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16.12.09

Primarie a sindaco di Venezia: in corsa Giorgio Orsoni, Fincato e Bettin

la Nuova di Venezia — 16 dicembre 2009

Primarie, si parte - Farinea si ritira - In 3 alla grande corsa

Sono rimasti in tre, perché ieri l’avvocato mestrino Alfiero Farinea, candidato della mozione Marino-Casson, ha formalizzato il suo ritiro, già annunciato nei giorni scorsi. «Avevo messo a disposizione le mie competenze e la mia storia in temi sociali e ambientali», scrive Farinea, «abbiamo lavorato e raccolto contributi e analisi che hanno contribuito a scrivere il programma del Pd sulla città unica e sostenibile. Ma una candidatura di protagonismi non mi interessa, come non mi interessa una conta esaperata. Una quarta candidatura determinerebbe un esasperato protagonismo e indebolirebbbe il candidato vincitore delle primarie. Dunque ho deciso di compiere questo atto di responsabilità e di non presentarmi alle primarie. Le nostre proposte sui contenuti restano comunque in campo».

Un gesto che in qualche modo semplifica il quadro, almeno in casa Pd. Ieri i rappresentanti dei quattro partiti hanno illustrato nella sede del gruppo Pd di Ca’ Loredan obiettivi e modalità delle primarie. Voteranno anche i sedicenni e non solo gli iscritti, si potrà sottoscrivere una sola candidatura, i seggi saranno almeno 40 e si pagherà un euro di contributo spese. Per presentarsi occorreranno 2 mila firme (massimo 2500) da presentare al comitato elettorale entro il 28 dicembre.

Il comitato è composto da due rappresentanti per partito, a cui si aggiungeranno il 30 dicembre un rappresentante per ogni candidato in campo. Sono Gianluca Trabucco, coordinatore, e Vincenzo Conte per il Pd, Ezio Da Villa e Flavio Dal Corso (Verdi), Fabrizio Ferrari e Renzo Scarpa (Italia dei Valori), Alessio Molin e Pietro Lotto (Psi),

«Dopo quasi vent’anni di buon governo si apre un nuovo ciclo», dice il segretario comunale del Pd Alessandro Maggioni, «e noi lo facciamo offrendo le nostre proposte al giudizio degli elettori in assoluta trasparenza» «Puntiamo ad almeno 20-25 mila votanti», dice il verde Beppe Caccia, «cioè circa un quarto degli elettori. La nostra forza sta nella pluralità delle proposte, e la sintesi del programma è una mediazione alta. Guardate un po’ la differenza con il centrodestra. Loro scommettono sul declino, noi sul rilancio, il loro candidato lo scelgono a Roma, pure logiche di potere». «Con il centrodestra non ci sono novità, si torna solo indietro», dicono Nicola Funari (Idv), e Luigi Giordani (Psi). Da ieri, la grande macchina delle primarie ha i motori accesi.

- Alberto Vitucci

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la Nuova di Venezia — 16 dicembre 2009

Il partito indica Orsoni, ma «salva» Fincato

(a.v.)

1.12.09

Rosanna Filppin: niente Große Koalition

la Nuova Venezia — 30 novembre 2009

Al Veneto serve il coraggio per soluzioni innovative

  • Primo: il Pd non è una forza secondaria del panorama politico regionale. Alle elezioni di marzo giocherà un ruolo da protagonista, senza fare da stampella ai giochi altrui. E la proposta politica che porterà sarà nettamente alternativa a quella di Pdl e Lega.
  • Secondo: le forze che in questi anni hanno fatto opposizione alla giunta Galan sono naturalmente i nostri primi interlocutori. Con queste forze il Pd ha già avviato un percorso, per presentare una comune proposta di governo ai cittadini veneti.
  • Terzo: con l’Udc, se vorrà rompere con il centrodestra e scegliere una strada diversa da quella seguita in questi anni siamo disposti a dialogare. Ma è chiara una cosa: al Partito Democratico, che è la prima forza di qualsiasi alternativa al centrodestra, non mancano né le idee, né i candidati da mettere in campo.
Rosanna Filippin / Segretario Regionale / del Pd
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25.11.09

Segreteria nazionale PD: c'è Davide Zoggia (e, ai Forum tematici, Laura Puppato)

PD Veneto - Comunicato
24/11/2009 Padova

Davide Zoggia entra nella Segreteria di Bersani


Il veneziano Davide Zoggia, 45 anni, già presidente della Provincia di Venezia, entra nella Segreteria nazionale del Partito Democratico, la squadra scelta che coadiuverà Pier Luigi Bersani. Lo ha comunicato oggi alla Direzione nazionale lo stesso leader uscito vincitore dalla primarie del 25 ottobre.

«Il fatto che un veneto sia stato chiamato da Bersani ad affiancarlo nel suo mandato è un segnale importante – afferma Zoggia – Significa che l’attenzione del Partito Democratico per quanto accade nella nostra regione è ai massimi livelli, come è giusto che sia, essendo il Veneto tra le aree più produttive e sviluppate del Paese. Sono soddisfatto e mi impegnerò per essere all’altezza di questo compito»


La Segreteria nazionale è un organismo ristretto, composto da dodici membri, sei donne e sei uomini, ed è coordinato da Maurizio Migliavacca.
Ma ai vertici del Pd nazionale è arrivata anche Laura Puppato, sindaco di Montebelluna, 60 mila preferenze alle ultime Europee. Bersani l’ha voluta coordinatrice del Forum Ambiente.

Con le sette venete in Direzione nazionale – Filippin, Sbrollini, Rubinato, Meo, Miotto, Moretti e la stessa Puppato – più i due sindaci Cacciari e Zanonato, il team veneto a Roma si è rafforzato notevolmente.

«Bersani conferma ancora una volta di essere all’altezza del compito che gli è stato affidato dai 3 milioni di elettori delle primarie: riportare il Pd al governo del Paese per riportare l’economia e la società italiana alla pari con i grandi Paesi d’Europa e del mondo. E il Pd non potrà mai governare il Paese se non diventerà maggioranza al Nord. È la sfida in cui, noi veneti per primi, siamo impegnati» è il commento del segretario regionale del Pd veneto Rosanna Filippin.

16.11.09

Rosanna Filippin è il nuovo segretario del PD Veneto, vice Andrea Causin

la Nuova di Venezia — 16 novembre 2009

Filippin segretario di un partito in guerra


Scena finale. L’ultimo atto del congresso del Pd, dopo le primarie del 25 ottobre, si è consumato attorno alle 13 di ieri mattina. Dopo che il candidato dei «franceschiniani» Andrea Causin aveva, nella sua relazione, invitato a votare per la rivale Filippin. Il presidente dell’assemblea, Felice Casson, gli chiede se quella frase va intesa come il ritiro dal ballottaggio (ritiro che era stato annunciato il giorno dopo le primarie e poi clamorosamente smentito). Lui annuisce. Casson allora si appresta a proclamare eletta, senza bisogno di votazioni, la Filippin: «Se nessuno ha obiezioni» dice. Il colpo di scena, come in un matrimonio, è che alcuni delegati di Rovigo si sbracciano in sala.

«Per un motivo di chiarezza e trasparenza ritengo utile per il partito che si voti - spiega il segretario rodigino Gabriele Frigato - Io personalmente voterò la Filippin». «Ma cosa dobbiamo votare - interviene Roberto Ongaro, esponente della mozione Marino - se il candidato è uno solo?». Casson, da buon ex magistrato, sentenzia per l’acclamazione. Ma una parte della sala mugugna. «Il mio segnale di unità è nominare Andrea Causin vicesegretario. E non è una spartizione di poltrone» dichiara la neo-segretario, che stavolta però è apertamente contestata dalla sala.

Il retroscena. Dietro il caso di un’acclamazione «farsa» ci sono giorni di trattative e riunioni. E la spaccatura della mozione Franceschini. Frigato infatti era il vice designato in caso di soluzione unitaria, scalzato all’ultimo momento dalla «rentrée» di Causin. E’ un’intera provincia, dunque, quella di Rovigo, a sentirsi «tradita». Il vero vincitore morale del congresso resta Felice Casson, i cui uomini adesso potranno reclamare candidature e posti all’interno del partito, mentre prima erano assolutamente emarginati. Il futuro esecutivo quindi sarà composto da 7 «bersaniani», 4 «franceschiniani» e 3 esponenti della mozione Marino. Più la segretaria Filippin.

Lo sfidante in 30 giorni. «Il candidato governatore? Lo sceglieremo al massimo in 30 giorni e sarà legittimato dalle primarie. Dobbiamo guardare anche all’Udc - ha spiegato Rosanna Filippin nel suo discorso - Così come costruiremo liste competitive per le regionali: i nomi saranno scelti con larghe consultazioni tra gli iscritti». Altro punto delicato all’interno del partito è la distribuzione delle risorse: «Mi impegno a far sì che il 50% dei soldi del partito regionale sarà restituito alle attività dei circoli e delle strutture provinciali».
- Claudio Malfitano

8.11.09

La nuova direzione del segretario Bersani: per il veneziano c'è Marta Meo

la Nuova di Venezia — 08 novembre 2009

Elette sei donne: è la squadra dei veneti in direzione

26.10.09

Primarie PD Veneto: vince Rosanna Filippin

Corriere del Veneto 26 ottobre 2009
le primarie dei democratici
Bersani oltre il 50% anche in Veneto
Pd regionale: ballottaggio Fillipin-Causin Solo Rovigo tiene il piacentino sotto la soglia della maggioranza assoluta. La candidata alla segreteria veneta: «Un grande successo di partecipazione»

VENEZIA - Anche in Veneto Pier Luigi Bersani ha vinto le primarie del Pd con oltre il 50% dei voti. Secondo il Pd regionale Bersani avrebbe superato il 50% in tutte le province del Veneto, tranne che a Rovigo. Sempre secondo dati interni al Partito democratico, per la segreteria regionale si profilerebbe invece il ballottaggio tra la candidata della mozione Bersani, Rosanna Filippin, e Andrea Causin, candidato della mozione Franceschini.

«Le primarie premiano il progetto di Bersani. Il popolo del Pd doveva scegliere. E ha scelto. Premiando con nettezza la proposta della mozione Bersani, la scelta di un partito popolare, che riparta dai territori. Da domani, però, le divisioni del congresso devono restare alle nostre spalle. Da domani, l’obiettivo di tutti deve essere la costruzione di una proposta vincente per le prossime regionali». Sono le prime parole dopo il risultato delle primarie da parte della Filippin.
«Il risultato di partecipazione a queste primarie è un grande successo e un ottimo viatico per le prossime regionali - sottolinea la segretaria regionale in pectore perchè all’assemblea non dovrebbero esserci ribaltoni - Chi ironizzava sul nostro percorso congressuale è servito: le primarie del Pd - osserva - sono uno dei più coinvolgenti appuntamenti della politica nazionale. Il futuro segretario regionale potrà contare su una solida base di partenza per proporre ai cittadini del Veneto un progetto di governo».

Giochi fatti, per la segreteria regionale, in ogni caso. «Io personalmente voterò per Rosanna Filippin», ha detto Andrea Causin, parlando delle sue intenzioni per la prossima assemblea di partito che sarà convocata ad hoc. «Ritengo che il voto espresso degli elettori del Pd esprima comunque con chiarezza chi debba essere il segretario del Pd in Veneto», ha sottolineato il candidato della mozione Franceschini, che alle primarie ha riscosso circa il 32% dei consensi. Causin ne ha parlato durante una trasmissione su Antenna Tre Nordest, a cui ha partecipato insieme a Rosanna Filippin (45% dei voti per lei). Quest'ultima ha detto di non essere intenzionata a nominare un vicesegretario, ma di pensare piuttosto ad «una squadra dirigente di 10-12 persone».
Quanto al possibile ruolo di Laura Puppato, sindaco di Montebelluna, la Filippin pensa ad una sua candidatura alla presidenza della Regione. E a proposito delle regionali di primavera, Filippin ha detto come la pensa: «Credo che il Pd non debba sostenere un’eventuale candidatura in solitaria di Giancarlo Galan».

4.10.09

Gabriele Scaramuzza: l'intervento al Congresso provinciale del 3 ottobre

RELAZIONE SEGRETARIO PROVINCIALE CONVENZIONE PROVINCIALE 3 OTTOBRE 2009
Convenzione Provinciale del PD di Venezia


Mestre, Auditorium della Provincia, 3 ottobre 2009
Relazione del Segretario Provinciale


Prima dell’inizio di questa nostra Convenzione, sono sicuro di interpretare il pensiero di noi tutti formulando un caro cenno di vicinanza per coloro che sono stati colpiti dalla tragedia di Messina e della frazione di Giampilleri. Siamo con le famiglie di quelli che sono mancati, insieme ai tanti sfollati dalle proprie case, siamo accanto alla Sicilia ferita e colpita, questa volta, non dalla natura, bensì dalla improvvida mala attenzione dell’uomo che non dà cura del proprio territorio, e che, come si legge oggi, disperde la memoria collettiva, quella capacità (in altri paesi diffusa e radicata) di ricordare i disastri, metabolizzarli, trasformarli in materia sociale e politica da nazione civile.


Quella cura che dovremmo avere nei confronti appunto dei nostri territori e del loro equilibrio (appunto, quella materia sociale e politica) è anche immagine e metafora amara della cura che si dovrebbe avere nei confronti del nostro paese, a partire dal garantire gli spazi delle libertà civili e sociali elementari, su cui si fonda ogni democrazia liberale e moderna. Tra queste libertà spicca quella di stampa e di informazione, cioè il diritto fondamentale di cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee, come recita la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo del 1948. Questi principi e queste tutele sono stati incardinati dai costituenti nell’art. 21 della nostra Repubblica. Ledere quei principi e quelle tutele significa ledere il tessuto intimo dell’Ordinamento Democratico e Repubblicano, significa indebolire i legami costitutivi delle nostre società, significa alterare la natura intima del rapporto tra il governante e il cittadini, che consiste nella capacità del secondo di chiedere sempre contezza al primo del suo operato. Per questo aderiamo con forza e sosteniamo la manifestazione che in queste ore si sta svolgendo a Roma, promossa dalla FNSI, e ringraziamo quanti dei nostri iscritti, militanti e simpatizzanti stanno partecipando al presidio civile che abbiamo organizzato a Venezia, insieme alle forze politiche del centrosinistra e alle realtà associative della città, tra cui l’ANPI, le ACLI, l’ARCI, la CGIL, l’associazione Libertà e Giustizia.


Perché non solo di noi si è discusso in queste settimane nei nostri circoli, ma soprattutto del nostro paese, dell’idea di Italia che abbiamo nella mente e nel cuore e che vogliamo offrire e proporre a tutti i nostri concittadini.


Da poco più di due giorni si sono concluse le assise dei circoli territoriali e del lavoro in tutto il nostro paese e nella nostra provincia. Il dato nazionale di affluenza, pari a circa il 58%, cioè a più di 400.000 iscritti che hanno partecipato ai lavori congressuali testimonia di una partecipazione davvero massiccia, che non ha eguali in nessun altro paese occidentale e d’Europa. Troppe volte infatti siamo soliti farci sorprendere da tante descrizioni caricaturali che vengono date da noi stessi, cui dovremmo rispondere con una semplice costatazione: il PD è l’unica forza del campo progressista in occidente che può mobilitare una massa di iscritti così grande nel decidere delle candidature del proprio segretario, in uno straordinario esercizio di democrazia (cfr. la vicenda del PS francese, che per scegliere il candidato alle scorse elezioni presidenziali non mobilità più di 150.000 iscritti).


Se questo rilievo è vero per l’Italia nel suo insieme, tanto più questo è confermato per quanto riguarda il Veneto e la provincia di Venezia in specie. Nella nostra Regione hanno discusso e votato 17.297 iscritti, pari al 65,15%, mentre nella Provincia di Venezia sono stati 4.486 i partecipanti, pari a oltre il 68% degli iscritti. Una partecipazione semplicemente senza aggettivi, che dà conto del desiderio della nostra gente di essere parte attiva e diligente della nostra riflessione su noi e sull’Italia. Credo sia giusto ringraziare in questa sede tutti i nostri 77 coordinatori di circolo, che hanno costruito con pazienza il cammino di avvicinamento ai propri congressi costruendo sovente incontri preparatori di dibattito e discussione. Un ringraziamento alla Commissione provinciale per il Congresso, che ha assicurato l’esecuzione sempre corretta e ineccepibile di tutti gli appuntamenti, a quanti hanno prestato la loro opera di garanti degli appuntamenti locali, a tutti coloro che hanno presentato le mozioni congressuali in un confronto sempre alto, mai ridotto a banale contrapposizione.


E’, quello del congresso, il tempo in cui tutti noi siamo chiamati a distinguerci, ma non a dividerci. Distinguerci, perché ciascuno di noi, con onestà intellettuale e sincero giudizio, ha scelto a quale delle tre mozioni aderire. A non dividerci, perché oltre le differenze delle tre proposte esiste un unico perimetro, un unico confine che tutti ci tiene, nel cui interno tutti ci riconosciamo: quello del Partito Democratico, del suo desiderio di essere, oggi, alternativa credibile e forte che si prepara a divenire maggioranza culturale ancor prima che politica in Italia.


E nelle prossime settimane noi tutti saremo chiamati ad allargare questo perimetro, ad ampliare questo confine, rivolgendoci al popolo delle primarie, e chiedendo loro di esprimersi, come già hanno fatto i nostri iscritti sulle proposte di Pierluigi Bersani, Dario Franceschini, Ignazio Marino. Permettetemi di fronte a tutti voi di esprimere perplessità e scetticismo nei confronti di molto semplicismo e approssimazione con cui si è dipinta, a prescindere dalle parti, la nostra discussione, della potestà che competerebbe agli iscritti piuttosto che agli elettori delle Primarie. A entrambi tocca la scelta del segretario, ma soprattutto la possibilità di contribuire, arricchire, accrescere la pianta del nostro progetto per l’Italia, di rendere i suoi rami ben vigorosi e forti.


Perché è questo che chiede il nostro paese al PD: una leadership salda ed autorevole, mai solitaria ma sempre esercitata in solido con gli organismi dirigenti e con i livelli territoriali del Partito, in grado di incarnare questo progetto, questo pensiero. Trascorso il primo decennio del nuovo millennio, l’Italia è una democrazia indebolita, un’economia infiacchita, un tessuto sociale logorato.


Questa democrazia, questa economia, questo tessuto sociale chiedono di essere rimesse in movimento, e tutto ciò è possibile, solo che si restituiscano all’Italia vigore, entusiasmo, forza. E tutto ciò è possibile se noi cominciamo a mettere il paese di fronte alla realtà di queste settimane, che è una realtà anche ben dura, che ci parla ad esempio di tante lavoratrici e lavoratori che conosceranno adesso il volto vero della crisi, allo scadere degli ammortizzatori sociali di molte aziende. Ma è proprio quando è posto di fronte alla durezza della realtà che questo paese si rialza e ridesta: lo dimostrò nel secondo dopoguerra con la ricostruzione materiale delle nostre città e ideale della Costituzione, lo dimostrò negli anni neri del terrorismo e della tensione, lo dimostrò nella grande sfida dell’ingresso nella comune casa d’Europa e nell’adozione dell’Euro.


E sempre in questi momenti lo dimostrò con il contributo fondamentale delle forze politiche e sociali democratiche e progressiste, quelle forze che hanno dato vita al progetto del Partito Democratico. Ora tocca a noi, a questa generazione dimostrare di essere all’altezza di questo compito difficile. Tocca a noi tutti, in breve, dimostrare di essere all’altezza dell’Italia migliore, che vuole e pretende da noi serietà e coerenza.


La pretende a partire dai comportamenti di noi tutti, che rappresentiamo il Partito Democratico nelle nostre realtà, nelle nostre città, nelle diverse responsabilità cui siamo chiamati. La pretende con un’azione di opposizione al Governo di centrodestra rigorosa e determinata, ma sempre accompagnata da proposte serie e credibili per il nostro paese (e su questo, permettete, l’approvazione dello scudo fiscale da parte della Camera dei Deputati ieri è esattamente l’esempio di ciò che non dovrà più accadere, se davvero vorremo essere credibili agli occhi del paese).


La pretende chiedendoci di riaffermare il primato del lavoro e dei lavori nella società italiana, e di declinare questo primato tenendo conto della loro molteplicità e del fatto che tutti concorrono alla comune ricchezza sociale del paese, dal lavoratore dipendente al piccolo e medio imprenditore, dalla Partita Iva al precario cui non è consentito, oggi di costruire un progetto per sé e per la propria famiglia.


La pretende chiedendoci di dire con forza che si esce dalla crisi temperando le logiche di mercato con l’azione regolatrice delle pubbliche Autorità, e maturando la nuova consapevolezza che non si dà sviluppo economico sostenibile senza giustizia, coscienza del bene comune, ridistribuzione dei beni e della ricchezza tra le nazioni e all’interno di esse.


La pretende con una domanda forte nei nostro confronti: quella di unità, perché solo con essa metteremo il nostro Partito nelle condizioni di vincere il confronto con la destra di Governo, nella cultura profonda prima ancora che nella sfida elettorale. Perché noi invertiremo la rotta su cui il PdL e la Lega hanno costretto il nostro paese solo tornando là dove le relazioni sociali si formano e costruiscono, solo dando nuova forma e narrazione alle nostre comunità e alla nostra nazione, dicendo con forza che sicurezza è certezza della pena e dell’azione di repressione del crimine e non discriminazione tout court nei confronti dell’immigrato, dicendo che si dà futuro per un paese e per un’economia solo se si dà un presente per la sua scuola e per la sua formazione.


Questa forma e questa narrazione dovremo costruire da subito, declinandola immediatamente in politiche e proposte concrete, perché a questo sono chiamati i Partiti Politici dalla nostra Costituzione, da quella Carta fondamentale della Repubblica che, ad onta di quel che dice e pensa la destra, ha da dire e proporre al nostro paese molto più di quanto (ed è già tanta cosa) ha detto e proposto in passato.


Proprio perché questa è l’idea di Partito che abbiamo in mente e cui tutti noi teniamo dobbiamo anche dire che il 25 ottobre a notte (o il 26 a mattina) il Partito Democratico avrà scelto il suo segretario e la sua tavola ideale e di contenuti, e che quello sarà il segretario di tutti noi, cui tutti noi assicureremo lealtà e collaborazione, perché esso si farà carico del compito epocale che tocca al PD e al centrosinistra in Italia: ritrovare consonanza tra il paese reale e i principi, le regole, gli orizzonti di legalità, sviluppo, giustizia sociale incarnati nella Costituzione.


E se questo sforzo esigerà unità soprattutto a livello degli organismi dirigenti nazionali del PD, la stessa diligenza e dimostrazione di unità dovremo dare noi, nella nostra provincia, perché grandi sono le sfide che ci attendono tra pochi mesi:

1. confermare il Governo della città di Venezia forti di un progetto per essa che valga per la prossima generazione, che ci faccia immaginare quale sarà la città nei prossimi due decenni e ne guidi lo sviluppo e la crescita;

2. costruire, insieme al Partito Veneto e alle altre Federazioni provinciali una proposta per il Veneto che ci metta in sintonia con le mille realtà del lavoro, dell’impresa, della solidarietà che in esso vivono ed operano, cui non siamo stati in passato in grado di offrire una proposta ritenuta credibile:


Su questo sforzo saremo tutti impegnati e tutti coinvolti, e tutti sapremo dimostrare, ne sono convinto, compattezza ed unità, perché ci dovremo misurare con le domande vere e reali che le comunità veneziana e veneta ci pongono, anche per misurare la credibilità della nostra risposta.

Troppe volte in questo paese negli ultimi anni ci siamo lasciati rapire (anche noi) da una malintesa retorica delle radici, dimenticando che l’identità di un Partito è soprattutto la sua capacità di costruire un progetto di futuro coerente e credibile: e così dobbiamo intendere questo tempo congressuale, come di un tempo per chiarire a noi e all’Italia la nostra destinazione. Scrive il poeta della Martinica Edouard Glissant che le radici non hanno da sprofondarsi nel buio atavico delle origini, alla ricerca di una pretesa purezza; si allargano in superficie, come rami di una pianta, ad incontrare altre radici e a stringerle come mani.

Così dobbiamo intendere il nostro congresso e le primarie del 25 ottobre: allargare e incontrare i tanti che vogliono essere nel Partito Democratico solo che esso dia una dimostrazione chiara e risoluta di sé, e cingere in questo abbraccio progressivo tutta l’Italia.


Gabriele Scaramuzza

Segretario Provinciale PD Venezia



3.10.09

Andrea Causin: per le primarie a segretario regionale la partita è aperta


Il Gazzettino Sabato 3 Ottobre 2009

(a.fr.)
Fosse in America farebbe proprio lo slogan "yes, we can" di Barack Obama. In fondo le speranze di Andrea Causin, consigliere regionale del Pd e candidato alla segreteria regionale pe la mozione Franceschini, di spuntarla alle Primarie del 25 ottobre sono concrete.
«La partita è aperta - spiega Causin accompagnato dal coordinatore regionale della mozione Valter Vanni - in Veneto abbiamo preso più della media nazionale, mentre la mozione Bersani ha preso di meno. Il distacco in valori assoluti è di 1.496 voti, e se si considera che due anni fa, alle primarie per la nascita del Pd, votarono oltre 140mila persone, si capisce come la situazione sia aperta».
Soprattutto in Veneto, dove si è registrata la più alta partecipazione nei circoli (ha votato il 65 per cento degli iscritti), e a Venezia, dove il Pd vanta il maggior numero di iscritti fra la province venete, dove la mozione Franceschini ha superato il 40 per cento. La partita vera comincia adesso - aggiunge Causin - e mi sembra significativo che in questa regione le mozioni più innovative, quelle che sostengono Franceschini e Marino, abbiamo ottenuto risultati migliori che altrove».
Il riconoscimento a Marino non è casuale, dato che il meccanismo congressuale, sia nazionale che regionale, prevede che se nessun candidato supera il 50 per cento alle primarie si vada al ballottaggio, in sede di assemblea nazionale e regionale. «Con la mozione Marino ho riscontrato moltissime similitudini - dice Causin - sulla laicità, contro il nucleare e per la costruzione di un partito aperto. Comunque vada a finire, i dati del voto nei circoli dimostrano che ci sarà una gestione collegiale del partito».
Concetto, questo, ribadito da Vanni, deus ex machina della mozione in regione. «Gli iscritti hanno indicato che vogliono un partito aperto - dice - nonostante sei coordinatori provinciali su sette fossero schierati con Bersani. Questo vuol dire che il Veneto decide sul serio». E che la partita di Causin per la guida del Pd in Veneto sia tutta da giocare: «Pensiamo che su Andrea Causin si possa convogliare un voto ampio - prosegue Vanni - la sua è l’unica candidatura credibile».
Quanto alle possibili alleanze, lo staff della mozione Franceschini è convinto di poter contare sui contenuti del "decalogo" presentato a suo tempo da Piero Fassino a Marghera. Strategia e programma sono già pronti, mancano solo i voti per i quali Causin e soci si appellano ai "padri fondatori", ovvero al popolo delle primarie che due anni fa stupì il mondo politico per la partecipazione al voto. In prospettiva, poi, c’è la prossima tornata elettorale dove saranno in palio la Regione e il Comune di Venezia.
Qui Vanni ha già "sparigliato", con il comitato Per una metropoli sostenibile che ha elaborato un nuovo programma di governo per la città. In Regione, invece, resta aperto l’invito lanciato da Fassino ad agosto a guardare all’area moderata per cogliere le possibili frizioni fra Lega e Pdl. Guarda caso, proprio ora si parla di una possibile corsa in proprio dei due partner di maggioranza. Proprio quello che la mozione Franceschini auspicava.

2.10.09

Esiti del congresso PD nel Veneziano: prevale la mozione Bersani

la Nuova di Venezia — 2 ottobre 2009
Prevale Bersani per 344 voti
Con il 48,68% dei consensi (2.184 voti), prevale la mozione Bersani al termine delle 77 assemblee dei circoli in vista del congresso nazionale del Partito Democratico veneziano. Distaccata di 7 punti la mozione di Dario Franceschini, con il 41.02% (1840). Su 6.549 iscritti, nei 77 congressi di circolo, hanno votato in 4.535 con una adesione del 69% e 4.486 voti validi.
«E’ tra le più alte d’Italia», spiega Rodolfo Viola, responsabile organizzativo del Pd. A Bersani sono andati 2.184 voti, 1.840 a Franceschini; Marino ne ha raccolti 462.
Nel Comune di Venezia, la mozione Bersani arriva al 59% contro il 29,38% di Franceschini e l’11,80 di Marino. In centro storico la mozione dell’ex ministro ottiene il 57,81% e a Mestre tocca il 65,64%. Per Franceschini, il risultato non cambia: 24,54% in centro storico e 24,34% in terraferma. Mentre la Marino in centro storico, grazie a Felice Casson, arriva addirittura al 17,66 per cento e vince nel circolo di San Marco.
Nel resto della Provincia la situazione è più diversificata: a sostegno di Franceschini si schiera l’area sud, con Chioggia in testa. Il Veneto Orientale si divide: a Portogruaro e Jesolo vince la mozione Bersani, a San Donà la Franceschini.
Divisa la Riviera del Brenta: Oriago e Dogaletto (qui con una percentuale «bulgara») si schierano con l’attuale segretario. Dolo invece sceglie l’ex ministro del governo Prodi, assieme a Mira Taglio, Borbiago, Piazza Vecchia.
Si dividono anche i circoli del lavoro: con Bersani il circolo trasporti e mobilità e la Fincantieri; con Franceschini il gruppo Veritas. Pareggio nel voto dei ferrovieri.
Ieri comunque nel Pd veneziano, nessun accenno alla sconfitta tra le mozioni minoritarie. I giochi veri saranno le primarie del 25 ottobre. «Il progetto politico proposto da Pierluigi Bersani è stato compreso e sostenuto con forza dagli iscritti. La grande partecipazione è il sintomo di un partito che vuole essere forza riformista del nostro paese, con un ruolo di governo che partendo dalle autonomie locali passi per la Regione e arrivi al governo del paese - dice Davide Zoggia, coordinatore provinciale della mozione Bersani - ora lavoriamo per una grande partecipazione alle primarie per una conferma della linea politica espressa da Bersani. Il nostro è un partito di iscritti e elettori». Quella della mozione Bersani «è stata una affermazione contenuta con una distanza molto ridotta e questo dimostra che la proposta di Dario Franceschini ha avuto riscontro e il partito è contendibile e si può avere un confronto politico che entra nel merito della proposta politica», avverte il parlamentare Andrea Martella della mozione Franceschini. «Sulle primarie abbiamo grandi prospettive, sarà una grande mobilitazione di iscritti ed elettori che possono sostenere la costruzione del partito». Infine la mozione Marino. «Superiamo in città il 10 per cento e in Regione arriviamo al 12 per cento. E’ un risultato soddisfacente», dice Felice Casson. E Marta Meo aggiunge: «A San Marco abbiamo vinto, ottime le percentuali a Dorsoduro e Mestre Centro. Abbiamo appeal nei centri urbani e questo ci mette in pista in vista delle primarie».
Soddisfatto il segretario provinciale Gabriele Scaramuzza: «Questa stagione rafforzerà il partito. Adesso lavoriamo per una partecipazione di massa alle primarie. Andremo anche a redigere con gli iscritti la tavole comune di contenuti e programmi».
- Mitia Chiarin
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Il Gazzettino Venerdì 2 Ottobre 2009
Gli ultimi due congressi si sono svolti mercoledì sera a Fiesso d’Artico e a Pianiga: nel primo ha vinto Bersani (29 voti contro i 5 di Franceschini e i 7 di Marino), nel secondo Franceschini (7 voti contro i 6 di Bersani e i 5 di Marino). Sommati questi risultati a quelli ottenuti nei circoli di Veritas (dove Franceschini ha stravinto), Fincantieri (en plein per Bersani), Marghera (vincente Bersani per 65-18-6) e Caorle (plebiscito per Franceschini), ieri sera finalmente si è tirata una linea e si son fatte le somme.
I dati definitivi del congresso del Partito democratico nella provincia di Venezia sono i seguenti: su 6.549 iscritti si sono recati alle urne in 4.535, pari al 69%. Vince Pier Luigi Bersani con 2.184 voti (48,68%). Secondo Dario Franceschini con 1840 voti (41,02%). Terzo Ignazio Marino con 462 voti (10,30%).
I bersaniani cantano vittoria: «Il progetto politico del Pd proposto da Pierluigi Bersani - dice il coordinatore della mozione Davide Zoggia - è stato compreso e sostenuto con forza dagli iscritti al nostro partito. La grande partecipazione è il sintomo di un partito che vuole essere forza riformista nel nostro paese con un ruolo di governo che partendo dalle autonomie locali, passi per la Regione e raggiunga il Governo nazionale». I franceschiniani sostengono che, pur arrivati secondi, in provincia di Venezia la situazione è di sostanziale parità: la mozione Franceschini avrà cinque delegati tanto quanto i cinque della mozione Bersani (uno solo per Marino).
E qui bisogna spiegare che il congresso che ha tenuto impegnato il Pd per un mese di fatto finisce in un cassetto perché adesso comincia tutta un’altra storia. Questa: nei 77 congressi finora svolti sono stati eletti 330 delegati. Questi 330 si riuniranno domani per eleggerne 11 (con rapporto di forze tra le mozioni 5-5-1) , i quali 11 andranno a Roma dove, assieme agli altri eletti in tutta Italia, certificheranno che i tre candidati - Bersani, Franceschini, Marino - hanno superato la soglia del 5% dei voti e quindi sono tutti e tre candidabili alle primarie. Fatto questo passaggio, si azzera tutto. I 330 delegati e gli 11 che saranno eletti domani "muoiono". Così come non contano più i risultati ottenuti nei congressi dei circoli.
Si riparte da zero e l’appuntamento è per il 25 ottobre, il giorno delle primarie: voteranno gli iscritti e voteranno anche i non iscritti al Pd. In quel giorno si darà una preferenza al candidato segretario nazionale, al candidato segretario veneto e si eleggeranno altri delegati (14 per la provincia di Venezia). Il ruolo di questi nuovi delegati è così spiegato: se nessuno, né Bersani né Franceschini né Marino (ma vale anche per Filippin, Causin e Casson), prende alle primarie il 50% più uno dei voti, la palla torna a Roma: saranno i delegati eletti il 25 ottobre a trovarsi in una successiva riunione e a decidere tra i due più votati chi fare segretario. Un congresso che è l’emblema della semplicità, non c’è che dire...
Al.Va.

1.9.09

Scaramuzza, Causin, Tiozzo, Zoggia, Stradiotto e Murer a Mirano per le dimissioni di Semenzato

la Nuova di Venezia — 01 settembre 2009
«Vergogna-vergogna», ring in piazza


MIRANO. Da un lato i militanti del Pd che scandiscono lo slogan «ver-go-gna-ver-go-gna», dall’altro il sindaco Roberto Cappelletto che, uscendo dal municipio, si prende per alcuni minuti il palco della protesta: «Voi vi dovete vergognare, che state strumentalizzando questa faccenda». Tutt’intorno i clienti del mercato settimanale di Mirano. Passano, guardano, si informano.
Quelli del Pd si sono trovati alle 10.30 all’ingresso del municipio, dalla parte di piazza Martiri, per chiedere le dimissioni del vicesindaco della Lega Nord Alberto Semenzato, responsabile del pagina Facebook «Lega Nord di Mirano» su cui è comparso il manifesto «Immigrati clandestini: torturali! E’ un tuo diritto». Lui da giorni si difende sostenendo di essere la vittima di un complotto: qualcuno avrebbe inserito quel manifesto a sua insaputa, dopo avergli rubato la password d’accesso al computer. Il Pd non ci sta, perché, ribatte «la sua versione non è credibile».
Ieri i militanti hanno gridato il loro sdegno in faccia al sindaco, e Cappelletto non ha avuto timore a rispondere, in un acceso scontro verbale in un lunedì di mercato particolarmente affolatto dopo le ferie di agosto. Non si è visto invece il vicesindaco della Lega, principale bersaglio della manifestazione, che da alcuni giorni preferisce stare nell’ombra.
Per invitarlo a fare un passo indietro ieri sono arrivati a Mirano i vertici regionali del partito: il senatore Marco Stradiotto, la deputata Delia Murer, i consiglieri regionali Andrea Causin e Lucio Tiozzo, l’ex presidente della Provincia, Davide Zoggia, il coordinatore provinciale Gabriele Scaramuzza, gli esponenti del Pd miranese e con alcuni militanti di base e altri esponenti del centrosinistra e dell’opposizione politica a Mirano. Uno schieramento di forze al quale, sabato 5 settembre, potrebbe aggiungersi il segretario nazionale Dario Franceschini.
I responsabili regionale del partito stanno cercando di portarlo a Mirano per lanciare un segnale forte, perché, come dicono, «questa città si trasformi un simbolo della lotta al razzismo». Chiaro il messaggio lanciato ieri dal Pd: «Semenzato dovrebbe dimettersi a scopo cautelativo, fino a quando non sarà l’inchiesta della magistratura a fare chiarezza su quanto accaduto». E se Semenzato fosse davvero innocente? Se fosse stato veramente beffato? «Ma come ha fatto a non accorgersi di quel manifesto? - risponde Causin - come mai nessuno dei leghisti iscritto al gruppo di Semenzato si è mai accorto di quel manifesto? La verità è che quel messaggio appare comunque verosimile, perché negli ultimi mesi questo comune ha emanato una serie di ordinanze che minano la convivenza civile tra noi e gli immigrati».
Per Stradiotto, che quand’era sindaco di Martellago ha amministrato anche con la Lega, «il sindaco dovrebbe ritirare le deleghe a Semenzato, perché nel suo ruolo istituzionale di vicesindaco ha commesso un grave errore». Cappelletto non lascia correre: «Usano la menzogna come arma politica, noi abbiamo preso le distanze da quel manifesto, messo da chi vuol male a questa amministrazione, e abbiamo già denunciato l’episodio alla Polizia postale».
(Francesco Furlan)

3.8.09

1.8.09

PD Veneto: Rosanna Filippin Andrea Causin e Felice Casson a proporsi come eredi di Paolo Giaretta

la Nuova Venezia — 01 agosto 2009
Pd Veneto, sfida a tre per la segreteria

Renzo Mazzaro
VENEZIA. Certo che sono bravi a fare le pentole senza i coperchi, pur non avendo niente di diabolico, questi sindaci veneti del Pd. Si fanno in quattro, letteralmente, per indicare un programma di rilancio attorno ad un candidato segretario regionale, da votare tutti insieme per ridare credibilità all’alternativa di centrosinistra nel Veneto, e il giorno dopo patatrac. Il candidato non è più lui. E non sarà neanche unitario. Al vedo tra Veneto e Roma, i quattro sindaci più importanti del Pd - Massimo Cacciari di Venezia, Flavio Zanonato di Padova, Achille Variati di Vicenza e Fausto Marchiori di Rovigo - rimediano un ceffone. Possiamo pure non definirlo sonoro, nel senso che gliel’ha dato ha cercato di affibbiarlo mezzo di nascosto, quasi che non si vedesse, o almeno non facesse rumore. Una sberla veloce, più che uno sberlotto esemplare, come facevano i genitori con i figli discoli. Mettiamola come vi pare, certo non è una carezza. Il candidato segretario regionale proposto dai 4 sindaci, il vicentino Stefano Fracasso, ha vissuto lo spazio di un pomeriggio. Era partito per le vacanze in Francia con la candidatura unitaria in tasca, tornerà retrocesso a professore di chimica, mestiere che gli dà da vivere.
Al suo posto il coordinamento nazionale dell’area Bersani indica Rosanna Filippin, vicentina, uno dei 5 nomi che il “pensatoio” veneto aveva comunque suggerito. Bilancio: vincono i parlamentari, perdono i sindaci, unico riferimento visibile del Pd nel territorio.
«Non mettiamola così», si ribella Margherita Miotto, deputato della componente Bindi, che ha dato l’ok assieme ai colleghi Gianni Dal Moro e Filippo Penati: i tre costituiscono il «tavolo di coordinamento nazionale» della mozione Bersani, considerata maggioritaria (ne consegue che la Filippin ha l’elezione già in tasca). «Non mettiamola così, perché non è andata così», insiste la Miotto. E com’è andata allora? «Il nome era tra quelli indicati dal territorio; per esigenze di immagine nazionale occorreva puntare su una donna; soprattutto l’appello dei sindaci era nato da un equivoco».
Quale? «A loro risultava che il Veneto dovesse andare ad un candidato dell’area Letta, mentre non è mai stato così». A che area appartiene la Filippin? «Alle primarie era con la Bindi, al congresso provinciale è stata candidata da tutti, adesso ha scelto l’area Bersani». Geografie di partito, per gli appassionati. Fin qui la Miotto. Va aggiunto, per sminuire l’impatto del ceffone, che almeno due sindaci su quattro erano d’accordo nel cambiare cavallo: Variati e Zanonato. Di Cacciari e Marchiori non si sa, ma se non protestano come minimo non si erano appassionati alla scelta. Laura Puppato ha chiuso il cerchio, ritirando la sua candidatura. Opplà, gioco fatto per l’area Bersani.
Ma non per la componente di Ignazio Marino, che proprio sulla candidatura Puppato aveva puntato le speranze per una prospettiva unitaria. «Ci siamo resi conto che una parte importante dell’elettorato sarebbe rimasta non rappresentata nel Pd, così abbiamo deciso la mia candidatura», spiega Felice Casson, che giorni fa la escludeva.
Terzo, ma non certo in ordine di arrivo, il candidato dell’area Franceschini, Andrea Causin, consigliere regionale, soprannominato Fullio a Martellago, da cui il suo blog www.fullio.it. «Questa situazione nasce dalle incertezze e dalle divisioni nell’area Bersani, ma è giusto così». Quanto contate nel Pd veneto? «Noi contiamo di vincere», risponde gasatissimo. E volete che non ci conti la Filippin? «Io me l’auguro ma niente è sicuro, qui le cose possono cambiare nel giro di una notte» risponde con più saggezza la candidata di Bassano. Forse pensa alle veline di Berlusconi, estromesse in una notte, dopo la lettera di Veronica all’Ansa. Con lei, in una notte, è successo il contrario. Certo che vincere nel 2010 sarà un altro paio di maniche: il Pd parte dal 19,8%.
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L'assessore all'urbanistica di Bassano del Grappa

Rosanna Filippin, 46 anni, avvocato di Bassano del Grappa, da due anni coordinatore del Pd vicentino, da una trentina di giorni assessore comunale all’urbanistica in una giunta con un sindaco dell’Udc. Formatasi nell’associazionismo cattolico, è stata presidente della Azione Cattolica. Nel 1995 è stata eletta consigliere comunale per il Ppi, di cui è stata anche capogruppo. Dal 1999 al 2001 ha partecipato alla costruzione di «Insieme per il Veneto».
Il pubblico ministero prestato alla politica

Felice Casson, 56 anni, senatore, è candidato alla segreteria regionale del Pd per la mozione di Ignazio Marino. Casson è nato a Chioggia il 5 agosto 1953. Si è laureato in giurisprudenza a Padova, ha lavorato in magistratura, è stato pm di inchieste molto note. Ha lasciato la magistratura nel 2005. Alle elezioni politiche del 2006 è stato eletto in Senato, come indipendente, tra le fila dei Ds. Attualmente è senatore della repubblica nel gruppo del Pd.
Il consigliere regionale nell'esecutivo di Veltroni

Andrea Causin
, 36 anni, consigliere regionale, candidato per la mozione di Dario Franceschini. Sposato, un figlio, vive a Martellago. E’ entrato in Regione nel 2005, si occupa in particolare di temi legati al welfare, alle politiche del lavoro e alle attività produttive. Nel novembre 2007 è stato chiamato da Veltroni a far parte dell’esecutivo nazionale del Pd, dal quale è poi uscito. Dal 1999 al 2002 era stato segretario nazionale dei giovani delle Acli.

29.7.09

Stefano Fracasso: dopo Puppato (e Causin, Meo, Stradiotto) spunta un'altra ipotesi di candidatura unitaria

Il Gazzettino Mercoledì 29 Luglio 2009

VERSO IL CONGRESSO
«Un sindaco segretario del Pd del Veneto»
Variati, Cacciari, Zanonato e Merchiori propongono Fracasso (fino a giugno primo cittadino di Arzignano)

Non si può continuare alla spicciolata. È meglio che il Pd assuma un aspetto unitario, almeno in Veneto. E l’unica figura che può garantire la coesione, perché attento ai sospiri della società, è quella del sindaco. Così per riportare ordine tra i democratici divisi in tre correnti che si giocano la segreteria nazionale e veneta, scendono in campo quattro sindaci di peso: Massimo Cacciari (Venezia), Achille Variati (Vicenza), Flavio Zanonato (Padova) e Fausto Merchiori (Rovigo) con un loro nome per la segreteria veneta: Stefano Fracasso, 45 anni, insegnante di liceo, guarda caso sindaco di Arzignano (Vicenza) dal 2004 al 2009. Non dire gatto se non l’hai nel sacco. Se ne ricorderanno di questo proverbio Marco Stradiotto, Piero Ruzante e Laura Puppato. Nelle ultime settimane i tre democratici sono stati al centro del dibattito nel Pd del Veneto in vista del congresso di ottobre, dopo quello nazionale. Ma come neve al sole, il trio sembra svanito. Comunque, poiché il termine per la presentazione delle candidature scade venerdì a mezzanotte, c’é tempo per vederne ancora delle belle, per assistere a salti mortali e a cambiamenti di opinione come è avvenuto per Massimo Cacciari, sindaco di Venezia. Anche in periferia come, al centro, si stanno dando battaglia tre candidato forti, ognuno con la propria visione di ciò che dovrà essere il partito: Dario Franceschini, Pier Luigi Bersani e Ignazio Marino. In Veneto la gara si è complicata, soprattutto nell’area che fa riferimento a Bersani. Per Franceschini, con piena sintonia in tutta la "corrente", il più gettonato sembra essere il consigliere regionale Andrea Causin. Nella componente di Marino, non è ancora stata fatta una indicazione chiara; ovvero i due referenti veneti del cardiochirurgo prestato alla politica, i "piombini" Felice Casson e Marta Meo, hanno tentato si sparigliare le carte andando a pescare un’ipotesi di candidatura, a loro dire unitaria, nel campo avversario: Laura Puppato, sindaco di Montebelluna (Treviso), portabandiera di Bersani, che ha ottenuto un onorevole risultato alle ultime europee. Una forzatura dei "piombini" che ha indispettito i "bersaniani" di altre province che hanno atteso qualche giorno per poi scendere in campo in forze e mettere cappello, riprendendo una posizione centrale e propositiva grazie alla coesione che il Pd ha sia a Padova che a Vicenza. Un passo indietro. Il nome di Stradiotto era scaturito da un accordo tra il popolare Letta e il Ds Bersani. Poi i "piombini" hanno messo sul tavolo la «proposta unitaria» della Puppato, bocciata dal deputato padovano Margherita Miotto e dal sindaco di Padova Zanonato che ribatteva con l’ipotesi Ruzante. Per la Puppato si è speso anche Cacciari per una evidente sintonia di ruolo, ma ora per il primo cittadino di Montebelluna la strada è chiusa, sostenuta solo da una parte Pd di Treviso. Il caos imperversa. C’é bisogno di ricomporre le fratture e dare prova di un Pd del Veneto che sa costruire qualcosa di unitario. È proprio per la sintonia di ruolo, che Cacciari avrebbe accettato di firmare un documento comune con gli altri tre colleghi con la sponsorizzazione trasversale di Fracasso che sindaco è stato (promemoria: il popolare Variati è pro-Bersani, al contrario del collega Merchiori che appoggia Franceschini, l’ex ds Zanonato voterà per Bersani, Cacciari va annoverato tra gli spiriti liberi). Una iniziativa la cui spiegazione va ricercata, lo spiega lo stesso interessato che accetta la candidatura, «nel ruolo del sindaco, l’unico che può andare oltre il recinto del partito, presentandosi con idee per risolvere i problemi del cittadino». (Inciso: perché i franceschiniani dovrebbero accettare un candidato unitario? Meglio andare al confronto). Così dopo il movimento dei sindaci, si apre la strada al segretario-sindaco (ex). Un progetto, scrivono Cacciari-Merchiori-Variati-Zanonato, «che pone il Veneto come la frontiera più avanzata di sperimentazione dei processi di trasformazione del Paese». Anche in politica. Attraverso «le città che devono tornare protagonista dello sviluppo veneto e italiano e che sempre più rappresentano per i cittadini non solo un riferimento ma anche un modello amministrativo».
Giorgio Gasco

28.7.09

Tra Causin, Stradiotto, Meo spunta l'ipotesi della candidata unitaria Puppato

LA NUOVA VENEZIA MARTEDÌ, 28 LUGLIO 2009
Regione Cacciari candida la Puppato a governatrice
«È la persona giusta anche per guidare il partito. E per le primarie dicembre è tardi»

VENEZIA. Laura Puppato segretario regionale del Pd. E candidata del centrosinistra alle Regionali 2010. Il sindaco Massimo Cacciari rompe la breve tregua che si era dato e torna a parlare di politica, entrando a gamba tesa sul tormentone che agita ex diessini e margheriti tutti contro gli altri armati anche nella propria componente. Un appello quello lanciato ieri dal sindaco filosofo ai grandi capi del suo partito e ai suoi collghi del Veneto che a vario titolo hanno storto il naso di fronte all’ipotesi, lanciata dal senatore Felice Casson di una candidatura «super partes» come quella della sindaca di Montebelluna.

«Vedo una grande agitazione sul congresso del Pd», attacca Cacciari, «ma poca chiarezza. Proprio per questo occorre che alla guida del Pd regionale ci sia una figura nuova, in grado di introdurre una sostanziale novità anche nei rapporti con le altre forze politiche che sono in attesa di sapere cosa vogliamo fare».
«Come esperienza amministrativa, radicamento nel territorio, età e capacità dimostrata, oltre che per il grande risultato ottenuto alle Europee di giugno, mi pare che la persona giusta sia proprio lei, Laura Puppato».
Quanto alla cordata da scegliere per il segretario nazionale, Cacciari non si schiera.
«Non sono in grado di decidere, perché nessuno dei due ha parlato di programmi. Vedrò. Marino non lo conto perché ne ho grande stima, ma lui non è un candidato vero alla segreteria. Non si può costruire una candidatura monotematica».
Infine, le primarie.
«Dicembre è troppo tardi, i nostri candidati avranno poco tempo per la campagna elettorale. Bisogna fare le primarie in novembre. E tenere ben distinta la campagna per il segretario del partito da quella del sindaco. Con un percorso ben costruito e solido. E un candidato che non venga dai partiti».

(Alberto Vitucci)

18.7.09

Andrea Martella, Franca Donaggio e gli altri dirigenti del PD veneziano:gli schieramenti precongressuali

la Nuova Venezia — 18 luglio 2009
Pd verso il congresso, ecco con chi stanno i nostri big
Mitia Chiarin

VENEZIA. Entra nel vivo il congresso del Partito Democratico. Martedì si chiude la prima tappa. Vale a dire la campagna di tesseramento congressuale: solamente chi s’iscrive entro il 21 luglio potrà contare al fine dell’elezione dei candidati alle primarie di ottobre. L’obiettivo del gruppo dirigente veneziano è il raggiungimento di quota cinquemila tessere. Un traguardo comunque ben lontano dalla somma delle tessere che raccoglievano Ds e Margherita: circa 9 mila. I big veneziani del partito sono divisi tra Bersani e Franceschini. L’ex ministro diessino sembra il più «gettonato», ma con Franceschini si sono schierati parlamentari e sindacalisti. Anche Cacciari sembra preferire la candidatura di Dario.

Sfida tra dirigenti, ma crisi d'iscritti
la Nuova Venezia — 18 luglio 2009

Martedì si chiude il tesseramento e nel Partito democratico veneziano tira aria di congresso, riproponendo nuove divisioni nel gruppo dirigente. Duecento iscritti negli ultimi giorni, la stima è di un 10 per cento di tessere in più al conteggio finale, raggiungendo quota 5 mila. Martedì scade il termine per iscriversi al Partito Democratico e poter così votare, con la propria tessera, al congresso nazionale del partito. Duecento nuovi iscritti in dieci giorni portano a quota 4.400 i tesserati in Provincia. La previsione è di un 10% di tessere in più, dice il deputato Rodolfo Viola, responsabile del tesseramento. «Per fortuna qui non assistiamo alla corsa a tessere fasulle, come avviene da altre parti. