"TREMONTI FUORI TEMA"
Paolo Giaretta (*)
segretario regionale del Pd Veneto
Il Partito democratico sbaglierebbe se si facesse prendere da una sorta di ansia da prestazione nel cercare affannosamente di dimostrare le inadempienze del nuovo governo. Credo vada usato il buon senso di molti elettori (anche del Pd), che pensano: è appena stato eletto, lasciatelo lavorare.
Invece di dare dei giudizi generali (per quelli c’è ancora tempo) possiamo e dobbiamo però, noi dell’opposizione, dare un giudizio sui fatti che già si sono realizzati. Il Documento di programmazione presentato dal ministro Tremonti e i primi elementi della manovra finanziaria consentono di farci un’idea precisa di ciò che ci attende nei prossimi anni. Il Dpef è molto diverso da quello presentato nel 2001: allora una analisi sbagliata della realtà, molta presunzione, politiche dannose per il Paese che furono alla base del fallimento di quelle ricette; oggi vi è un approccio più responsabile, analisi più condivisibili. Ma dietro un (anche) piacevole stile letterario occorre riconoscere che le cifre del Dpef non nascondono la realtà, e si dimostra ancora una volta che tra il dire e il fare della politica della destra c’è sempre un mare molto grande.
Mi limito a due aspetti - fisco e federalismo - che sono stati da noi al Nord due elementi fondamentali della campagna elettorale. Ci sarà tempo per una critica più complessiva dell’impianto generale, per la mancanza di politiche di sostegno dello sviluppo.
A noi del centrosinistra il mondo imprenditoriale ha sempre contestato l’insostenibile peso fiscale. Bene. Tremonti ci dice chiaro e tondo che quell’insostenibile peso sulle spalle delle imprese resta invariato. Pressione fiscale nel 2008 43%, nel 2011 43,1%. Si vede che per gli imprenditori le tasse messe dal centrodestra sono più simpatiche di quelle messe dal centrosinistra, resta il fatto che l’Ires non diminuisce, il gettito degli studi di settore non si abbassa, il «cuneo fiscale» resta tal quale. Non meglio va per le famiglie. Aliquote invariate, inflazione programmata doppia di quella reale, e cioè una pesante tassa occulta da pagare per i lavoratori dipendenti, cui si aggiunge l’effetto «fiscal drag»: reddito nominale più elevato per effetto dell’inflazione, più tasse pagate, meno reddito reale disponibile. Il tema fisco familiare così agitato in campagna elettorale scompare dall’orizzonte del programma fiscale di Tremonti: i cattolici hanno votato, si ripasserà la prossima volta. Intanto le famiglie, le giovani coppie che vorrebbero mettere su famiglia a fare figli, si arrangino. Gli interventi sull’Ici hanno riguardato solo la fascia più elevata di reddito, quelli sugli straordinari agiscono su una platea troppo limitata.
Federalismo fiscale. Ci sarà un disegno di legge in ottobre. Bene. Se ci sarà, se sarà coraggioso, se saprà dare attuazione a quella forte innovazione costituzionale in senso federalista che il centrosinistra introdusse nella Carta costituzionale con il parere favorevole di tutte le Regioni, non mancherà il nostro consenso, in particolare dei parlamentari veneti del Pd. Il problema è che intanto, in attesa di quel domani, si prendono dal portafogli delle Regioni e dei Comuni l’enorme cifra di 8 miliardi di euro. Quale federalismo si potrà fare, se intanto si impoveriscono in modo così violento le autonomie esistenti? Non siamo contrari ai tagli della spesa pubblica improduttiva. Il problema è che se si pensa di ridurre la spesa utilizzando lo stesso sistema del taglio indifferenziato usato nel 2001-2006, è facile prevedere quello che succederà: si avrà lo stesso fallimento che ci fu allora, con un aumento della spesa pubblica corrente di otre due punti del Pil. Il ministro Tremonti, invece di licenziare la commissione per la Spesa pubblica presieduta dal professor Gilberto Muraro, farebbe molto bene a seguire le proposte avanzate dalla commissione, che consentirebbero, se ben applicate, di veder ridurre radicalmente il costo dei servizi prestati dalla pubblica amministrazione, non compromettendone la qualità. E’ un po’ più difficile, ma val la pena di tentare.
Non dirò qui delle politiche che mancano per lo sviluppo. Faccio solo un esempio: 300 milioni di euro tolti dai fondi per l’innovazione, messi dal governo Prodi per il sistema della piccola e media impresa che vuole competere, per darli alla azienda statale decotta Alitalia. Se l’avessimo fatto noi, mi par già di vedere le pagine di «Libero» e della «Padania», le proteste dei nostri piccoli imprenditori... Per il momento mi limito ai due aspetti della tassazione e della fiscalità locale. Sono dati e sono fatti. Si è detto in campagna elettorale una cosa e se ne è fatta un’altra. L’opinione pubblica può incominciare a giudicare.