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12.5.13

PD Veneto: aperta la successione a Rosanna Filippin in vista dell'ormai prossimo congresso


La Nuova Venezia 12 maggio 2013

Pd Veneto, un’assemblea per il nuovo congresso

PADOVA Le dichiarazioni di facciata, naturalmente, sono tutte positive. L’elezione di Guglielmo Epifani a segretario del Partito Democratico (il quarto in cinque anni) sembra aver messo d’accordo quasi tutti. Da Alessandra Moretti («Una garanzia per tutti») a Floriana Casellato («Uomo capace di grandi mediazioni»). Solo Laura Puppato rimane scettica: «Dovrà dimostrare giorno per giorno discontinuità, perché è stato scelto con metodi del passato». Ma appena scalfita la superficie, il Pd veneto torna ad assomigliare a un partito balcanico, costellato da gruppi territoriali e personali. 

Sabato prossimo si riunisce a Padova l’assemblea regionale per avviare la fase congressuale, anche dopo che Rosanna Filippin, da poco senatrice, ha deciso di non riproporre la propria candidatura alla segreteria regionale. Il corpaccione bersaniano (da Zoggia a Mognato, da Ruzzante a Naccarato, da Casellato a Zardini), che da sempre controlla l’apparato trova nel ministro Flavio Zanonato il proprio rinnovato punto di riferimento. La leadership che forse finora è mancata. 
Cresce anche l’area Letta, che fa riferimento sui vicentini Rosanna Filippin e Federico Ginato ma dentro la quale stanno confluendo anche i Popolari di Fioroni (Pierpaolo Baretta è sottosegretario). Ancora relativamente orfana di leadership l’area Renzi, che pure nel Veneto pesa più del 40%: finora ha nel sindaco di Vicenza Achille Variati, nel vicepresidente del consiglio regionale Franco Bonfante, nel sindaco di Este Giancarlo Piva e in quello di Belluno Jacopo Massaro i propri riferimenti. 
C’è infine un’area meno organizzata che sembra accostare Felice Casson, leader della mozione Marino, a Laura Puppato, la pasionaria di Montebelluna che si sta ritagliando un ruolo e una visibilità nazionale ma non è interessata alla segreteria regionale. 
La discussione, carsica, che sta attraversando (in verità, più gli apparati che la base, che ha il morale sotto i tacchi) il Partito Democratico riguarda il profilo che dovrà assumere dopo la non-vittoria alle elezioni e la figuraccia del Quirinale su Prodi: da una parte chi vuole un autentico partito del lavoro, dall’altra chi preferisce invece il modello di partito plurale più vicino allo spirito del Lingotto. Renziani, lettiani, popolari ed ex bindiani, naturalmente, preferiscono questa seconda ipotesi ed anche parte del gruppone bersaniano. Ma non è detto. 
La decisione incrocerà i destini del governo Letta e la scelta del prossimo candidato alle Regionali. La nomina di Zanonato a ministro ha naturalmente dato vigore a chi spinge per un modello di partito «solido». Che potrebbe trovare proprio nel neo ministro, magari tra qualche mese (dopo una proroga tecnica di Rosanna Filippin, ad esempio) il candidato alla segreteria regionale. Zanonato cerca di sottrarsi, preferendo magari il fedelissimo Piero Ruzzante. Difficile, ma non impossibile, convincere i renziani. Chi punta alla «discontinuità» con il passato è Laura Puppato: «Si è chiuso un ciclo, serve uno scatto che faccia ripartire il Pd dal territorio: il nuovo segretario regionale sia una persona nuova, pescata dai nostri bravi amministratori, che abbia nella trasparenza, nella genuinità, nella condivisione i suoi tratti caratteristici». 
Daniele Ferrazza

26.4.13

PD Veneto: Rosanna Filippin non si ricandida


In Veneto il segretario Rosanna Filippin non si ricandida alla guida dei “democrat”

Rosanna Filippin non si ricandiderà alla segreteria del Pd veneto: «Ci avviamo al congresso nel segno del rinnovamento, non so chi assumerà l’incarico di guidare il partito, lo decideremo insieme, ma certo non sarò io», fa sapere. Una scelta largamente annunciata dopo la sua elezione al Senato, impegno che si somma a quello di assessore all’urbanistica a Bassano del Grappa, la sua città. Avvocato, già animatrice dell’Azione Cattolica, figura stimata per la sua lealtà in una stagione di risse e congiure, Rosanna Filippin non ha nascosto profonda amarezza per i ripetuti agguati parlamentari culminati nelle dimissioni di Pierluigi Bersani, al quale è legata da forte consonanza politica: «Nei giorni scorsi il Pd ha mancato al suo compito, non si è assunto la responsabilità di questo Paese, ha lasciato che i propri conflitti prevalessero su ogni altra cosa e ha usato le urne per l’elezione del presidente della Repubblica per un regolamento di conti interni», la sua spietata autocritica «si è trattato di un atteggiamento vergognoso, e come segretario del Pd veneto chiedo scusa ai cittadini. Il nostro congresso era già previsto per l’autunno, mi pare evidente che avremo bisogno di anticiparlo. Ma prima c’è altro da fare: il Pd deve sostenere con convinzione lo sforzo di Enrico Letta e mettersi umilmente al servizio del Paese, e con umilmente intendo che non è nelle condizioni di pretendere alcunché». 

Filippo Tosatto 


25.4.13

Parlamentari PD veneziani: Mognato difende il comportamento in aula


«Non siamo né dalemiani né franchi tiratori di Prodi»

VENEZIA «Abbiamo bruciato la credibilità che avevamo come Pd nei confronti del Paese, oltre 10 milioni di elettori e dei nostri iscritti. Questa è la nostra più grande responsabilità. Oggi con l’incarico a Letta ne abbiamo un’altra, altrettanto grave: riconquistare la fiducia degli italiani, dare un governo al Paese». Chi parla è Michele Mognato, già segretario provinciale del Pd veneziano e neo parlamentare. 

Mognato, ci spiega perché per un governo con il Pdl non andava bene Bersani e invece va bene Letta? 
«Era stato dato mandato a Bersani di costruire una ipotesi di larghe intese sul presidente della Repubblica, perché questo poteva consentire un clima positivo per le riforme istituzionali che aspettano da vent’anni. E’ andata come avete visto, ora abbiamo la responsabilità di dare un governo all’Italia e di riformare questo partito. Aprire una fase nuova del Pd nel Pd». 
Senza scissioni?
 «Fase nuova del Pd nel Pd, per quel che mi riguarda. Io la tessera la faccio ogni anno, sto dentro al partito perché mi riconosco nella sua impostazione generale. Ma adesso bisogna riformarlo, perché si è aperta una grande questione morale: siamo in una fase in cui si vota a maggioranza e ognuno fa quello che vuole, si vota all’unanimità e ognuno fa quello che vuole. Ma che roba è mai questa?» 
Chi non ha votato Prodi?
 «Io sono alla prima esperienza in Parlamento, il 62% dei gruppi parlamentari sono nuovi, personalmente conoscerò appena il 10 per cento degli eletti. La mia sensazione è che dentro a quei 101 voti ci sia stato di tutto: chi ha pensato di trasformare l’elezione del presidente della Repubblica in un congresso di partito, chi aveva paura che con Prodi si andasse a casa, al voto anticipato». 
Nel senso che Prodi avrebbe portato ad un governo di breve durata? 
«Sabato pomeriggio Berlusconi ha fatto un comizio a Bari per dire no a Prodi altrimenti lasciava l’Italia. Posso immaginare che nei 101 franchi tiratori, o meglio traditori come li ha chiamati Bersani, ci sia dentro anche questa componente. E anche una parte di quelli che avevano sostenuto Rodotà, secondo me». 
Lei viene dalla matrice storica del Pci: hanno dato la colpa ai dalemiani… 
«A parte che D’Alema non è parlamentare, cosa che qualcuno dimentica, chi siano i dalemiani non so e non mi interessa saperlo. Io sostengo Bersani da sempre, prima ancora che venisse eletto Veltroni. Questo sono io». Hanno detto anche Fioroni e gli ex popolari. 
«Non mi interessa, affari loro. Popolari o dalemiani, ognuno dica quello che ha fatto. Ma a mio modesto parere non c’è stata una regia singola, ci sono stati pezzi di dissenso che si sono trovati assieme».
Non sarà colpa della famosa fusione a freddo tra Ds e Margherita, ex comunisti ed ex democristiani, che non ha mai attecchito? 
«Voglio ricordare che il sottoscritto nel 2005, all’epoca dello scontro a Venezia tra Cacciari e Casson, sosteneva Casson. Ma nel 2007 da capogruppo dei Ds in consiglio comunale a Venezia e da segretario provinciale dei Ds a quell’epoca, sono stato il primo in Italia a proporre per una grande città di costituire il gruppo dell’Ulivo. Questa è la mia storia, che è molto vicina a quella di Alessandro Naccarato: noi abbiamo seguito le indicazioni uscite dalle assemblee. Stiamo in un partito che discute, decide e alla fine vota. Da quel momento si sta alle decisioni della maggioranza. Questa è la nostra concezione del Pd». 
Concetto ribadito dallo stesso Alessandro Naccarato, deputato padovano, in una nota in cui contesta la collocazione dalemiana in cui l’abbiamo erroneamente collocato (ce ne scusiamo). 
«Il sottoscritto non appartiene ad alcuna corrente dalemiana ma soltanto al Pd. Io ho votato condividendo e rispettando le scelte dei gruppi parlamentari, per Marini nella prima votazione, per Prodi nella quarta e per Napolitano nella sesta».
 Renzo Mazzaro 

23.4.13

PD verso la direzione provinciale


Pd, mercoledì c’è la direzione provinciale

Oggi la direzione Nazionale del partito. Domani, mercoledì, dovrebbe tenersi quella provinciale. Questo l’obiettivo di Michele Mognato, che ieri pomeriggio è rientrato a Mestre da Roma dopo aver partecipato come deputato al giuramento del presidente della Repubblica. Il Partito democratico veneziano si prepara al confronto interno e anche Claudio Borghello, coordinatore comunale, intende convocare la direzione cittadina nei prossimi giorni. C’è bisogno di confronto dentro il Partito Democratico dopo i difficili giorni appena trascorsi. E i mal di pancia restano evidenti anche in consiglio comunale dove ieri si sono ritrovati molti dei consiglieri del partito che a Venezia governa assieme al sindaco Orsoni. Assente Mognato, impegnato a Roma assieme alla squadra dei parlamentari veneziani, a discutere sono stati soprattutto i consiglieri comunali seduti tra i banchi del consiglio comunale veneziano, Alcuni si vede da lontano che non hanno voglia di parlare, altri non si fanno tirare per la giacchetta. 

«Si è mortificato quasi un secolo di storia del centro e della sinistra italiani. Indiscutibili le colpe e le responsabilità del segretario e del gruppo dirigente. Inedite, anche in senso etico», dice il presidente del consiglio comunale Roberto Turetta. 

«Si vada al congresso straordinario, un congresso di rifondazione, di unità sulla base della condivisione di valori precisi. Sennò è meglio la scissione», avvisa. Il giovane Emanuele Rosteghin aggiunge: «Provo forte preoccupazione per lo stato di smarrimento che molti iscritti e simpatizzati mi stanno dimostrando continuamente. Ora serve un forte senso di responsabilità, da Roma fino a Venezia, per rilanciare l’azione del partito». 

Anche Giampietro Capogrosso esprime il suo malessere mentre dialoga con uno dei tecnici della giunta Orsoni, l’assessore Ezio Micelli. «Dal momento in cui Napolitano non ha consentito a Bersani di provare davvero a fare un governo ho intuito che la strada era quella di un accordo tra Pdl e Pd che però la maggior parte della nostra gente non voleva», dice l’architetto Pd. 

Lunedì prossimo si terrà anche l’assemblea del circolo di Marghera e l’incontro si preannuncia di certo focoso. Lo annuncia il volto del segretario Antonio Cossidente che non nasconde minimamente il suo malumore e guarda, incuriosito, alle prossime mosse del ministro Barca, neo iscritto al Pd che guarda alla ricomposizione della sinistra. 

Claudio Borghello, coordinatore comunale e capogruppo in consiglio comunale, incita alla calma e al dialogo. «Finita un’epoca lo è di sicuro. Si deve rifondare il partito politicamente ma ho come l’impressione che manchino i fondamentali più a Roma che a Venezia. Qui la base, intendo a livello locale, non è così divisa come invece si nota a livello nazionale. Non ci sono evidenti scollature a Venezia. Mi pare che il problema sia più del Nazionale». 
(m.ch.)

21.4.13

PD, il congresso si avvicina, anche a Venezia


«Andiamo subito al congresso»

MESTRE «Dobbiamo avere la forza e la capacità di ripartire. Il clima, oggi migliorato dall’elezione di Napolitano, anche perché non ci sono state emorragie interne, resta pesante dopo le fratture dei giorni scorsi. Andremo al congresso e forse organizzeremo qualcosa, una cabina di regia forse, per gestire questa fase. Da martedì partono le consultazioni, i capigruppo andranno a far parte della delegazione». Davide Zoggia, dimissionario assieme a tutta la segreteria di Pierluigi Bersani, che aveva già annunciato le dimissioni dopo l’elezione del presidente della Repubblica, conferma che nel Partito Democratico, la resa dei conti è solo rinviata. E il congresso è oramai condizione necessaria. Al congresso al più presto, dicono i parlamentari veneziani. «L'elezione di Napolitano rappresenta la migliore soluzione possibile, sia dal punto di vista istituzionale che politico. E chiude una delicata fase di stallo. (...) Ora un governo subito, che faccia le riforme istituzionali e dia respiro alle troppe imprese, ai lavoratori, ai cittadini, alle famiglie e soprattutto ai giovani, che soffrono nella crisi», manda a dire il senatore Pierpaolo Baretta. Rieletto alla presidenza della Repubblica Giorgio Napolitano e con l’obiettivo, ora, di un governo di scopo ( «o quel che deciderà il presidente», avverte Zoggia), il Partito Democratico, ribadisce Baretta, «deve andare al congresso e credo sia necessario farlo in fretta. Questa è la strada migliore per il Partito Democratico in questa fase». E continua: «Dopo la scelta di rieleggere Napolitano il clima si è un poco rasserenato ma i problemi interni restano tutti. Doveroso è ribadire che chi ha votato contro, che è legittimo, debba farlo alla luce del sole, senza nascondersi dietro l’anonimato», dice il senatore. Che il clima in casa Pd sia alquanto difficile lo conferma il deputato Andrea Martella che spiega: «La rielezione di Napolitano mi rende contento e ci rinfranca tutti. A lui vanno solo ringraziamenti. Ora si deve lavorare per un governo del presidente, che non ha nulla a che vedere con il governissimo. Ci sono leggi da fare subito». Per il Partito Democratico, continua Martella, «la strada è ora quella del congresso per definire esattamente il profilo del partito e fare chiarezza. Perché c’è chi dice le cose apertamente, come ho fatto io su Marini, e chi invece prima applaude alla scelta di Prodi e poi diventa un franco tiratore. E questo resta un fatto gravissimo e inqualificabile». Da martedì, all’indomani del giuramento del presidente fissato per lunedì pomeriggio con il suo discorso alle Camere, nel Partito Democratico riesploderà il confronto. Lo sa bene Michele Mognato, deputato alla prima esperienza, e segretario provinciale veneziano che dal treno che ieri sera lo ha riportato a Mestre, spiega: «Certo si va al congresso, bisogna capire se vogliamo un congresso dettato dall’emotività oppure ragionato. E prima c’è da fare un governo. Il presidente Napolitano va solo ringraziato per la sua grande disponibilità e generosità. Il suo senso dello Stato è un insegnamento per tutti noi, giovani o meno». Venerdì notte Mognato ha inviato una mail a tutti i componenti la direzione provinciale per informarli dell’evoluzione delle ultime giornate, drammatiche, in casa Pd. La nota si chiudeva così: «È ovvio che convocheremo al più presto una riunione per discutere su quanto è accaduto e sul suo significato politico. È un momento drammatico per tutti noi, per quel che si è fatto con tanta fatica e generosità in questi anni». Anche da Venezia, intanto, commenti positivi alla rielezione di Napolitano. Il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni ha rilasciato questa dichiarazione: «Tutta la gratitudine per il Presidente per la sua scelta, che rasenta l’eroismo vista la situazione. Una limpida dimostrazione del suo grande senso dello Stato, della grande visione del bene comune e del suo attaccamento al nostro Paese. La scelta di Napolitano», continua il sindaco, «dimostra che le forze politiche responsabili hanno capito quale poteva essere la strada da percorrere». 

Mitia Chiarin 

26.3.13

PD veneziano verso il congresso


Nel Pd restano le divisioni Tutti vogliono il congresso

MESTRE C’è chi liquida il lungo dibattito di mercoledì sera con un «niente di che», chi si lamenta del fatto che «c’è stato un dibattito molto simile ad uno sfogatoio ma con pochissimo spazio per l’autocritica vera». La direzione provinciale del Pd veneziano di mercoledì sera, presenti circa 150 persone, e riunita all’auditorium di Favaro ha sancito una sola cosa, per il momento: occorre andare al più presto al congresso. Per le date dei congressi, la direzione nazionale si esprimerà il prossimo 4 maggio. Ma di fatto, già dalle votazioni per il presidente della Repubblica, le divisioni interne al partito di Bersani hanno anticipato lo scontro congressuale. E mercoledì sera, dopo giorni di tensioni, i parlamentari veneziani ne hanno discusso direttamente con la base e i dirigenti locali in una direzione provinciale affollata, presenti circa 150 persone, e contrassegnata da una lunga lista di interventi che hanno portato la chiusura del dibattito a dopo la mezzanotte. Un dibattito, che è solo il primo di una lunga serie. «Il Partito democratico va cambiato da dentro, senza scissioni. Adesso apriremo un confronto con tutti, con i vari circoli e con la nostra gente e ci si preparerà ad un congresso che però non deve assolutamente dimenticare i problemi reali del paese», avverte il coordinatore provinciale e deputato Michele Mognato. E continua: «Enrico Letta, chiamato a fare un governo, va sostenuto ma è evidente che serve chiarezza perché uno degli errori evidenti è stato che durante l’elezione del presidente della Repubblica c’è stato chi, dentro il Pd, ha pensato bene di eleggere il segretario del partito». «Si è discusso fino a tardi ma il confronto è stato meno complicato di quel che temevo», aggiunge il senatore Pierpaolo Baretta, «ed è emersa la consapevolezza, nelle differenze delle posizioni, della complicata fase che stiamo vivendo. Quindi restiamo tutti dentro il partito, senza stracciare vesti e tessere, ma bisogna fare chiarezza perché solo in questo modo questo partito resta unito. E i punti di discussione a mio avviso sono tre: se siamo luogo o soggetto politico; se siamo un partito riformista o antagonista e il rapporto tra democrazia diretta e rappresentativa. Da questi temi, non se ne esce senza discutere». «Nella base è evidente il disorientamente e l’arrabbiatura per come sono andate le cose e il messaggio chiaro che è uscito è solo uno: quello di andare subito al congresso», tagia corto il coordinatore comunale Claudio Borghello. 
Mitia Chiarin 

