Pagine

26.4.09

Europee: Laura Fincato rinuncia, ecco le prime reazioni

Il Gazzettino 25 Aprile 2009
Fincato: nel Pd metodi vecchi, ritiro la candidatura


L’assessore veneziano contesta la scelta del partito di mettere capolista Luigi Berlinguer: «Nulla è cambiato nella concezione dirigista»

Venezia- Laura Fincato si tira fuori: non sarà candidata per il Pd alle prossime Europee. «Mi ritiro», ha annunciato ieri. Una scelta maturata negli ultimi due giorni, ma di fatto già presa dopo che da Roma il partito aveva scelto il settantasettenne sassarese Luigi Berlinguer come capolista nella circoscrizione del Nordest. Erano piovute critiche da tutte le parti, il primo a tuonare era stato il sindaco di Venezia Massimo Cacciari. E adesso che Laura Fincato si è ritirata, Venezia si ritrova priva di rappresentanza: non correrà l’eurodeputato uscente Paolo Costa (che polemicamente si è fatto da parte dopo che i vertici regionali del Pd non l’hanno indicato nella rosa dei candidati da sottoporre a Roma) e al posto della Fincato in lista entrerà un veronese: il sindaco di Legnago Silvio Gandini.

Laura Fincato, intanto, in una lunga lettera spiega le ragioni del suo rifiuto: «È corretto permettere che vengano completate le liste dichiarando, dopo una riflessione profonda, che non sottoscrivo la candidatura perché non vi sono più ragioni politiche e tanto meno personali che possano motivarmi ad affrontare una campagna elettorale». Una campagna elettorale - sottolinea l’assessore della giunta Cacciari - «che pure avrei vissuto, nella sua difficoltà e con tutti i rischi, solo se non fosse stata prodotta una decisione incomprensibile e quindi non condivisibile, almeno per me. Mi riferisco alla scelta del capolista che dà il segnale che nulla è cambiato nella concezione dirigistica di Roma nel poco rispetto dei territori. Questa scelta si aggiunge all'altra decisione, ancora più deprimente da un punto di vista anche elettorale, di non candidare il sindaco di Padova Flavio Zanonato».

La lista votata all'unanimità dalla direzione regionale del Pd Veneto - continua Fincato - «non è stata così prodotta nella sua interezza alla direzione nazionale perché si sono decise regole. Sempre quando la politica non sa governare si danno regole che subito dopo vedono applicate eccezioni ad libitum!».

Regole dello Statuto (rinnovamento e rapporto con i territori) «che sono state disattese ancora una volta, senza interpellare e senza ascoltare», e così nel Nordest «ci è stato calato un capolista». «Metodi vecchi, mentre si arriva a Venezia con il treno dei giovani democratici», conclude Fincato, annunciando che comunque farà la campagna elettorale «nel Pd e con il Pd nonostante la depressione politica che questa situazione ha generato, non solo a me, ma, temo, a tanti». E ancora: «Avevo dato la mia disponibilità ad una verifica di percorribilità politica di candidatura. Non posso volere che questa disponibilità sia interpretata come presenza inutilmente ambiziosa, ma neanche (con la mia storia personale e politica che rivendico) da bandiera “afflosciata”».

Laura Fincato resta così a Venezia a fare l’assessore. E a Venezia rammarico per la scelta di ritirarsi dalla corsa per Bruxelles viene espressa dal segretario del Pd, Gabriele Scaramuzza: «Io avrei auspicato che Laura Fincato mantenesse la sua candidatura, ma oggettivamente, in assenza di quella sintesi alta che sarebbe stata necessaria, le ragioni politiche della sua candidatura sono in parte venute meno».
Alda Vanzan

*******

Il Gazzettino 25 aprile 2009
Le lacrime di coccodrillo del Pd veneto
Antonino Stinà *
*assemblea provinciale del PD di Venezia

La polemica diffusa nel PD del Veneto relativamente alla lista per le elezioni europee mi lascia perplesso. Credo si stiano scaricando addosso a Franceschini colpe non sue, o meglio non esclusivamente sue. Innanzitutto sarebbe bello sapere se i rappresentanti veneti nella direzione nazionale abbiano votato a favore o contro la proposta presentata dalla segreteria nazionale. Non abbiamo avuto notizia di voti contrari, e nel PD, partito nuovo, sarebbe opportuno che il dissenso si esprimesse anche attraverso voti contrari.

