la Nuova Venezia — 30 ottobre 2010
30.10.10
Michele Mognato esordisce alla segreteria del PD veneziano
la Nuova Venezia — 30 ottobre 2010
19.10.10
La futura rotta del PD Veneto
la Nuova di Venezia — 19 ottobre 2010
18.10.10
PD Veneto:c'è chi invoca un radicale rinnovamento della classe dirigente
Democratici sul Titanic
Umberto Curi
Meglio tardi che mai. Ridotto all’osso, potrebbe essere questo il commento alla decisione assunta da Andrea Causin, il quale si è dimesso dalla carica di vicesegretario regionale del Pd. Limpide, e sostanzialmente persuasive, anche le motivazioni addotte per spiegare questa scelta. Da un lato, la paurosa emorragia di elettori registratasi fra le politiche del 2008 e le regionali del marzo scorso, con un saldo negativo di oltre il 40% di voti in meno. Dall’altro lato, la denuncia dell’incapacità del gruppo dirigente di capire le ragioni del mancato radicamento del partito nel territorio. Parole chiare - finalmente - seguite da comportamenti coerenti, anche se tardivi.
Dopo l’incredibile vicenda di Giuseppe Bortolussi, scelto quale candidato governatore del centrosinistra, e poi dopo la sconfitta abbandonato al suo destino. Dopo la nascita di «Verso Nord», e la fuoriuscita di fatto di personaggi come Massimo Cacciari, questi colpi ulteriori segnalano che si è giunti davvero al capolinea.
16.10.10
PD Veneto: riassestamento, non smottamento
15.10.10
Le dimissioni di Andrea Causin: la replica di Rosanna Filippin
"In momenti della vita di un paese come quello attuale un partito come il nostro, che è il perno dell'alternativa a Berlusconi, ha il dovere di unire tutte le sue energie. Il nostro non è il tempo dei passi indietro e delle fughe individuali, ma quello di un impegno raddoppiato, per accelerare la crisi che già divide il centrodestra. Penso che il progetto politico emerso dall'assemblea nazionale di Varese, con le proposte su fisco e merito, autonomie locali e federalismo, Pmi e crisi economica, ci consenta di proporre, anche in Veneto, un messaggio politico credibile. Il centrodestra aveva promesso più sviluppo, innovazione, riforme e meno tasse, meno centralismo, meno risse politiche. Oggi è nei fatti il tradimento di questi impegni. A noi, spetta il compito di indicare l'alternativa: un fisco che premia il lavoro anziché le rendite, un federalismo che difende i comuni, anziché soffocarli, una scelta a favore dell'innovazione e della scuola, una politica dell'immigrazione vigile, ma non ottusa, una legge elettorale che rimette la scelta nelle mani dei cittadini. Ed è su questo che il Pd si mobiliterà in tutto il Veneto dalle prossime settimane".
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Questa la lettera di dimissioni di Andrea Causin:
Lascio la Vice Segreteria del PD Veneto ma il mio impegno per il partito continua
E' trascorso un anno esatto dal congresso regionale.
Nell'ottobre dell'anno scorso ho compiuto una scelta di responsabilità.
Pur non essendo in presenza di un risultato netto di alcuno dei contendenti, ho ritenuto che l'indicazione di voto dell'assemblea regionale dovesse andare a Rosanna Filippin, in quanto anche se non aveva superato il 50% dei consensi degli elettori delle primarie, aveva comunque raccolto una indicazione prevalente armonicamente all'andamento della mozione Bersani a cui era collegata la sua candidatura.
Oggi, a distanza di un anno, sento la responsabilità di scrivere questa lettera perché in tutta evidenza il nostro partito è privo da tempo di iniziativa politica.
Non ha offerto, a quella che oramai definisco la secessione dei nostri elettori, né risposte di carattere politico, tantomeno ha saputo dotarsi di un assetto efficace sul piano organizzativo.
Il segno della crisi è nei numeri. Non tanto nelle percentuali, quanto nei valori assoluti.
Alle politiche 2008, 812.406 veneti hanno votato Partito Democratico.
Alle regionali 2010 hanno votato il nostro partito solo 456.309 veneti, su una popolazione di quasi 5 milioni.
Il risultato delle regionali, non solo offre un'idea del fatto che abbiamo perso in soli 2 anni quasi metà del nostro corpo elettorale, ma delinea una prospettiva di progressiva residualità che mette a rischio le poche situazioni di governo che ancora deteniamo, grazie alle personalità forti che abbiamo messo in campo.
Do merito a Rosanna di avere condiviso e raccolto la mia preoccupazione prima dell'estate.
Anche in relazione alla difficoltà del conseguimento del numero legale degli organismi assembleari (direzione e assemblea) e alla prolungata e mancata convocazione dell'esecutivo regionale.