18.3.13

Anche a Venezia il PD tenta il dialogo col M5s


Prove di dialogo tra Pd e Cinque Stelle

Nessun parlamentare o rappresentante del Movimento Cinque Stelle si è presentato, ma il sasso, almeno, è stato gettato. Ieri mattina attorno alle 10, iscritti e simpatizzanti, si sono presentati al “Palco” in piazzetta Toniolo, chiamati a raccolta dalla sede provinciale del Pd, per presentare i cosiddetti “Otto punti per un Governo di cambiamento”. Un modo per lanciare un ponte tra Pd e Movimento Cinque Stelle, parlamentari di una e dell’altra sponda. Presenti all’appello Michele Mognato, segretario provinciale del partito di Bersani, alla sua “prima volta” tra i banchi romani, il capogruppo in Comune Claudio Borghello, ma anche il vicesindaco, Sandro Simionato diversi esponenti, giovani e meno, del partito. Al primo posto del programma di governo, la “necessità di conciliare la disciplina di bilancio con investimenti produttivi”, di seguito le “misure urgenti sul fronte sociale e del lavoro”, la “riforma della politica e della vita pubblica”, “la lotta alla corruzione e il falso in bilancio”. Inevitabilmente però, si è finiti col parlare del Movimento Cinque Stelle, del significato del voto, dell’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti, tema tanto caro a Grillo. C’è chi ha chiesto più chiarezza sulla legge elettorale e persino la rinuncia ai rimborsi della tornata. I grillini hanno fatto sapere a Borghello, che la loro mancata presenza è stata dovuta al fatto che i loro parlamentari erano ancora impegnati a Roma. Insomma, non un rifiuto di dialogo, ma un’impossibilità dettata dalla contingenza. Presidenti Camera e Senato? «Sono entusiasta», ha commentato il vicesindaco Simionato, «due straordinarie persone che alzano il livello della discussione di questi giorni, mi piacciono entrambi». Accordo con i grillini? «Un passo alla volta, come dice Bersani, è giusto che si colgano, in ogni caso, i fermenti della società». «Il voto ci è servito», ha detto Mognato tirando le fila dell’incontro, «è stata una lezione, adesso bisogna costruire una proposta vera di cambiamento». In merito ai finanziamenti ai partiti, Mognato si è detto favorevole ai contributi volontari. E sul voto di Camera e Senato: «Si tratta di una scelta molto bella, sono due persone che hanno dimostrato nella loro esperienza di poter assumere il ruolo che gli è stato affidato, ed hanno da subito posto la questione del futuro del Paese, dimostrazione che l’Italia Bene Comune vuole davvero cambiare e gli otto punti vanno in questa direzione». Accordo con i grillini? «Abbiamo lanciato una piattaforma e siamo qua per confrontarci su occupazione, sanità, scuola, diritti civili». «Noi abbiamo chiuso la campagna al Toniolo» spiega Borghello, «i grillini al Palco, quello che volevamo fare venendo qui era gettare un ponte, che è difficile nel quotidiano proprio perché manca una rappresentanza formale Ci hanno risposto, è già qualcosa». (m.a.)

9.3.13

PD Venezia verso gli Stati Generali


Stati generali del Pd per decidere la rotta

Stati generali del Pd per aprire una riflessione sulla rotta che dovrà prendere il partito. A proporli, giovedì sera nella riunione del direttivo provinciale, è stato il segretario Michele Mognato. L’incontro è stata la prima occasione per il principale partito della città di aprire la riflessione sull’esito del voto, e di ragionare sulle prossime elezioni amministrative (a San Donà e Martellago, dove si vota con il doppio turno; e a San Stino di Livenza e Pianiga) con il rischio che, per dirla con le parole di Mognato «il voto politico vizi il voto amministrativo». Che poi vuol dire cercare di parare l’ondata d’urto del Movimento 5 Stelle, che alle politiche è riuscito a imporsi come primo partito in mezza provincia e mezza città. 

«Gli Stati generali di dopo Pasqua» dice Mognato «saranno due giorni con tutti gli eletti per aprire una riflessione profonda per parlare di che partito vogliamo essere e di che progetto abbiamo per il nostro territorio. Sarà l’occasione, in attesa del congresso, per parlare anche con più libertà, per riflessioni che non siano viziate da appartenenze. Intanto in questi giorni dobbiamo uscire dai circoli e aprirci al territorio, organizzare assemblee come abbiamo già fatto a Marghera». 

E proprio in vista del congresso provinciale - previsto in autunno ma la cui convocazione è strettamente collegata a quanto accadrà a Roma - resta incerto il futuro di Mognato, che potrebbe dimettersi subito, o portare il partito al congresso. 

Tra gli interventi più critici quello di Rodolfo Viola: «Per noi è stata una sconfitta perché in Veneto non siamo riusciti a intercettare il disagio che si è espresso per Grillo. C’è una voglia di politica che dobbiamo capire, e che ci doveva portare, ad esempio, a fare le primarie aperte». E in vista delle amministrative la questione è «complicatissima. Cosa succederà se ci troveremo, per esempio, al ballottaggio con Grillo?». 

In molti temono l’effetto Mira. Per Marco Stradiotto, il cui intervento è previsto nel prossimo direttivo «avevamo il leader, ma è mancata la squadra. Il Pd è troppo agganciato alle regole e non fa più politica, dobbiamo fare tutti un esame di coscienza». (f.fur.) 

28.2.13

Dopo la delusione elettorale, il PD (anche nel veneziano) è alla ricerca di soluzioni


Il Pd a caccia di soluzioni «Ora trattiamo con Grillo»

«Uno scossone che potrà ridare vigore alle forze politiche. Il ciclone grillini non è stato soltanto un voto di protesta». Davide Zoggia, responsabile degli enti locali del Pd e neoeletto parlamentare, ammette la sconfitta. O almeno la «non vittoria». Un successo che sembrava a portata di mano, sfumato all’ultimo momento. «Un voto che dice chiaramente alcune cose. Non siamo stati capaci di intercettare la protesta. In molte regioni abbiamo perso dove non ce lo aspettavamo». E adesso? La rivoluzione del 26 febbraio costringe a disegnare nuovi scenari. «C’è una situazione di ingovernabilità e dobbiamo prenderne atto», dice Zoggia, «proviamo almeno ad approfittarne per fare alcune cose utili». Alleanza sui contenuti con i grillini, dunque. Mettendo al primo posto la legge elettorale, e la giustizia sociale, i costi della politica e l’ambiente. 

In casa Pd le facce sono scure, anche se in fondo a Venezia non è andata male, rispetto al resto del Veneto e al panorama nazionale. «Ma adesso qualcosa dovrà pur succedere», dice arrabbiato Jacopo Molina, sostenitore di renzi alla segreteria. «Quando ho visto Bersani di cui sono un fedelissimo pallido in volto ho girato canale», scuote la testa il vicesindaco Sandro Simionato. 

Michele Mognato, neoparlamentare ieri in Consiglio comunale, non nasconde la delusione. «Un dato deludente, ma è così», attacca, «i giovani non ci hanno votato, alla Camera abbiamo tre punti in meno rispetto al Senato». Ma le elezioni subito sono escluse, come l’alleanza con il Pdl. «Proviamo a fare 4-5 cose buone cercando i voti in Senato di chi ci sta, a cominciare dai grillini. E’ l’unica strada». 

Andrea Martella, riconfermato a Montecitorio, conferma la linea. «Trattare con Grillo e provare a far passare alcuni provvedimenti, a cominciare da lavoro e dal reddito minimo garantito a chi ha perso il lavoro, i pagamenti alle imprese in tempi rapidi, la semplificazione della burocrazia e la riduzione dei costi della politica. Non si può andare al voto con questa legge elettorale». 

Felice Casson, senatore uscente riconfermato, è più prudente anche se sulla stessa linea. «Uno scenario difficile, ingarbugliato», dice, «non sarà facile per Grillo accettare la leadership di Bersani. Ma bisogna tentare, partendo dalle nostre proposte che vanno bene anche al Movimento Cinquestelle. «La difesa del lavoro e dell’ambiente, la riduzione delle spese militari e delle spese della politica. Partiamo da qui. Poi si vedrà. Ma andare al voto sarebbe una follìa». Scenari che cambiano anche a livello locale. Dove i discorsi sulle alleanze sinistra-centro che portarono all’elezione di Orsoni, tre anni fa, sembrano ormai parte della preistoria. Gli equilibri sono cambiati e i partiti cominciano a prenderne atto».(a.v.)