In secondo luogo il PD del Veneto, a tutti i livelli, da quello regionale a quello dei diversi territori, dovrebbe fare mea culpa sulla propria incapacità di pensiero strategico e di partecipazione democratica rispetto alle proprie scelte. Si è scelto di non porsi il problema della rappresentanza della nostra regione in Europa. Una rappresentanza che avrebbe dovuto essere quanto più autorevole possibile in considerazione dei grandi legami che la nostra regione ha con l’Europa, e nuova, capace di trasmettere l’innovazione di cui il PD vorrebbe farsi portatore.

Questo percorso avrebbe dovuto coinvolgere il PD a tutti i livelli, dai circoli in su, per esplorare nuovi ambienti, per coinvolgere persone autenticamente democratiche. Questo processo si sapeva in partenza che sarebbe stato lungo, complesso, e non traguardato solo alle prossime elezioni, ma anche capace di guardare più in la, magari alle elezioni regionali del 2010, per vedere se da qualche parte nel nostro Veneto, si nasconda qualche personalità capace di lanciare una sfida seria a Galan.

Niente di tutto questo è stato fatto. La discussione è stata blindata nei caminetti dei capobastone del partito che incapaci di guardare avanti, non hanno saputo fare niente di meglio che candidare ciascuno un proprio esponente. Per questo le lamentele di questi giorni sono lacrime di coccodrillo. Non si può criticare la segreteria Nazionale che ha imposto senza dibattito Berlinguer a capolista, se i nominativi dei candidati veneti sono stati fatti seguendo il medesimo percorso.

Fa bene Laura Fincato a riflettere sul ritiro della propria candidatura. Farà ancora meglio a ritirare la propria candidatura segnalando in modo palese il suo desiderio di non essere parte di un processo sbagliato che ha portato a candidature sbagliate con il rischio di vedere cancellata la rappresentanza del Veneto in Europa. Farebbero bene a farlo anche gli altri candidati veneti facendo in modo da costringere tutto il nostro partito a riprendere una discussione ampia, anche se necessariamente veloce, per verificare la possibilità di esprimere una candidatura veneta, autorevole, fresca, capace di centrare l’elezione al Parlamento Europeo.

25.4.09

Davide Zoggia "ci mette la faccia": la campagna elettorale alla fase finale

la Nuova di Venezia — 25 aprile 2009
«La mia candidatura è della gente» Zoggia punta su lavoro e sicurezza

MESTRE. Dieci assemblee pubbliche per le primarie delle idee, altri dieci incontri per presentare il bilancio di fine mandato. Duemila mail ricevute, quattromila persone incontrate. Il candidato alla presidenza per il centrosinistra Davide Zoggia, deciso a succedere a se stesso, ingrana la marcia e si prepara dalla prossima settimana a incontrare i cittadini, le associazioni, i movimenti nei 44 Comuni della Provincia con una serie di assemblee ma anche appuntamenti di incontro nei mercati.
Lo slogan è «Per il tuo futuro io ci metto la faccia», che campeggia su un opuscolo che sarà distribuito nei vari incontri previsti, analizzando i tre punti cardine del futuro programma di governo della Provincia. A questi incontri si affiancano una lunga serie di dibattiti pubblici nei vari centri della Provincia.
Lunedì si comincia a Mirano, poi Zoggia sarà martedì a Cona, mercoledì prossimo invece sarà a Mestre, giovedì a Noale e venerdì a Burano.
«Dobbiamo rimettere al centro le cose da fare in un momento così difficile per la nostra Provincia. La mia è la candidatura della gente, non è frutto di accordi di segreteria determinati a Padova o Roma e a breve presenteremo anche il programma di mandato. Al primo posto c’è il tema del lavoro e delle risposte da dare non solo alle imprese per tornare all’eccellenza produttiva ma anche a chi rischia oggi: donne, giovani, persone over 45 che hanno perso il posto di lavoro».
E prosegue, con un chiaro riferimento all’avversaria del centrodestra: «A Marghera c’è gente disperata che piange, ai fiori pensiamo dopo, prima vengono i problemi reali della gente, il confronto deve essere sulla realtà». E poi c’è il tema della sicurezza: «Che non si affronta con le ronde ma investendo denaro nelle cittadelle della sicurezza, dando risposte concrete alle necessità delle forze dell’ordine».
Zoggia elenca i risultati della sua amministrazione uscente per realizzare caserme e commissariati a Jesolo, Portogruaro e a Marghera e conferma l’impegno a realizzare una cittadella di carabinieri e finanza, compresi vigili del fuoco e protezione civile a cavallo tra Riviera del Brenta e Miranese. Al terzo posto delle priorità, dice Zoggia, c’è la mobilità: ovvero gli interventi sul metrò regionale, sul tram, sullo sviluppo dell’aeroporto di Tessera.
E non lesina una frecciatina all’avversaria, convinta di poter fare bene il sindaco e pure il presidente di Provincia. Zoggia ha raccolto attorno a sé il Pd, il partito socialista, i Verdi, l’Italia dei valori, Rifondazione, Comunisti italiani, Sinistra per Venezia e la civica. Ma non basta: una nuova lista civica di appoggio potrebbe essere quella dei consumatori che fa capo a Franco Conte (Codacons) e Marco Zabotti.
(m.ch.)

