Assemblea regionale del PD Veneto: l'agenda per il 2011

La Nuova Venezia 28 marzo 2011

«C’è chi inietta veleni nel Pd»

VENEZIA. «Da chi riveste un ruolo dirigente mi aspetto l’assunzione di responsabilità, anche nei momenti difficili. Chi si limita a scagliare critiche e inietta il veleno del frazionismo nel partito, tradisce il mandato e la fiducia degli elettori». All’indomani dell’assemblea regionale del Pd, Laura Puppato non usa mezzi termini.
A irritare il capogruppo in consiglio veneto, è la prevalenza - mediatica, almeno - delle polemiche interne rispetto al lavoro e ai risultati conseguiti: «Colpa nostra, anche. Apprendo ora, per caso, che da dicembre a oggi abbiamo ricevuto 3-4 richieste quotidiane di iscrizione on line al partito mentre nel semestre precedente ne erano arrivate in tutto una ventina. Non lo sa nessuno, Perché?».
Puppato rivendica l’impegno dei democratici su temi qualificanti - l’assistenza sociale, il trasporto locale, le energie rinnovabili e l’opposizione vittoriosa al nucleare - né si scandalizza delle critiche a certi atteggiamenti della magistratura espresse da esponenti di primo piano, come i senatori Paolo Giaretta e Felice Casson: «Siamo riformisti, non conservatori, e la giustizia va cambiata. Non è accettabile una durata media dei processi di 8 anni. Attenzione però: la prima responsabilità è del Governo, che insegue scorciatoie e non investe risorse».
Severo il giudizio sul primo anno di presidenza Zaia: «Proclami e dietrofront a seconda dei sondaggi. Dopo tanti spot, scopriamo che il Veneto non ha un euro per gli investimenti, che l’ultimo piano sociosanitario risale al ’95, che saremo gli ultimi d’Italia ad approvare bilancio e statuto, che andiamo sott’acqua ogni volta che piove».

Però il vicesegretario Andrea Causin se n’è andato affermando che il progetto del Pd è fallito e che Bersani, più che il leader, fa il capo di una mozione... «Bersani è bravo, da parte mia gli ho scritto invitandolo a non temere le diversità, penso a Matteo Renzi e a tanti altri. Il Pd deve includere, senza snobismi né insofferenza, anche se a volte è faticoso».
«Disagio verso la linea di Bersani? Nella nostra assemblea non c’era», fa eco il segretario Rosanna Filippin «ce n’era parecchio, invece, verso le polemiche strumentali che cosiddetti dirigenti nazionali a spasso per l’Italia importano per beghe correntizie di piccolo cabotaggio». Trasparente l’allusione al j’accuse di Giuseppe Fioroni, capofila della corrente moderata e cattolica...

«Le nostre priorità? Una riforma fiscale per riequilibrare le tasse tra rendita e lavoro. Una scelta strategica in favore della green economy, per trainare innovazione, ricchezza e occupazione. Una riforma immediata del Patto di stabilità, senza la quale il federalismo leghista sarà una scatola vuota, perché i Comuni sono ingiustamente al palo. Una riforma del mercato del lavoro per portare i giovani fuori dal tunnel della precarietà, con l’adozione del contratto unico. E una riforma della governance regionale che investa seriamente sulle funzioni del governo metropolitano. Idee, non slogan».

20.3.11

PD Veneto: nessuna egemonia degli ex-Ds

La Nuova Venezia 20 marzo 2011

Fuga dal Pd, vertici sotto accusa

VENEZIA. L’esodo si conclude con il poker. Ma la partita, del confronto e degli equilibri, non può finire qui. Lo assicurano ex popolari e riformisti del Pd all’indomani dell’ufficializzazione della fuoriuscita dal partito di Andrea Causin cui, ieri, hanno fatto seguito una serie di confronti sia sull’asse romana che veneta. Al momento, non risultano altre defezioni. Quella di Causin è dunque la quarta defezione in ordine di tempo dopo Alessio Vianello, Maurizio Fistarol e Diego Bottacin. Nessun conto, invece, sulla meteora Calearo, protagonista di troppe capriole per poter essere oggetto di una seria analisi.

