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26.4.13

PD Veneto: Rosanna Filippin non si ricandida


In Veneto il segretario Rosanna Filippin non si ricandida alla guida dei “democrat”

Rosanna Filippin non si ricandiderà alla segreteria del Pd veneto: «Ci avviamo al congresso nel segno del rinnovamento, non so chi assumerà l’incarico di guidare il partito, lo decideremo insieme, ma certo non sarò io», fa sapere. Una scelta largamente annunciata dopo la sua elezione al Senato, impegno che si somma a quello di assessore all’urbanistica a Bassano del Grappa, la sua città. Avvocato, già animatrice dell’Azione Cattolica, figura stimata per la sua lealtà in una stagione di risse e congiure, Rosanna Filippin non ha nascosto profonda amarezza per i ripetuti agguati parlamentari culminati nelle dimissioni di Pierluigi Bersani, al quale è legata da forte consonanza politica: «Nei giorni scorsi il Pd ha mancato al suo compito, non si è assunto la responsabilità di questo Paese, ha lasciato che i propri conflitti prevalessero su ogni altra cosa e ha usato le urne per l’elezione del presidente della Repubblica per un regolamento di conti interni», la sua spietata autocritica «si è trattato di un atteggiamento vergognoso, e come segretario del Pd veneto chiedo scusa ai cittadini. Il nostro congresso era già previsto per l’autunno, mi pare evidente che avremo bisogno di anticiparlo. Ma prima c’è altro da fare: il Pd deve sostenere con convinzione lo sforzo di Enrico Letta e mettersi umilmente al servizio del Paese, e con umilmente intendo che non è nelle condizioni di pretendere alcunché». 

Filippo Tosatto 


25.4.13

Parlamentari PD veneziani: Mognato difende il comportamento in aula


«Non siamo né dalemiani né franchi tiratori di Prodi»

VENEZIA «Abbiamo bruciato la credibilità che avevamo come Pd nei confronti del Paese, oltre 10 milioni di elettori e dei nostri iscritti. Questa è la nostra più grande responsabilità. Oggi con l’incarico a Letta ne abbiamo un’altra, altrettanto grave: riconquistare la fiducia degli italiani, dare un governo al Paese». Chi parla è Michele Mognato, già segretario provinciale del Pd veneziano e neo parlamentare. 

Mognato, ci spiega perché per un governo con il Pdl non andava bene Bersani e invece va bene Letta? 
«Era stato dato mandato a Bersani di costruire una ipotesi di larghe intese sul presidente della Repubblica, perché questo poteva consentire un clima positivo per le riforme istituzionali che aspettano da vent’anni. E’ andata come avete visto, ora abbiamo la responsabilità di dare un governo all’Italia e di riformare questo partito. Aprire una fase nuova del Pd nel Pd». 
Senza scissioni?
 «Fase nuova del Pd nel Pd, per quel che mi riguarda. Io la tessera la faccio ogni anno, sto dentro al partito perché mi riconosco nella sua impostazione generale. Ma adesso bisogna riformarlo, perché si è aperta una grande questione morale: siamo in una fase in cui si vota a maggioranza e ognuno fa quello che vuole, si vota all’unanimità e ognuno fa quello che vuole. Ma che roba è mai questa?» 
Chi non ha votato Prodi?
 «Io sono alla prima esperienza in Parlamento, il 62% dei gruppi parlamentari sono nuovi, personalmente conoscerò appena il 10 per cento degli eletti. La mia sensazione è che dentro a quei 101 voti ci sia stato di tutto: chi ha pensato di trasformare l’elezione del presidente della Repubblica in un congresso di partito, chi aveva paura che con Prodi si andasse a casa, al voto anticipato». 
Nel senso che Prodi avrebbe portato ad un governo di breve durata? 
«Sabato pomeriggio Berlusconi ha fatto un comizio a Bari per dire no a Prodi altrimenti lasciava l’Italia. Posso immaginare che nei 101 franchi tiratori, o meglio traditori come li ha chiamati Bersani, ci sia dentro anche questa componente. E anche una parte di quelli che avevano sostenuto Rodotà, secondo me». 
Lei viene dalla matrice storica del Pci: hanno dato la colpa ai dalemiani… 
«A parte che D’Alema non è parlamentare, cosa che qualcuno dimentica, chi siano i dalemiani non so e non mi interessa saperlo. Io sostengo Bersani da sempre, prima ancora che venisse eletto Veltroni. Questo sono io». Hanno detto anche Fioroni e gli ex popolari. 
«Non mi interessa, affari loro. Popolari o dalemiani, ognuno dica quello che ha fatto. Ma a mio modesto parere non c’è stata una regia singola, ci sono stati pezzi di dissenso che si sono trovati assieme».
Non sarà colpa della famosa fusione a freddo tra Ds e Margherita, ex comunisti ed ex democristiani, che non ha mai attecchito? 
«Voglio ricordare che il sottoscritto nel 2005, all’epoca dello scontro a Venezia tra Cacciari e Casson, sosteneva Casson. Ma nel 2007 da capogruppo dei Ds in consiglio comunale a Venezia e da segretario provinciale dei Ds a quell’epoca, sono stato il primo in Italia a proporre per una grande città di costituire il gruppo dell’Ulivo. Questa è la mia storia, che è molto vicina a quella di Alessandro Naccarato: noi abbiamo seguito le indicazioni uscite dalle assemblee. Stiamo in un partito che discute, decide e alla fine vota. Da quel momento si sta alle decisioni della maggioranza. Questa è la nostra concezione del Pd». 
Concetto ribadito dallo stesso Alessandro Naccarato, deputato padovano, in una nota in cui contesta la collocazione dalemiana in cui l’abbiamo erroneamente collocato (ce ne scusiamo). 
«Il sottoscritto non appartiene ad alcuna corrente dalemiana ma soltanto al Pd. Io ho votato condividendo e rispettando le scelte dei gruppi parlamentari, per Marini nella prima votazione, per Prodi nella quarta e per Napolitano nella sesta».
 Renzo Mazzaro 