17.4.09

PD Veneto: per le elezioni europee, i primi contrasti

la Nuova Venezia — 16 aprile 2009
Costa: ingrati, rinuncio all'Europa

VENEZIA. Escluso dagli organismi regionali del Partito democratico, Paolo Costa, europarlamentare uscente e presidente dell’Autorità portuale di Venezia, non insiste per ricandidarsi alle prossime elezioni europee. Non si appella ai dirigenti nazionali del partito, come aveva annunciato, ma si fa da parte con una lettera-denuncia al segretario regionale Paolo Giaretta. Costa ricorda il lavoro fatto a Strasburgo e afferma: «Buttiamo le competenze». L’ex sindaco aggiunge che gli si sta facendo pagare l’incarico per la base Dal Molin di Vicenza e la nomina all’Autorità portuale.

*********

la Nuova Venezia — 16 aprile 2009
«Così perdiamo autorevolezza»

Ecco qui di seguito ampi stralci della lettera-rinuncia inviata dall’on. Paolo Costa al segretario regionale del PD Paolo Giaretta. Nella missiva il deputato europeo uscente, e presidente dell’Autorità portuale di Venezia, annuncia con garbata polemica la propria volontà di non ricandidarsi alle elezioni europee di giugno dopo che lo stesso Pd veneto lo aveva escluso dalla pre-lista dei candidati.