La tesi è che le defezioni - che travalicano il Veneto - siano sintomatiche del malessere delle correnti minoritarie di fronte allo strapotere degli ex Ds con 9 rappresentanti su 15 nell’esecutivo regionale, cui si aggiungono tesoriere e presidente. La questione, spiegano gli ex popolari si fa ancora più spinosa nei territori - nei circoli piuttosto che nelle segreterie provinciali - a partire da Padova, uno dei feudi per eccellenza dei furono democratici di sinistra che contano sul sindaco Zanonato, sul «segretario provinciale ombra» Piero Ruzzante, passando per il consigliere regionale Mauro Bortoli e il deputato Alessandro Naccarato.

L’appello a un’analisi più approfondita arriva dall’onorevole Simonetta Rubinato: «Anziché autoassolversi, dando sempre la colpa agli altri, il Pd trovi uno scatto d’orgoglio per competere sulla scena politica veneta. E’ bene che si avvii una seria discussione sul disagio avvertito da un’ampia schiera non solo di eletti, ma anche di iscritti ed elettori cui sta sempre più stretta la vocazione minoritaria a cui sembriamo inesorabilmente destinati. Bisogna cominciare a fare i conti con il fatto che a livello regionale abbiamo quasi dimezzato i voti. Di sicuro questi elettori non se ne sono andati per ragioni private o personali». Il pericolo - avverte quindi - è che il Pd non venga più percepito come un’autentica alternativa da larghe fasce di elettori che non si riconoscono nelle vecchie ideologie.

«Le dichiarazioni di Rosanna Filippin sulla fuoriuscita di Causin certificano per l’ennesima volta la difficoltà del partito a comprendere quanto sta accadendo» rincara l’onorevole Rodolfo Viola, pur affermando di non condividere la scelta del consigliere di Martellago «Penso che in questo momento la partita vada giocata nel Pd, anche per rispetto dei tanti che hanno condiviso con noi molte scelte e battaglie» aggiunge bollando la reazione del partito come «superficialità politica allarmante» per la costante mancanza di confronto dopo ogni defezione.

«Riteniamo prioritario correggere la rotta e la comunicazione in capo alla segreteria - sostiene Paolo Giacon, dell’esecutivo regionale, scuola Giaretta - ma non per questo sbattiamo la porta e ce ne andiamo. Anzi, crediamo ancora nel progetto Pd anche se Bersani si è allontanato dallo spirito del Lingotto». Quanto alla fuoriuscita di Causin, precisa che un progetto plurale, moderato e riformista si realizza in un grande partito e non in minuscole sigle: «Gli elettori ci chiedono unità, spirito d’iniziativa e coraggio e i cattolici del Pd intendono assumersi questa responsabilità fino in fondo, mettendola a servizio della causa democratica».

Il primo momento di confronto sabato prossimo, con l’assemblea regionale. «Le prossime settimane ci diranno se il disagio di Causin era nei confronti del Pd o del centrosinistra più in generale - punge Davide Zoggia, responsabile Enti locali della segreteria del partito - tutti i nostri sforzi saranno volti a far sì che tutti si possano sentire a casa propria. Per quanto riguarda la discussione sul partito, su cui è già stato avviato un percorso di riflessione negli organismi dirigenti, in questa fase si privilegiano le scadenze amministrative per risolvere i problemi degli italiani». (s.z.)

19.3.11

Il consigliere Andrea Causin lascia il PD

18-03-2011, comunicato del Partito Democratico Veneto

Andrea Causin ha annunciato in una lettera a Pier Luigi Bersani la decisione di uscire dal Partito Democratico:

“Avevo creduto – scrive nella lettera - che il Pd potesse essere un partito plurale, aperto, moderno, riformista, con una forte vocazione maggioritaria. Purtroppo le scelte operate nell'ultimo periodo segnano una drastica inversione di tendenza rispetto al partito immaginato dal Veltroni e da tanti altri amici. Di qui la decisione di compiere una scelta rispetto ad un disagio che diventa sempre più forte e alla necessità di continuare a svolgere il mio impegno politico e civile in una fase complessa e densa di incognite”.

Rosanna Filippin, segretario regionale del Pd Veneto replica a questa scelta con una lettera aperta a tutti i democratici veneti.