27.2.13

Delusione PD: M5s primo in trentadue comuni del veneziano


Grillo primo partito in 32 Comuni

MESTRE Vedono tutti le stelle, soprattutto quelli che non le hanno nel simbolo: i partiti sono come un pugile confuso e frastornato, con i guantoni chiusi a parare i colpi dell’avversario, nella speranza di scivolare via dalla morsa e contrattaccare prima di essere obbligato a gettare la spugna. Il prossimo round è già fissato: le amministrative di maggio. La nuova geografia politica macchia del giallo delle Cinque stelle di Grillo tutta la provincia: il Movimento di Grillo è, alla Camera dei Deputati, il primo partito in 32 comuni su 44, con percentuali sopra il 30% nell’area del Miranese e della Riviera del Brenta e una media provinciale del 29,15%. Al Partito democratico restano otto municipi, tra i quali Venezia, mentre il Pdl si difende su quattro, nel Veneto orientale, dove la Lega, nonostante riesca a mandare a Roma il giovane segretario Emanuele Prataviera, è praticamente sparita. Non sarà facile per i partiti liberarsi dall’accerchiamento, da quella frase di Grillo urlata dai palchi di mezza Italia - «Arrendetevi, siete circondati» - ha portato al voto, oltre agli attivisti che conoscono e credono nel programma su energie sostenibili, reddito di cittadinanza e azzeramento dei finanziamenti ai partiti, anche coloro che, come si dice al bar, «Ci siamo stancati». Come la Lega Nord di vent’anni fa. 

«Ma che Grillo avrebbe pescato molti voti dalla Lega era prevedibile» spiega Paolo Feltrin, politologo e analista politico «ma il vero dato sotto-stimato è sull’appeal di Grillo nei confronti del Pd e del centrosinistra in generale, i veri sconfitti di questa elezioni». Grillo, dice Feltrin, si è comportato come un’idrovora: pescando dalla Lega Nord a Rivoluzione civile di Ingroia, passando per Pdl, Pd e Sel: «Una trasversalità che in Parlamento potrebbe essere un elemento di forte criticità». Un rischio che per ora non scalfisce la festa ai grillini che, non ancora archiviato il voto di domenica e lunedì scorsi, pensano alle elezioni amministrative di primavera, quando si voterà per eleggere i sindaci di San Donà, dove adesso governa Francesca Zaccariotto, (Grillo è al 25,23%), San Stino di Livenza (24,62%), Martellago (32,62%) e Pianiga (35,60%). 

Miranese e Riviera del Brenta sono le zone dove il Movimento ha raggiunto i risultati migliori, con il picco di Vigonovo (36,52%). Non è un caso, dicono i volontari, che sia l’area dove il Movimento è più rappresentato nelle istituzioni: oltre al caso di Mirano, con il sindaco grillino Alvise Maniero, ci sono tre consiglieri a Mirano, una a Santa Maria di Sala, uno a Vigonovo e uno a Campolongo. «Per Martellago è quasi pronta la lista, e anche per gli altri comuni ci sono buone possibilità», dice Nicola Mainardi, 39 anni, operaio Vynils e anima del Movimento a Santa Maria di Sala. Il Pd resta il primo partito a Cavarzere, Fossalta di Portogruaro, Noventa, Portogruaro, San Stino, Teglio e Venezia, dove però legge come campanelli d’allarme i voti ottenuti da Grillo a Favaro e Marghera. Tra i Comuni “ceduti” a Grillo ci sono Spinea, e Mirano. Rispetto alle politiche del 2008, quando con Veltroni era al 32,27%, il Pd ha perso nel territorio oltre 42 mila voti. 

«Il Pd» ammette Michele Mognato, segretario provinciale del partito «è deluso, il risultato non è confortante perché è chiaro che una parte del nostro elettorato è andato verso Grillo». «La differenza tra Camera e Senato è evidente, a Venezia ci sono tre punti percentuali di differenza» aggiunge «perché non riusciamo a intercettare il voto giovanile». Dei quattro comuni dove si andrà a votare due sono guidati dal Pd, San Stino e Martellago, dove «è sempre stato realizzato un programma valido di governo tra centro e sinistra». Per decidere chi sarà il candidato, anticipa Mognato, saranno fatte le Primarie, e dovrebbe essere una sfida a tre. Il Pdl resiste soprattutto nel Veneto orientale, dove è il primo partito ad Annone, Eraclea, Caorle e San Michele, dove sfiora il 30% dei consensi. Il 18,05% ottenuto a livello provinciale fa dire a Mario Dalla Tor che «noi siamo la vera sorpresa». «Anche se in alcuni casi siamo superati da Grillo, ci difendiamo bene nelle spiagge, dove ci sono molti piccoli imprenditori» aggiunge «mentre soffriamo nei comuni intorno a Mestre». E a San Donà, nel confronto tra alleati per la scelta del candidato sindaco, il Pdl si farà forte del 18,84% delle preferenze ottenuto contro il deludente 8.68% della Lega Nord, che alle politiche del 2008 era quasi al 24%. Per il Carroccio è stato uno schianto. «La Lega Nord è stata rifondata, ma paghiamo il conto per l’alleanza con Berlusconi, le vicende del trota e tutto quello che è accaduto nella Lega in questi ultimi anni», sostiene Emanuele Prataviera, segretario del Veneto rientale del Carroccio, dove si salvano solo Musile di Piave e Pramaggiore (11,45%). «Non c’è molto altro da dire, bisogna rimboccarsi le maniche e ripartire». 

Francesco Furlan

17.2.13

Michele Mognato: "porterò la concretezza a Roma"


«Porto la concretezza a Roma»

Una lunga carriera amministrativa da assessore e vicesindaco (nell’ultima giunta Cacciari), poi la guida del Partito Democratico provinciale. Ora Michele Mognato si lancia in una nuova avventura, quella che lo porterà in Parlamento. Per lui è la prima volta da candidato onorevole. In corsa per la Camera risulta tra i politici veneziani meno attivi sul fronte dei social network. 
Perché questa assenza dal mondo del web che è diventato così importante per chi fa politica? «Sono già un sms-dipendente. Tutte le mie campagne elettorali sono state come questa, imperniate sul contatto diretto con la gente. E così conduco anche questa mia prima campagna per le Politiche. Sono consapevole che il mondo del web è un grande strumento, lo userò da parlamentare per consentire anzitutto la verifica del mio lavoro e tenere rapporti con il territorio. Ma parlare con le persone è diverso. Si sente il loro calore, si sentono i problemi veri. Che sono tanti». 
Quanti chilometri sta percorrendo? «Tantissimi, stiamo girando tutti i 44 Comuni della provincia. E assicuro: saremo noi a vincere». 
Lei fa politica da quando è ragazzino. «La prima tessera è quella della Fgci del 1977. Ero studente al Pacinotti. Nell’Ottanta l’iscrizione al Pci dopo la scelta di alternativa democratica di Enrico Berlinguer». 
Le sue tre parole chiave . «Anzitutto lavoro. Poi uguaglianza delle opportunità e poi mi permetta di dire: Europa». 
I temi veneziani che porterà in Parlamento. «Porterò la concretezza tipica dell’amministrare: affrontare i problemi per risolverli. Dobbiamo far emergere le straordinarie potenzialità di Venezia e della provincia che devono entrare nell’agenda nazionale: la tutela dell’industria tradizionale e pure del mondo agro-ittico-alimentare, i temi dello sviluppo sociale ed economico di tutta la provincia. I beni culturali». 
Servirà fare lobby positiva per il territorio. «Abbiamo, dopo il confronto con il mondo dell’impresa e del lavoro, deciso di creare un rapporto costante con loro. Ogni sei mesi andremo a confrontarci tutti assieme. Un lavoro impegnativo per ridare dignità al territorio. E poi serve la città metropolitana, tra Venezia e Padova, guardando anche alla Treviso del dopo voto. Basta con la provincia, serve una struttura amministrativa per dare concretezza al sogno di tanti anni fa e rispondere ad una esigenza. Perché nei fatti la città metropolitana esiste già».
 Passiamo ad un altro tema centrale, quello dei diritti civili. La sua posizione. «Cittadinanza ai ragazzi stranieri nati in Italia: un ragazzo che va nelle nostre scuole, esce con i nostri figli o nipoti, parla il nostro dialetto è italiano e punto. Testamento biologico: è ora che la politica resti fuori dalle stanze dei malati terminali le cui scelte vanno rispettate. Quindi sì al testamento ma anche alla desistenza terapeutica. Omosessuali: io sono più avanti, sono per i matrimoni tra omosessuali. Ma se si tratta di cominciare, vanno bene anche le unioni civili». 
Il caso di Mira, dell’assessore incinta a cui il sindaco grillino ha tolto le deleghe. Quale è la sua riflessione? «Vede, noi non abbiamo nulla a che fare con quello che a Zianigo si è messo ad offendere le donne e tanto meno con chi licenzia un assessore perché incinta. Noi siamo la vera alternativa. Tra i nostri candidati, che porteremo in Parlamento, il 40% sono donne. Vogliamo ridare dignità alle persone. E poi è ora di dirlo: basta coi padroni in politica. E ridiamo dignità alla politica, attività di grande spessore, collettiva, aperta alla partecipazione». 
Mitia Chiarin 

29.1.13

Veneziano: i candidati PD al Parlamento lanciano la fase finale della campagna elettorale


La volata finale dei candidati del Pd per il Parlamento

Sostenibilità, lavoro, attenzione al sociale e federalisimo. Sono le quattro parole d’ordine del Pd, che il segretario provinciale Michele Mognato prova a sintetizzare così. Oggi a Mestre arriva Pierluigi Bassani, segretario nazionale del partito e candidato premier per il centrosinistra. Sarà il primo leader nazionale ad aprire la campagna elettorale a Mestre. parlerà alle 13 al cinema Excelsior, e presenterà il programma del Pd insieme ai candidati. Un aspetto locale di queste elezioni a cui il Pd tiene molto. Mognato ricorda le primarie, fatte a fine novembre per la scelta del leader. E anche le «parlamentarie», consultazioni di fine dicembre per scegliere i parlamentari. Le liste, dicono i dirigenti locali, alla fine hanno rispettato le indicazioni degli elettori. Qualche nome è stato paracadutato da Roma, ma per la maggior parte i nomi in lista rispettano – nell’ordine – i voti espressi dai veneziani. Oggi Bersani parlerà di lavoro, della crisi e delle soluzioni proposte. Ma anche della città e dei suoi problemi legati ai mancati finanziamenti e alle regole del Patto di Stabilità.(a.v.) di Alberto Vitucci «Non siamo tutti uguali. Noi le primarie le abbiamo fatte, e abbiamo il 40 per cento di donne in lista». Monica Sambo, giovane e combattiva segretaria dei giovani Pd, apre così la prima assemblea elettorale del partito in sala San Leonardo. Prima presentazione alla città dei candidati alla Camera e al Senato. «I candidati che avete scelto voi», è lo slogan. Quattro milioni di elettori che hanno votato alle primarie tra Renzi e Bersani, un milione per le «parlamentarie» di dicembre. «Quarantamila solo in Veneto», si infiamma Monica Sambo, «più di quanti hanno votato per le primarie di Grillo in tutta Italia. Altri come il Pdl, le primarie le hanno solo promesse e non le hanno mai fatte». Ancora su Grillo: «Noi abbiamo 9 donne su 20 in lista, loro solo il 17 per cento, meno della media nazionale». La platea è quella del tutto esaurito. Non giovanissima, ma attenta, con molte facce nuove. Nell’abside dell’ex chiesa da trent’anni centro civico scorrono le immagini di Bersani e gli slogan dell’«Italia giusta». «Vogliamo cambiare l’Italia», attacca il segretario provinciale Michele Mognato, candidato alla Camera, «partendo dai diritti, dal lavoro, dall’attenzione ai territori. Senza dimenticare in che stati ci aveva ridotto il governo Berlusconi. Che ancora oggi pronuncia parole indecenti su Mussolini che ha operato bene. Chiediamo agli elettori un voto utile, e non di testimonianza». Voto utile significa, spiega, che grazie alla legge porcata di Calderoli, in Veneto avrà 14 senatori e non sei la coalizione che prende un voto più degli altri». Eccola schierata, la squadra veneziana. Felice Casson, senatore uscente e numero due in lista al Senato dietro Laura Puppato. Poi Marco Stradiotto, i parlamentari uscenti Rodolfo Viola, Delia Murer. Jacopo Molina, Stefania Busatta e Francesca Zottis, Elisabetta Populin, il candidato dei giovani Pd di Venezia Marco Rizzetto. In prima fila tra il pubblico il vicesindaco Sandro Simionato e il capogruppo del Pd in Consiglio comunale Claudio Borghello. Facce nuove e molte donne, nelle liste Pd. «Guardate i primi nomi al Senato», incalza la giovane Sambo, «loro hanno Berlusconi, il suo avvocato Ghedini e Sacconi. Noi espressioni del territorio come Laura Puppato e Felice Casson». Casson è stato tra i deputati «più produttivi» dell’ultima legislatura, firmatario di interrogazioni e proposte di legge come la nuova Legge Speciale. Attacca: «C’è bisogno del vostro voto per continuare le battaglie in difesa dell’unicità di Venezia». Ricorda la battaglia sulle grandi navi, definisce «un furto» quello dell’Arsenale messo a punto dai ministeri romani dopo che la legge dell’agosto scorso lo aveva consegnato alla città. «Roba da Banda Bassotti. Un giorno al Senato ho incontrato il ministro Passera che mi ha detto Io sono uno della Banda Bassotti. Bene, ce ne ricorderemo», gli ho risposto. Stradiotto e Viola hanno ripercorso le loro battaglie di parlamentari, non senza un po’ di amarezza perché il loro posto in lista difficilmente garantirà la riconferma. Eletta sicura invece Delia Murer. Dobbiamo lavorare sul fronte della solidarietà», dice. Campagna elettorale appena decollata. Nell’agenda del Partito democratico ci sono iniziative in tutti i 581 comuni della provincia di Venezia. «Tv e giornali, d’accordo, ma gli elettori si conquistano andando sul territorio, parlando con loro», dice Mognato. La sfida è lanciata. L’obiettivo, conquistare anche al Senato una regione da sempre in mano al centrodestra.

20.1.13

PD Veneziano: al via la sfida dei quindici candidati


Pd, parte la sfida dei quindici

 «Noi siamo pronti da molto». Così Michele Mognato, segretario provinciale del Partito Democratico veneziano e candidato alla Camera ha dato il via alla campagna elettorale dei quindici candidati locali del partito. In vista delle elezioni del 24 e 25 febbraio, parte la mobilitazione «all’insegna della sobrietà, della verità e della coerenza» per chiamare alla mobilitazione i 40 mila che hanno partecipato in provincia alle primarie per la scelta del candidato premier del centrosinistra e i 14 mila che il 30 dicembre hanno scelto i candidati del partito, con una consultazione «voluta per aggirare gli effetti nefasti dell’attuale legge elettorale». Partono 40 mila lettere di invito al voto al popolo delle primarie ma anche di invito a cercare nuovi sostenitori ed elettori, con una campagna che «arriverà al porta a porta». La sfida in Veneto si gioca in particolare al Senato e il partito punta molto sul ruolo del capoluogo come catalizzatore degli interessi regionali. «Più del venti per cento dei candidati veneti sono veneziani. Noi puntiamo a sostenere con forza la candidatura di Venezia come capitale della cultura nel 2019», dice il capolista alla Camera Pier Paolo Baretta. «Puntiamo ad una candidatura dagli esiti migliori di quella delle olimpiadi a Roma. Pensiamo a Venezia come capitale del Veneto, snodo decisivo per la Regione e oggi che il Passante, invece che dividere come faceva la tangenziale, unisce i territori questo è davvero possibile». Di Imu da rivedere riducendo gli importi «per far pagare tutti perché sappiamo che in Veneto il 40 per cento non la paga», parla invece Marco Stradiotto, ex deluso dalle primarie dei parlamentari. Le polemiche interne paiono finire, per ora, in un cassetto. A Mestre si ritrovano quasi tutti, manca solo Rodolfo Viola (trattenuto da un impegno personale). Ci sono giovani nuove leve di partito ( Sara Moretto, Francesca Zottis, Jessica Pavan , Marco Rizzetto e Stefania Busatta) e politici di lungo corso come Michele Mognato, Delia Murer, Andrea Martella. E uomini che nel partito lavorano in retrovia come Pierangelo Molena. Capolista al Senato l’ex magistrato Felice Casson, un politico che sa parlare anche con i “rivoluzionari” di Ingroia. Arriverà in città per la campagna elettorale anche il leader del partito Pierluigi Bersani. La data?Ancora incerta. Fassina sarà a Venezia il 5 febbraio per un convegno naionale dedicato al tema caldo dei trasporti. E poi è in arrivo l’ex procuratore antimafia Pietro Grasso per un convegno che sta organizzando Davide Zoggia, capolista alla Camera per il Veneto 1. L’ex presidente della Provincia di Venezia e attuale responsabile degli enti locali del partito, ieri era a a fianco del vicesindaco di Venezia Sandro Simionato, per salutare i quindici candidati nella sede della Federazione di via Cecchini a Mestre. Lavoro e futuro industriale di Porto Marghera, il progetto della città metropolitana, gli enti locali, ambiente e territori, il sostegno al credito per le imprese, i diritti alla salute, alla formazione, e pure il diritto dei figli di cittadini stranieri nati in Italia, ricordano i candidati, «di essere riconosciuti come italiani da subito». Questi alcuni temi della campagna elettorale del Pd che è già partita con i primi incontri con il mondo del terzo settore e proseguirà coinvolgendo anche associazioni, categorie economiche e sociali.

Mitia Chiarin

9.1.13

Elezioni 2013: il PD, anche nel veneziano, sceglie volti noti del territorio


Il Pd ha scelto «volti noti del territorio»

Volti noti, «espressione del territorio». Votati all’unanimità dalla commissione, e con soli tre contrari dalla Direzione nazionale del partito. Eccoli i candidati del Pd per il Parlamento, pronti a correre nelle Politiche del febbraio 2013. Le primarie sono ormai in archivio, Roma ha «inserito» nelle liste un pugno di nomi. Qualche mugugno nella base, per la quasi assenza di volti nuovi. Ma almeno, dicono, abbiamo evitato i paracadutati da Roma. Nella circoscrizione per la Camera Veneto 2 (Venezia, Treviso, Belluno) il capolista è il deputato uscente Pierpaolo Baretta, ex sindacalista Cisl, veneziano e relatore dell’ultima Legge di Stabilità. Si piazza davanti al segretario provinciale del partito ed ex vicesindaco Michele Mognato, secondo classificato alle primarie di dicembre. Due donne al terzo e quarto posto, la dirigente Simonetta Rubinato e la deputata uscente Delia Murer. Subito dietro, l’altro parlamentare (che non ha fatto le primarie) Andrea Martella, in quota Veltroni. La pattuglia veneziana è completata dall’esordiente Sara Moretto, al nono posto in lista, Marco Stradiotto all’undicesimo. Questi ultimi avranno qualche difficoltà ad essere eletti, perché in caso di vittoria il Pd dovrebbe è portare a casa 8-9 posti, un paio in meno della circoscrizione Veneto 1 (Padova, Vicenza, Verona, Rovigo) dove è capolista lo jesolano Davide Zoggia (anche lui esentato dalle primarie), responsabile nazionale Enti locali del Pd, ex presidente della Provincia sconfitto nel 2008 dalla leghista Francesca Zaccariotto. Al Senato il listone vede al primo posto Laura Puppato, sindaco di Montebelluna e candidata alle primarie nazionali al primo turno contro Bersani e poi sua alleata contro Matteo Renzi. Terzo Felice Casson, ex magistrato a Venezia e senatore uscente, relatore di importanti disegni di legge come quelli sul lavoro, l’amianto, la Legge Speciale per Venezia. Casson, con 5 mila voti, è stato il più votato alle primarie per i parlamentari del 30 dicembre a Venezia. Al secondo posto un altro veneziano, il sindacalista della Cisl Giorgio Santini. È il secondo Cislino in lista (insieme a Baretta), fatto che ha provocato qualche malumore all’interno della Cgil, il maggior sindacato che da sempre si riconosce in gran parte nel Pd. Al quarto posto, con elezione sicura è Rosanna Filippin, segretario regionale del partito. Fine dei sussurri, dunque. le liste sono pronte, al vertice ci sono nomi conosciuti e interni al partito, quasi tutti originari del territorio. Nonostante il grande sforzo profuso nelle primarie i volti nuovi che entreranno in Parlamento però non sono molti.