Caro Paolo, credo che dopo le decisioni, quelle dette e quelle non dette, prese dall’esecutivo veneto del Pd circa le candidature alle elezioni per il Parlamento europeo del prossimo giugno non sussista più alcuna ragione perché io mantenga la disponibilità per un terzo mandato a Strasburgo e Bruxelles. Prendo atto di una linea politica - che non mi trova d’accordo - che porta ad affrontare le Europee senza alcun sostanziale interesse per l’Europa e le sue istituzioni; a non preoccuparsi granché della qualità della rappresentanza al Parlamento europeo visto che «lì non si deve dare la fiducia ad alcun governo». In questa prospettiva, che detta inevitabilmente criteri di formazione della squadra totalmente indifferenti alle caratteristiche della partita da giocare, diventerebbe patetico insistere su una offerta di competenza ed autorevolezza europea da mettere al servizio del Paese tramite il Pd. Alle dimissioni dal Parlamento europeo avevo, per la verità, pensato fin dalla scorsa primavera, al momento del perfezionamento della mia nomina a presidente dell’Autorità Portuale di Venezia. Vi avevo soprasseduto per non andarmi ad aggiungere alla lunga lista di parlamentari europei eletti in Italia che avevano abbandonato il Parlamento europeo anzitempo (facendo scendere sotto i tacchi la credibilità e l’incisività delle nostre delegazioni) e, soprattutto, per impegni che mi ero preso come presidente della Commissione parlamentare Trasporti e Turismo con le Presidenze di turno, slovena, francese e ceca, di portare a buon fine provvedimenti legislativi di grande portata (dalla sicurezza marittima all’eurovignette, dalla interoperabilità ferroviaria al terzo pacchetto sull’autotrasporto fino agli slot aeroportuali, ai quali sto ancora lavorando)... ...Tutti temi dei quali avremmo potuto utilmente discutere, anche al fine del perfezionamento del messaggio elettorale, se l’esecutivo regionale avesse sentito l’esigenza di organizzare anche un solo incontro sull’argomento. Poi con l’avvicinarsi delle nuove elezioni e con l’aumentare della consapevolezza della drammatica estraneità dei temi europei dalla politica italiana si erano andate coagulando tra i parlamentari uscenti due forme di reazione: quella rappresentata da Donata Gottardi nella sua lettera di rinuncia alla ricandidatura, e quella, la mia, di far fruttare l’investimento che rappresentavamo per il Paese e per il Pd, dichiarandoci pronti a guidare, alla tedesca, una nidiata di nuove presenze - che finalmente si era deciso fossero presenze vere e dedicate - da far divenire le grandi competenze europee di domani. Nessuna pretesa naturalmente, ma solo la consapevolezza di poter essere utili se veramente si cercavano «persone di grande competenza sulle questioni europee» che secondo il regolamento del Pd dovranno fungere da capilista nelle diverse circoscrizioni. Aveva ragione Donata. Avrei dovuto capirlo dalla facilità con la quale si è liquidata la questione Gottardi; dal modo con il quale si è accettato senza batter ciglio la sua rinuncia a ricandidarsi, senza fermarsi a leggere tra le righe della sua lettera l’atto d’accusa alla nostra insipienza, alla nostra incapacità di valorizzare la politica europea. Non posso non dolermi della spensieratezza con la quale, con Donata, si butta via una delle più promettenti capacità di presenza europea, miracolosamente formatasi in poco tempo. Insomma buttiamo le competenze e rischiamo di andare al confronto elettorale muniti solo di messaggi di circostanza che raccoglieremo all’ultimo momento facendo ricorso alla retorica europea del nostro partito. Eppure, quanto avremmo di “europeo” da dire per affrontare in modo “riformista” la questione settentrionale! Per noi, Nordest, Veneto, le elezioni europee sono molto di più di un secondo turno delle elezioni politiche. Se volessimo finalmente smetterla di inseguire la Lega su una interpretazione piagnona e rivendicazionista della questione settentrionale, della questione del Nordest, della questione veneta, se volessimo capire che la questione settentrionale si risolve soltanto riprendendo quel cammino di modernizzazione dell’intero Paese che una forza riformista dovrebbe perseguire come suo scopo primario, constateremmo che senza un nuovo aggancio all’Europa, alle regole dell’Europa, non ci sarà modernizzazione e riallineamento competitivo economico e culturale del Nord e quindi dell’intera Italia... ...Prediche oggi inutili; ma che mi ostino a pensare debbano essere riprese se e soprattutto poste a base di una nuova e diversa politica, pena l’estinzione del riformismo democratico. Ma ci nasconderemmo, tu ed io, dietro a un dito se non affrontassimo anche altri due temi, che mi riguardano purtroppo direttamente, ma che esigono di essere qui affrontati per evitare equivoci drammatici circa i valori civili del nostro agire politico. Mi debbo riferire alle dichiarazioni ricorrenti, che nessuno ha smentito evidentemente perché non poteva smentire, relative alla «inopportunità» che il Partito democratico si presentasse alle prossime europee con la mia faccia; e questo per aver avuto io un ruolo attivo per la realizzazione all’allargamento della base militare americana a Vicenza e per aver accettato la nomina bipartisan al porto di Venezia. Non ho nulla da dire a mia «discolpa», anzi. Nel Partito democratico che a parole e diciamo di volere, nel partito nuovo «determinato ad affrontare il nodo che sta soffocando il Paese: la mancanza di una democrazia forte, in grado di decidere» (Manifesto dei valori, 1, 6) e che per questo «esige che vengano assicurati la leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, la protezione nel tempo delle decisioni istituzionalmente condivise e regole di soluzione dei conflitti che chiariscano i limiti di esercizio della democrazia di prossimità e restituiscano al governo nazionale l’autorevolezza e l’autorità necessarie sulle questioni di prevalente interesse per l’intero Paese» (Manifesto dei valori, 3,4), nel partito capace di esaltare il ruolo delle istituzioni come argine alla prepotenza partitica o personale, in quel partito che vorremmo i due casi dovrebbero, anzi devono, essere segnati a mio merito. A Vicenza su invito del «nostro» governo mi sono assunto l’onere di difendere la credibilità del Paese nei confronti degli Stati Uniti consentendogli di mantenere le parole date da esponenti di governo di centro-destra, l’altro ieri e oggi, ma anche da Prodi, D’Alema, Parisi e per tutti dal presidente Napolitano, e di averlo fatto facendo pagare alla Vicenza che non si accontentava dell’orgoglio del servizio reso all’Italia il minor costo possibile - sfruttando allo scopo le indicazioni e i suggerimenti anche degli amici del partito democratico che oggi sembrano essersene dimenticati - e creando le condizioni per compensazioni significative che farò di tutto affinché non si perdano, nonostante l’atteggiamento masochistico che continua a serpeggiare in parte della città. A Venezia poi ho solo accettato di essere valutato da «esperto di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale» come la legge richiede per i presidenti di autorità portuale - una competenza che c’è o non c’è e non è né di destra né di sinistra -. È vero che la proposta è venuta da Galan, ma è altrettanto vero che l’ho accettata solo dopo esserne stato espressamente autorizzato da Prodi e dal ministro Bianchi (salvo suoi ripensamenti dell’ultima ora poco consoni a un vero ministro) e che la stessa era stata formulata per risolvere il pasticcio prodottosi per l’incapacità delle amministrazioni locali di trovare una diversa soluzione condivisa con la Regione... .....Il rispetto delle regole e dei ruoli istituzionali, quel tratto civile che distingue le società democratiche serie dalle società cialtrone e che è essenziale per arrivare finalmente a disporre di una democrazia efficiente e, in quanto tale e giusta, è o non è un valore che il Pd Veneto fa proprio? La domanda non è banale e non può sopportare le risposte ambigue fatte trapelare in questi giorni. Legittimerebbe, altrimenti, in molti domande di fondo sui valori che spiegano il nostro stare assieme dentro il Pd del Veneto.

