Nel Pd restano le divisioni Tutti vogliono il congresso
MESTRE C’è chi liquida il lungo dibattito di mercoledì sera con un «niente di che», chi si lamenta del fatto che «c’è stato un dibattito molto simile ad uno sfogatoio ma con pochissimo spazio per l’autocritica vera». La direzione provinciale del Pd veneziano di mercoledì sera, presenti circa 150 persone, e riunita all’auditorium di Favaro ha sancito una sola cosa, per il momento: occorre andare al più presto al congresso. Per le date dei congressi, la direzione nazionale si esprimerà il prossimo 4 maggio. Ma di fatto, già dalle votazioni per il presidente della Repubblica, le divisioni interne al partito di Bersani hanno anticipato lo scontro congressuale. E mercoledì sera, dopo giorni di tensioni, i parlamentari veneziani ne hanno discusso direttamente con la base e i dirigenti locali in una direzione provinciale affollata, presenti circa 150 persone, e contrassegnata da una lunga lista di interventi che hanno portato la chiusura del dibattito a dopo la mezzanotte. Un dibattito, che è solo il primo di una lunga serie. «Il Partito democratico va cambiato da dentro, senza scissioni. Adesso apriremo un confronto con tutti, con i vari circoli e con la nostra gente e ci si preparerà ad un congresso che però non deve assolutamente dimenticare i problemi reali del paese», avverte il coordinatore provinciale e deputato Michele Mognato. E continua: «Enrico Letta, chiamato a fare un governo, va sostenuto ma è evidente che serve chiarezza perché uno degli errori evidenti è stato che durante l’elezione del presidente della Repubblica c’è stato chi, dentro il Pd, ha pensato bene di eleggere il segretario del partito». «Si è discusso fino a tardi ma il confronto è stato meno complicato di quel che temevo», aggiunge il senatore Pierpaolo Baretta, «ed è emersa la consapevolezza, nelle differenze delle posizioni, della complicata fase che stiamo vivendo. Quindi restiamo tutti dentro il partito, senza stracciare vesti e tessere, ma bisogna fare chiarezza perché solo in questo modo questo partito resta unito. E i punti di discussione a mio avviso sono tre: se siamo luogo o soggetto politico; se siamo un partito riformista o antagonista e il rapporto tra democrazia diretta e rappresentativa. Da questi temi, non se ne esce senza discutere». «Nella base è evidente il disorientamente e l’arrabbiatura per come sono andate le cose e il messaggio chiaro che è uscito è solo uno: quello di andare subito al congresso», tagia corto il coordinatore comunale Claudio Borghello.
Mitia Chiarin