Alberto Vitucci 

4.1.13

Post Primarie: il PD fa il conto con i maldipancia, anche nel veneziano


Il Pd fa i conti con i mal di pancia

 Il Pd, reduce dalle primarie dei parlamentari, è alle prese con i mal di pancia evidenti dell’ala cattolica, rimasta a bocca asciutta, e con la formazione delle liste in vista delle prossime elezioni politiche. Insistenti le voci che vogliono in lista, cooptati dalla segreteria nazionale, Andrea Martella e Pierpaolo Baretta più una donna. In corsa c’è Laura Puppato, oltre a Davide Zoggia che dovrebbe trovare un posto sicuro in Sicilia. Le primarie hanno decretato la vittoria dell’ala sinistra del partito rispetto agli ex Margherita. E c’è chi ora apertamente dice che non ci sta. 
Parlano Rodolfo Viola e Marco Stradiotto, che sono stati battuti dall’ala ex Ds . Il primo smentisce di voler restituire la tessera ma si dice molto deluso. «Sono deluso ma non mollo il Pd. Non ho voglia di queste discussioni in questo momento ma vorrei invece una riflessione su cosa sta diventando il Partito Democratico dopo queste primarie. Non mi lamento del risultato ma segnalo un disagio che ora sta avanzando perché , dopo il voto, il Pd assomiglia a qualcosa di vecchio». Ovvero i vecchi Ds. Stradiotto ieri ha preso l’aereo ed è volato a Roma. Dalla sua ha un appello che sta circolando, lanciato dal vicesindaco di Caerano San Marco (Tv), Daniele Guiotto e che punta a chiedere a Pierluigi Bersani e a Rosanna Filippin di rimettere in gioco il senatore di Martellago. Lui spiega: «Ringrazio gli amici che mi sostengono. Il fatto è che in questo momento pare che chi ha avuto il coraggio di candidarsi alle primarie vale meno di chi questo coraggio non ce l’ha avuto. E allora era meglio non candidarsi alle primarie. Spero che il regionale valuti il lavoro che ho fatto. Io non discuto dei voti ma ritengo che oltre ai numeri si debba anche fare una scelta meritocratica sul lavoro fatto e sul contributo da dare. Il Veneto è strategico per la vittoria alle prossime politiche. Certo è che se vedrò in lista persone che io non ritengo all’altezza della qualità che penso di avere, allora poi sarò libero di reagire e sarò giustificato». 
In lista entreranno tutti e undici i candidati delle primarie veneziane, distribuiti tra Camera e Senato ma saranno pochi ad avere davvero chance di ottenere l’elezione in Parlamento. Tra i certi ci sono il senatore uscente Felice Casson ( il più votato in provincia) e il segretario provinciale Michele Mognato. Se Casson preferirà correre al Senato, Mognato correrà per la Camera. Questo uno degli scenari possibili. Un posto certo anche per la deputata uscente Delia Murer, mentre la giovane Sara Moretto non avrà certezze fino al 25 febbraio. Non è parente di Marcello Basso e ha sostenuto Renzi. Posti garantiti non solo dai numeri ma anche dal rispetto delle differenze di genere, previste per comporre le liste dei candidati Pd per Camera e Senato. L’ultima parola spetta alla direzione regionale convocata sabato da Rosanna Filippin mentre quella nazionale è confermata per l’8 gennaio. Per quella data la direzione di Bersani svelerà quali saranno i parlamentari veneziani che otterranno il paracadute per entrare in lista. 

Mitia Chiarin

2.1.13

Primarie PD: il successo di Felice Casson nel veneziano


Il successo di Casson un big di peso nazionale

PADOVA La sfida è lanciata: il Pd coltiva l’ambizione di diventare il primo partito e di strappare (assieme a Sel) il premio al Senato, a spese di Pdl e Lega che i sondaggi indicano in caduta libera. Il primo step sarà la composizione delle liste: si tratta di trovare un equilibrio tra il «listino» del segretario Bersani e i verdetti della «parlamentarie». Le sorprese non mancano. Perché più che di rinnovamento di tratta di un vero ciclone, che spazzato via tutti gli equilibri. I vincitori delle primarie sono tre: Felice Casson a Venezia con 4.914 preferenze, Alessandro Naccarato a Padova con 5.454 consensi e Federico Ginato a Vicenza con 6.061, il più votato in Veneto. Felice Casson, ex magistrato, ha tutti i titoli per aspirare al posto di capolista al Senato. L’altro big «nazionale» è l’onorevole Pier Paolo Baretta: l’ ex segretario aggiunto della Cisl in Veneto potrebbe sfidare Giorgio Santini, il numero due di Bonanni che la lista Monti vuole far scendere in campo. Casson nell’ultima legislatura si è imposto come il massimo esperto di sicurezza ambientale nei posti di lavoro e nel processo legislativo per evitare altri casi Ilva e Petrolchimico. A Roma si sta valutando di inserirlo nella quota nazionale, alla pari di Davide Zoggia, il responsabile nazionale degli enti locali che Bersani candiderà in Sicilia dopo la vittoria di Crocetta. Da decidere anche la collocazione di Alessandra Moretti: la portavoce in tv di Bersani è più a Roma che a Vicenza e si sta giocando il posto di capolista alla pari di Laura Puppato, che dovrà fare i conti con il verdetto delle primarie di Treviso che hanno assegnato la vittoria a due sindaci donna. Infine Andrea Martella spera di essere salvato nel listino nazionale in quota Veltroni. Non sarà facile comporre il puzzle anche se la segretaria regionale Rosanna Filippin ha le idee molto chiare: alla Camera entrano di diritto i vincitori delle primarie delle sette province e poi tutto verrà deciso sulla base dei voti ottenuti. Quelli del 2008 assegnano 3 seggi a Venezia e a Padova e 2 a Vicenza, Verona e Treviso e 1 a Belluno e Rovigo. Con un biglietto sicuro per Roma sono quindi il bellunese Roger di Menech, il segretario del Pd di Rovigo Diego Crivellari, e poi i padovani Alessandro Naccarato, Giulia Narduolo e Giancarlo Piva con Margherita Miotto in stand-by. A Trevisobrindan al successo Simonetta Rubinato e Floriana Casellato, a Venezia Felice Casson, Michele Mognato, Delia Murer con Sara Moretti in lista d’attesa. A Vicenza Federico Ginato e Daniela Sbrollini. A Verona Diego Zardini e Vincenzo D’Arienzo con Alessia Rotta ripescata per la quota donne. (al.sal.)