*********

la Nuova Venezia — 16 aprile 2009
Lo strappo di Costa «Bacchetta» il Pd e rinuncia all'Europa

VENEZIA. Strappo tra Costa e il Pd, e addio al seggio in Europa. Con una lettera al segretario regionale del Pd, Giaretta, il deputato europeo uscente e presidente dell’Autorità portuale di Venezia Paolo Costa apre la polemica con il suo partito che l’aveva escluso dalle liste per le Europee di giugno e, giocando d’anticipo, annuncia di non volersi più ricandidare. Insomma, torna la conflittualità permanente tra Paolo Costa e il centrosinistra. Quali saranno le conseguenze della lettera con cui ritira la disponibilità a candidarsi alle Europee? E’ solo l’amara presa d’atto del fuoco di sbarramento del Pd veneto o l’apertura di un altro capitolo del braccio di ferro? Bisognerà attendere quantomeno fino a dopo le elezioni, quando sapremo che ne sarà del centrosinistra e del Pd. Intanto registriamo l’ennesimo strappo.
Ma tutto è iniziato nel 2000 quando i Ds opponevano Michele Vianello alla poltrona di sindaco. Allora fu Massimo Cacciari, l’avversario di oggi, a sostenerlo. Salvo pentirsene poco dopo. Il tormentato rapporto tra Costa e il centrosinistra torna a diventare incandescente nel 2004, quando l’allora sindaco vuole ricandidarsi alle Europee. In tal modo l’anno dopo avrebbe potuto ricandidarsi anche a sindaco. Ma non fu così e puntando all’Europa incrinò il rapporto con Ds e Margherita. Di fatto fu un’uscita anticipata da Ca’Farsetti, dove nel 2005 sostenne Felice Casson in contrasto con la Margherita che presentò Cacciari, che venne eletto. Ma non finisce qui. Perché alle Primarie del Pd del 14 ottobre 2007 torna all’ordine del giorno il caso Costa. E’ candidato nella lista di Rosy Bindi, ma i bindiani veneziani ne farebbero volentieri a meno. Alla fine passa la sua candidatura. Ma dopo un anno Costa va alla presidenza dell’Autorità portuale su proposta del governatore Giancarlo Galan contro il parere di Cacciari e Zoggia. E’ vero che era stato Prodi ad indicarlo, prima di andarsene da Palazzo Chigi, ma la nomina l’ha poi fatta Berlusconi dopo che l’esecutivo di Prodi l’aveva nominato commissario per il Dal Molin di Vicenza. Una poltrona scomoda che non l’ha certo aiutato a renderlo popolare nel centrosinistra. Il resto è cronaca di ieri. Mentre Costa invia la lettera che pubblichiamo, a Roma la segreteria nazionale del Pd ratifica le candidature per le Europee. Ci saranno Flavio Zanonato (sindaco di Padova), Laura Fincato (Venezia), Franco Frigo (Padova) e Gabriele Frigato (Rovigo). Nessun candidato di Vicenza, Verona, Belluno e Treviso. (n.p.)