23.4.13

PD verso la direzione provinciale


Pd, mercoledì c’è la direzione provinciale

Oggi la direzione Nazionale del partito. Domani, mercoledì, dovrebbe tenersi quella provinciale. Questo l’obiettivo di Michele Mognato, che ieri pomeriggio è rientrato a Mestre da Roma dopo aver partecipato come deputato al giuramento del presidente della Repubblica. Il Partito democratico veneziano si prepara al confronto interno e anche Claudio Borghello, coordinatore comunale, intende convocare la direzione cittadina nei prossimi giorni. C’è bisogno di confronto dentro il Partito Democratico dopo i difficili giorni appena trascorsi. E i mal di pancia restano evidenti anche in consiglio comunale dove ieri si sono ritrovati molti dei consiglieri del partito che a Venezia governa assieme al sindaco Orsoni. Assente Mognato, impegnato a Roma assieme alla squadra dei parlamentari veneziani, a discutere sono stati soprattutto i consiglieri comunali seduti tra i banchi del consiglio comunale veneziano, Alcuni si vede da lontano che non hanno voglia di parlare, altri non si fanno tirare per la giacchetta. 

«Si è mortificato quasi un secolo di storia del centro e della sinistra italiani. Indiscutibili le colpe e le responsabilità del segretario e del gruppo dirigente. Inedite, anche in senso etico», dice il presidente del consiglio comunale Roberto Turetta. 

«Si vada al congresso straordinario, un congresso di rifondazione, di unità sulla base della condivisione di valori precisi. Sennò è meglio la scissione», avvisa. Il giovane Emanuele Rosteghin aggiunge: «Provo forte preoccupazione per lo stato di smarrimento che molti iscritti e simpatizzati mi stanno dimostrando continuamente. Ora serve un forte senso di responsabilità, da Roma fino a Venezia, per rilanciare l’azione del partito». 

Anche Giampietro Capogrosso esprime il suo malessere mentre dialoga con uno dei tecnici della giunta Orsoni, l’assessore Ezio Micelli. «Dal momento in cui Napolitano non ha consentito a Bersani di provare davvero a fare un governo ho intuito che la strada era quella di un accordo tra Pdl e Pd che però la maggior parte della nostra gente non voleva», dice l’architetto Pd. 

Lunedì prossimo si terrà anche l’assemblea del circolo di Marghera e l’incontro si preannuncia di certo focoso. Lo annuncia il volto del segretario Antonio Cossidente che non nasconde minimamente il suo malumore e guarda, incuriosito, alle prossime mosse del ministro Barca, neo iscritto al Pd che guarda alla ricomposizione della sinistra. 

Claudio Borghello, coordinatore comunale e capogruppo in consiglio comunale, incita alla calma e al dialogo. «Finita un’epoca lo è di sicuro. Si deve rifondare il partito politicamente ma ho come l’impressione che manchino i fondamentali più a Roma che a Venezia. Qui la base, intendo a livello locale, non è così divisa come invece si nota a livello nazionale. Non ci sono evidenti scollature a Venezia. Mi pare che il problema sia più del Nazionale». 
(m.ch.)