Dopo l'estate ci sono state due riunioni di quello che è stato definito "l'ufficio politico", un organismo extrastatutario dei maggiorenti veneti del Partito Democratico, in particolare deputati, amministratori e consiglieri regionali.
L'ufficio politico ha condiviso, nelle due riunioni, la difficoltà in cui versa il partito, soprattutto in relazione all'assenza di iniziativa politica, nel momento in cui il centro destra sta rappresentando all'opinione pubblica le proprie divisioni, contraddizioni e fragilità.
Il gruppo dirigente del PD Veneto, a mio avviso, non ha svolto un'analisi onesta delle ragioni per cui non siamo, in questi mesi, riusciti a radicare la nostra proposta politica.
Ha genericamente dichiarato chiusa e archiviata la fase del congresso e delle mozioni che ci hanno consentito di costruirlo e ha affidato le proprie speranze a quella che è stata definita la "fase 2", attraverso una generica volontà di fare meglio e di impegnarsi di più.
Se qualcuno, per ragioni elettorali, di convenienza o peggio per superficialità, preferisce la conservazione dello status quo e la nobile arte del tirare a campare, io credo invece che non possiamo far finta di non vedere le difficoltà in cui versano i nostri circoli, le fatiche dei nostri amministratori locali, al fronte nei piccoli comuni, e la difficoltà drammatica che abbiamo di rappresentare la società Veneta, nelle sue sfaccettature e nelle sue rapide evoluzioni.
Eppure i temi non mancherebbero.
La lunga decrescita economica che sta vivendo la nostra regione dall'ottobre del 2007, sta cambiando radicalmente i legami economici e sociali del nostro territorio.
C'è la necessità che la politica torni a occuparsi delle politiche per lo sviluppo, quelle che il Presidente della Repubblica in visita a Venezia, ha avuto l'ardire di chiamare politiche industriali.
E congiuntamente è necessario ripensare il lavoro e l'insieme dei diritti delle persone che lavorano.
Abbiamo bisogno di trovare coraggio e affrontare con decisione e parole nuove la riorganizzazione del sistema sanitario, ma anche le relazioni nelle nostre comunità, che sono segnate sempre di più dall'incontro con i migranti. Un incontro che è foriero di novità ma anche di tragiche contraddizioni se solamente si pensa alle vicende di violenza che hanno coinvolto donne di famiglie islamiche.
C'è l'urgenza di tornare a battersi per l'autonomia dei corpi intermedi, in modo particolare della finanza, soprattutto dopo gli attacchi vergognosi del presidente della Regione alla fondazione Cassamarca e del sindaco di Verona alla fondazione Cariverona.
Personalmente ho accettato, nell'estate scorsa, la candidatura alla segreteria regionale perché ho creduto, e credo, in un PD capace di riformare la politica Italiana, ripensando il ruolo delle istituzioni nel tempo della globalizzazione e della crisi.
Un partito plurale, aperto, radicato nella società.
Capace di chiamare all'impegno le donne e gli uomini migliori della nostra terra.
Ho sognato un partito capace di essere luogo di confronto e di ideazione di una prospettiva nuova per l'economia e per la società del Veneto.
In questi mesi, mentre maturava in me la consapevolezza della distanza tra il PD in Veneto e la società che si candida a rappresentare, ho scelto responsabilmente di stare al mio posto, nella fiducia che il tempo offrisse le condizioni di una inversione di tendenza.
Negli ultimi tempi mi sono assunto, negli organismi, il compito sgradito ai più di porre il problema, soprattutto in relazione alla necessità di comprendere dove abbiamo sbagliato e all'urgenza di tornare a "pensare" i contenuti e i modi della nostra presenza politica.
Oggi credo che essere responsabili significa non tacere e non fingere che tutto va bene, non rinunciare al dibattito, al confronto.
E' necessario mettersi in discussione e dal momento che il gruppo dirigente veneto non ha intenzione di farlo, comincio dalla mia persona.
Con la presente mi dimetto da vice segretario del partito Democratico Veneto.
Le mie dimissioni non sono una rinuncia, bensì una scelta di proseguire in piena libertà, quell'iniziativa politica di cui c'è tanto bisogno e che per essere svolta non ha bisogno di ruoli e riconoscimenti.
Spero che questo gesto forte, e per certi versi sofferto, possa aprire una discussione vera nel PD del Veneto, che consenta di trovare delle soluzioni vere prima che sia troppo tardi.
13.10.10
Verso Nord: al varo l'associazione tra le cautele del PD
la Nuova Venezia — 13 ottobre 2010
Verso Nord studia da partito e corteggia Galan
«So che è in agenda un incontro col ministro a Padova... », confida sibillino il portavoce Franco Miracco, mente pensante dei Nordisti «lui è un uomo indipendente, un liberal vero. Posso testimoniarlo, visto che tollera da anni le mie bizzarrie».
Molto eterogenea, per provenienza e vocazione, la schiera dei promotori: tra gli altri, Massimo Cacciari e Giuseppe Bortolussi; Mario Bertolissi e Achille Variati (il sindaco Pd di Vicenza, in verità, ha sottoscritto il manifesto riservandosi di aderire al movimento); Diego Bottacin e Maurizio Fistarol.
Presidente è stato eletto Alessio Vianello: «La gente ormai si è disinnamorata della politica», riflette «il nostro obiettivo è quello di riportarla ad appassionarsi al vivere sociale. Per questo la costruzione di un nuovo polo deve avvenire il prima possibile».
Le adesioni non mancano, tanto da suscitare nervosismo tra le forze politiche. Accanto ai giudizi liquidatori di parte leghista («Quattro gatti riciclati»), si registra l’aut aut del capogruppo democratico in Regione, Laura Puppato, che in polemica aspra con Bottacin ha ribadito l’incompatibilità della militanza in Verso Nord per gli esponenti del Pd.
Intanto il debutto è fissato per venerdì 22 ottobre, a Mestre, con un faccia a faccia sul nuovo riformismo tra Cacciari e il ministro del lavoro Maurizio Sacconi. Ma il partito nordista nascerà davvero: «Sì, se la gente lo vorrà», replica Miracco «c’è un Veneto straordinario, migliore della politica attuale, disgustato da questa deriva. Stiamo attraversando giorni bui, tristi, e non mi riferisco soltanto a quei poveracci che a Belluno hanno negato il tricolore agli alpini uccisi. Il problema non è soltanto la Lega, è un sistema politico arido, autoreferenziale, imbarbarito. Noi abbiamo messo insieme individualità significative, percorsi diversi che hanno un desiderio comune: tornare a discutere di politica, andare oltre il leghismo e il berlusconismo, riscoprire il valore delle idee ora soffocate dalla caccia alle poltrone».
Ma c’è spazio per un nuovo soggetto in un territorio che ha plebiscitato Luca Zaia castigando il Pdl e rifilando al centrosinistra il peggior risultato d’Italia? «Sì che c’è ed è vastissimo. L’hanno già intuito i leader di razza, da Galan a Veltroni. Qualche mese fa eravamo quattro amici al bar, oggi le adesioni crescono, sono importanti e trasversali: non promettiamo nulla a nessuno, però offriamo una prospettiva. Quando diventerà una proposta, allora saremo pronti... ».
Reagire alla Lega si può: anche sul fronte del centrodestra
(...) Eppure, non riesco a persuadermi del fatto che "il Veneto del no e del nulla" sia lo stesso Veneto in cui nacquero e scrissero Luigi Meneghello, Mario Rigoni Stern, Guido Piovene, Giuseppe Berto, Giovanni Comisso, Goffredo Parise che, se fossero ancora vivi tra noi, rabbrividirebbero di fronte alla voragine in cui troppi stanno gettando antichi valori e ideali.Gli stessi che unirono tra loro attorno al tricolore chi ritenne di doversi battere per la Patria sia sulle montagne della Resistenza o nelle guerre che il Ventesimo secolo disseminò tragicamente dal Grappa alla Russia, dal Piave alla Grecia, dalla Francia ai deserti africani.È indispensabile pertanto che tutte le forze politiche, a iniziare precisamente dalla Lega Nord, prendano coscienza - e agiscano di conseguenza - che "il chilometro zero della cultura e della politica" può spalancare le porte al dilagare mostruoso del nulla, lo stesso nel quale precipitarono le democrazie europee nel secolo del fascismo, del nazismo e del comunismo.Una parola ancora, infine, per una terra che amo sopra ogni cosa, il Veneto, una regione che può indebolirsi progressivamente fino a essere inghiottita dal nulla, se non saprà ritrovare al più presto la strada maestra della tolleranza, della solidarietà, del sapersi muovere con curiosità, con intelligenza, liberamente: in breve, con le armi pacifiche di una cultura liberale, libertaria e libertina, che è quella che ci ha consentito di essere cittadini del mondo, sia quando coltivavamo una vigna ai piedi degli Euganei o vivevamo tra le nevi delle Dolomiti, sia se si era costretti a essere veneti e italiani da qualche parte in Australia o in Canada o in Cina, essendo compagni del viaggio multicolore di Marco Polo.
1.10.10
Giaretta: un partito nuovo come stile e prassi -una questione antropologica prima che politica
Le reazioni scomposte ai 76
Paolo Giaretta
Nel Pd c’è una questione antropologica prima che politica? Mi sembra di sì a vedere le reazioni scomposte al documento dei 76, prima che fossero corrette dalle sagge parole del segretario Bersani in Direzione.