11.4.09

Davide Zoggia "ci mette la faccia"

la Nuova Venezia — 10 aprile 2009
«Una coalizione che sa amministrare»

«Per il tuo futuro io ci metto la faccia». Questo lo slogan accanto al volto sorridente (e c’è anche qualche ruga, nota l’interessato) di Davide Zoggia, ri-candidato alla presidenza della Provincia. I poster 6x3 da martedì prossimo tappezzeranno i 44 Comuni del veneziano; lo slogan e il sunto del bilancio dei suoi primi cinque anni di amministrazione saranno ripetuti tra una canzone e l’altra nelle radio locali.

Al suo fianco, nella sede del Pd, in piazza Ferretto (sede elettorale di qui al 6-7 giugno) c’erano ieri anche i responsabili dei partiti e liste civiche che lo sostengono: dall’onorevole Rodolfo Viola (Pd), da Gianluigi Naletto e Fabio Zaccarin (lista civica) ad Alessandro Sabiucciu e Giorgio Muccio (Sinistra per Venezia) a Nicola Funari (Italia dei valori) e Andrea Follini (Partito socialista).

Zoggia presenta il gruppo che lo appoggia come «coalizione non difensiva, ma con una chiara visione del futuro comune». Un esempio per tutti: «Sull’Alta Capacità in Piemonte ci si divide, qui si discute su come farla, dove passerà, come coinvolgere i territori interessati». Trovare punti di mediazione. Lottare tutti insieme, perchè «si vince solo se ci sono tante persone che mettono la loro disponibilità al tuo servizio». Queste alcune profonde convinzioni del candidato del centro-sinistra.

Zoggia si rivolge però anche a chi non si riconosce nello stesso schieramento. E ricordando che «per Comuni e Provincia è più importante il progetto amministrativo che quello politico in senso stretto» tende la mano anche agli elettori del centrodestra.

Se il Pdl gli contrapporrà Francesca Zaccariotto o Sandro Boscolo Todaro a lui poco importa. «Rispetto entrambi, ma il modo in cui sono arrivati o non sono ancora arrivati a decidere questa candidatura - dice Zoggia - testimonia la debolezza nell’approccio, lo scarso amore verso questo ente e questa città. Un capoluogo di regione, fulcro della città metropolitana che, però, per il Pdl viene dopo Padova nella scelta delle candidature».

Alla Zaccariotto che vorrebbe continuare a fare il sindaco, però, Zoggia ricorda che «fare il Presidente della provincia basta e avanza se uno non vuole avere problemi fisici e mentali»

Quanto ai temi sui quali dovrà caratterizzarsi la prossima legislatura Zoggia non ha dubbi: «Il mondo delle imprese e delle famiglie: a questi dobbiamo dare risposte». Sulla riconversione di Porto Marghera serve «un approccio concreto, non astratte dichiarazioni». «Chiudere la chimica non è accettabile, ma la trasformazione va fatta assieme alle forze sociali e alle istituzioni - dice Zoggia - Il Vallone Moranzani dimostra che le bonifiche si possono fare».

E se per farle serve un commissario «ben venga il commissario. Vernizzi e Casarin, pur espressione della Regione (centro destra, ndr), sono persone con cui ci si può sedere al tavolo e discutere».

(Massimo Scattolin)

8.4.09

Davide Zoggia licenzia il PTCP, dopo 4 anni di lavori

Il Gazzettino 8 Aprile 2009

Ptcp, entra la Nuova Romea ed esce Veneto city
Approvata le delibera sulle osservazioni, ora il piano urbanistico provinciale passa all’esame della Regione

Un taglio netto a Veneto City, il Quadrante di Tessera diviso in due e un’inattesa apertura al progetto della Nuova Romea. Con l’auspicio che le opere di mitigazione possano ricalcare l’iter seguito per il Passante di Mestre.

Non è stata un’operazione formale l’esame delle osservazioni al Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) adottato a dicembre e conclusa ieri in Consiglio provinciale con il voto che ha chiuso il cerchio attorno allo strumento di pianificazione urbanistica che ora passerà all’esame della Regione.

Dopo quattro anni di lavoro, circa tremila osservazioni esaminate, 200 incontri ufficiali, cinque giorni di dibattito in aula (per 26 ore complessive) con 335 votazioni, il piano è passato con 22 voti della maggioranza di centrosinistra e nove voti contrari dell’opposizione.

Quest’ultima ha rinunciato a fare ostruzionismo - cosa che avrebbe di fatto rinviato l’approvazione del Ptcp a dopo le elezioni - decisa a giocarsi in campagna elettorale le critiche a un piano che, per il centrodestra, «aggiunge burocrazia e prescrizioni a carico dei cittadini ma anche dei Comuni», per usare le parole del capogruppo di Fi-Pdl Mario Dalla Tor.

Opposta la tesi del presidente Davide Zoggia, per il quale il Ptcp - il primo dopo quello di Padova a essere approvato in Veneto dopo il varo della legge regionale urbanistica - è «un piano di indicazioni più che di prescrizioni, che non dice di "no" alla Romea commerciale ma che pone limiti a progetti come Veneto city».

In effetti una delle novità di ieri è l’approvazione di un’osservazione dei comitati civici che schiude una porta al tracciato autostradale veneto della Mestre-Orte (la Nuova Romea) auspicando un accordo fra Regione e agricoltori analogo a quello del Passante verde per ridurre l’impatto ambientale dell’opera. Da parte sua Rifondazione con il capogruppo Aldo Bertoldo dichiara di avere posto un freno al progetto immobiliare di Veneto city, limitandone lo sviluppo direzionale a quanto già previsto dai piani regolatori di Dolo, Mira e Pianiga. Ma anche il Quadrante di Tessera, dove dovrebbero sorgere uffici, negozi e alberghi, ne esce dimezzato con una previsione produttiva per i Comuni di Marcon e Quarto d’Altino e una legata allo sviluppo aeroportuale per l’area veneziana. Infine è previsto che l’asse viario lungo il tracciato dell’idrovia non sia più a pedaggio ma aperto al territorio.

«È un piano di sviluppo sostenibile - spiega l’assessore all’Urbanistica Enza Vio - che ora passa all’esame della Regione che avrà sei mesi di tempo per avanzare eventuali richieste di modifica». E alla Regione guarda anche la minoranza, per la quale il Ptcp «blocca lo sviluppo delle seconde case nelle aree turistiche - come osserva Daniele Bison (An-Pdl) - non prevede alcuno sviluppo nautico per Bibione» e «pone solo vincoli per i Comuni» come prevede Giacomo Gasparotto (Fi-Pdl).

L’opposizione (attraverso l’ex assessore della Margherita Bruno Moretto) non ha mancato neppure di sottolineare il voto in libertà della sinistra (Prc, Pdci, Verdi e Rps) rispetto alla maggioranza di centrosinistra nei numerosi emendamenti proposti dalle associazioni ambientaliste. Ma ciò rientra probabilmente nel gioco delle parti dell’imminente competizione elettorale: «Abbiamo dimostrato che la Provincia ha una maggioranza che può continuare a governare», ha detto Zoggia nell’intervento conclusivo, mentre Renato Spolaor (Pd) ha ribadito che «la sostenibilità del territorio non confligge con le opportunità produttive ed economiche».