“Andrea Causin ha annunciato la scelta di lasciare il Partito Democratico. Andrea fu candidato alla segreteria regionale del Partito nelle primarie del 2009. E sino all’autunno dell’anno scorso è stato vice segretario del Pd Veneto. Nel febbraio del 2010, con il voto degli elettori del Partito Democratico, è stato rieletto in Consiglio Regionale. Prima di tutto credo che coerenza verso i suoi elettori vorrebbe che all’abbandono del Pd seguissero le dimissioni da consigliere regionale. Nella sua lettera, Andrea cita alcune ragioni politiche della sua scelta. Le rispetto, come rispetto le ragioni politiche di chiunque, ma non le condivido.

Non condivido la tesi che il profilo del Partito Democratico sia quello della socialdemocrazia di stampo classico. La nostra proposta politica offre una sintesi del tutto nuova e mi spiace che un fondatore del Pd abbia ceduto alla tentazione di cliché ripetitivi e speculari a quelli di chi, come Berlusconi, con altrettanta superficialità rimprovera al Pd di non essere invece socialdemocratico a sufficienza. Non condivido la tesi che Pier Luigi Bersani si stia comportando come il capo di una mozione. Il congresso del Pd e le sue divisioni sono da tempo alle nostre spalle e lo dimostra il sostegno offerto alla linea del segretario da Dario Franceschini, che aveva sfidato Bersani con una piattaforma alternativa. Oppure il mito di un partito in mano ad apparati espressi dalle storie politiche che hanno dato vita al Pd. La linfa del nostro partito è nella militanza di tanti e in particolare di una nuova generazione che si è affacciata alla politica quando Ds e Margherita già erano storie passate.

Infine, forse la più seria delle questioni poste da Causin. Il Pd è marginale al Nord? Io non lo credo. La difficoltà dei democratici al Nord non nascono ora, hanno radici più profonde. Oggi però la sfida è più che mai aperta: perché il berlusconismo tocca un punto di crisi e perché la Lega deve dar conto degli scarsi risultati della sua azione di governo, dopo il lungo tempo delle promesse.

L’alternativa a questo centrodestra ha bisogno di una grande forza di popolo. Il Pd è questo. Non il partito di un capo, né quello di un solo leader, non un partito di poche prime donne, ma una forza resa grande dall’energia, dalla passione e dalla coerenza di tanti.

Può il Partito Democratico vincere da solo la sfida al berlusconismo? No di certo. Ma senza un Pd forte nessuna alternativa può vincere davvero. Rendere forte e vincente questa alternativa è il nostro compito. La coerenza verso questa grande responsabilità è il primo passo verso il successo. La rinuncia a questo impegno è anch’essa un primo passo. Ma di un percorso che conduce all’irrilevanza. La scelta tocca a ciascuno di noi”.

3.3.11

PD provincia Venezia: 35mila firme contro Berlusconi

La Nuova Venezia 03 marzo 2011

Poco più di 35 mila firme per chiedere a Berlusconi di andarsene. La petizione «Per cambiare l’Italia: Berlusconi dimettiti» lanciata alcune settimane fa dal Pd ha fatto raccogliere dal Pd provinciale per l’esattezza 35.395 firme che sono state spedite ieri a Roma. «E’ stato un successo straordinario - commenta il segretario provinciale del Pd Michele Mognato - uomini e donne di tutte le età hanno firmato perchè l’Italia ha bisogno di guardare oltre per affrontare finalmente i suoi problemi: la crescita, il lavoro, un fisco giusto, una scuola che funzioni, una democrazia sana. Un messaggio forte per un futuro migliore e andare oltre Berlusconi».

Ai gazebo del Pd, sparsi in tutta la provincia, è stato possibile scrivere il proprio nome e cognome sul documento e accompagnato da una lettera molto esplicita che recita grosso modo così: «Presidente Berlusconi, lei ha disonorato l’Italia agli occhi del mondo, non ha più la credibilità per chiedere agli italiani un impegno per il cambiamento e con la sua incapacità a governare sta facendo fare al paese solo passi indietro. Lei dunque se ne deve andare via. L’Italia ha bisogno di guardare oltre, per affrontare finalmente i suoi problemi: la crescita, il lavoro, un fisco giusto, una scuola che funzioni, una democrazia sana. Per questo, presidente Berlusconi, lei si deve dimettere...».