21.4.13

PD, il congresso si avvicina, anche a Venezia


«Andiamo subito al congresso»

MESTRE «Dobbiamo avere la forza e la capacità di ripartire. Il clima, oggi migliorato dall’elezione di Napolitano, anche perché non ci sono state emorragie interne, resta pesante dopo le fratture dei giorni scorsi. Andremo al congresso e forse organizzeremo qualcosa, una cabina di regia forse, per gestire questa fase. Da martedì partono le consultazioni, i capigruppo andranno a far parte della delegazione». Davide Zoggia, dimissionario assieme a tutta la segreteria di Pierluigi Bersani, che aveva già annunciato le dimissioni dopo l’elezione del presidente della Repubblica, conferma che nel Partito Democratico, la resa dei conti è solo rinviata. E il congresso è oramai condizione necessaria. Al congresso al più presto, dicono i parlamentari veneziani. «L'elezione di Napolitano rappresenta la migliore soluzione possibile, sia dal punto di vista istituzionale che politico. E chiude una delicata fase di stallo. (...) Ora un governo subito, che faccia le riforme istituzionali e dia respiro alle troppe imprese, ai lavoratori, ai cittadini, alle famiglie e soprattutto ai giovani, che soffrono nella crisi», manda a dire il senatore Pierpaolo Baretta. Rieletto alla presidenza della Repubblica Giorgio Napolitano e con l’obiettivo, ora, di un governo di scopo ( «o quel che deciderà il presidente», avverte Zoggia), il Partito Democratico, ribadisce Baretta, «deve andare al congresso e credo sia necessario farlo in fretta. Questa è la strada migliore per il Partito Democratico in questa fase». E continua: «Dopo la scelta di rieleggere Napolitano il clima si è un poco rasserenato ma i problemi interni restano tutti. Doveroso è ribadire che chi ha votato contro, che è legittimo, debba farlo alla luce del sole, senza nascondersi dietro l’anonimato», dice il senatore. Che il clima in casa Pd sia alquanto difficile lo conferma il deputato Andrea Martella che spiega: «La rielezione di Napolitano mi rende contento e ci rinfranca tutti. A lui vanno solo ringraziamenti. Ora si deve lavorare per un governo del presidente, che non ha nulla a che vedere con il governissimo. Ci sono leggi da fare subito». Per il Partito Democratico, continua Martella, «la strada è ora quella del congresso per definire esattamente il profilo del partito e fare chiarezza. Perché c’è chi dice le cose apertamente, come ho fatto io su Marini, e chi invece prima applaude alla scelta di Prodi e poi diventa un franco tiratore. E questo resta un fatto gravissimo e inqualificabile». Da martedì, all’indomani del giuramento del presidente fissato per lunedì pomeriggio con il suo discorso alle Camere, nel Partito Democratico riesploderà il confronto. Lo sa bene Michele Mognato, deputato alla prima esperienza, e segretario provinciale veneziano che dal treno che ieri sera lo ha riportato a Mestre, spiega: «Certo si va al congresso, bisogna capire se vogliamo un congresso dettato dall’emotività oppure ragionato. E prima c’è da fare un governo. Il presidente Napolitano va solo ringraziato per la sua grande disponibilità e generosità. Il suo senso dello Stato è un insegnamento per tutti noi, giovani o meno». Venerdì notte Mognato ha inviato una mail a tutti i componenti la direzione provinciale per informarli dell’evoluzione delle ultime giornate, drammatiche, in casa Pd. La nota si chiudeva così: «È ovvio che convocheremo al più presto una riunione per discutere su quanto è accaduto e sul suo significato politico. È un momento drammatico per tutti noi, per quel che si è fatto con tanta fatica e generosità in questi anni». Anche da Venezia, intanto, commenti positivi alla rielezione di Napolitano. Il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni ha rilasciato questa dichiarazione: «Tutta la gratitudine per il Presidente per la sua scelta, che rasenta l’eroismo vista la situazione. Una limpida dimostrazione del suo grande senso dello Stato, della grande visione del bene comune e del suo attaccamento al nostro Paese. La scelta di Napolitano», continua il sindaco, «dimostra che le forze politiche responsabili hanno capito quale poteva essere la strada da percorrere». 

Mitia Chiarin