Saranno i Comuni, d’ora in poi, a doversi confrontare con le indicazioni del Ptcp in materia urbanistica, materia che solo dal 2004, con il varo della legge regionale 11, ha assegnato la competenza alle Province. «Con fatica la Provincia sta tentando di esercitare questo nuovo ruolo», aveva detto Zoggia all’inizio del dibattito. Ma Venezia, alla fine, è riuscita ad arrivare al traguardo prima delle altre province.

Alberto Francesconi

5.4.09

Paolo Giacon: Veneto Cultura, carrozzone inutile

la Nuova Venezia — 05 aprile 2009

La società Veneto Cultura per il Pd inutile doppione moltiplicatore di poltrone

«No a Veneto cultura: sarebbe l’ennesimo CdA da mantenere». Lo dice Paolo Giacon dell’esecutivo del Partito Democratico Veneto.

«Se chiedessimo ai veneti di indicarci il nome dell’attuale assessore regionale alla Cultura, molti si troverebbero in evidente imbarazzo, senza essere in grado di indicare un nome - afferma Paolo Giacon - Pochi sanno, infatti, che lo stesso Presidente della Regione ha deciso di tenere per sé una delle deleghe chiave relative alla governance del nostro territorio. L’ultima proposta dell’“assessore” Galan, lanciata a Belluno, è quella di creare una nuova società regionale, provvisoriamente denominata Veneto Cultura, in analogia con le tante società regionali come Veneto Strade, Veneto Agricoltura, Veneto Innovazione, Veneto Sviluppo e così via. Ormai siamo quasi arrivati ad avere una società pubblica per ogni competenza regionale, moltiplicando incarichi, consulenze, consigli di amministrazione. Veneto Cultura non sarebbe altro che l’ennesimo consiglio di amministrazione con annessa struttura amministrativa. Un progetto che ha già fatto venire l’acquolina in bocca alla maggioranza di centrodestra, in vista dell’ennesima spartizione di incarichi, gettoni e poltrone».

«Prima di ipotizzare Veneto Cultura cominciamo a impostare una vera politica della cultura in questa regione - esorta Andrea Colasio, responsabile Politiche culturale del PD veneto - è infatti un paradosso che il Veneto sia la prima regione italiana per turismo e una delle ultime per erogazione di risorse al settore. Negli ultimi 10 anni è mancata una vera regia strategica in un ambito così importante anche per la nostra economia, con allocazione di risorse ai livelli di sussistenza e nessuna volontà di confrontarsi con le nuove sfide, dall’audiovisivo ai nuovi linguaggi. Mi fa un po’ sorridere che oggi si delineino nuovi organismi in assenza di una qualsiasi progettualità».

«La cultura rappresenta uno degli asset più preziosi del modello di sviluppo sociale ed economico della nostra comunità - continua Giacon - Proprio per questo ruolo centrale avrebbe bisogno di un assessore a tempo pieno, non di una sovrastruttura esterna. Il Partito Democratico è contrario a questo modo di gestire la cultura, l’arte e le grandi mostre, riducendo progettazione e pianificazione agli equilibri instabili di un consiglio di amministrazione. La promozione della cultura richiederebbe invece una maggiore collaborazione tra assessorati comunali, provinciali e Regione, sulla base di una programmazione condivisa, della valorizzazione del talento veneto e dell’inserimento del Veneto nei grandi circuiti internazionali dell’arte e della cultura. La nostra regione può e deve respirare di più in campo artistico e culturale e per fare questo ha bisogno di sinergie, capitale umano preparato: non di un manuale Cencelli e di un assessore part-time».

«L’idea di Galan è ad alto rischio di burocratizzazione - spiega Giacon - Il progetto di Veneto Cultura è ancora confuso e non è stato condiviso con gli operatori del settore: il rischio è di creare un ente in grado di fare le stesse cose di una struttura regionale efficiente e preparata. Perché non valorizzare direttamente le professionalità interne alla tecnostruttura regionale? No dunque, a Veneto Cultura: piuttosto che un nuovo consiglio di amministrazione scadente, meglio un assessore di qualità».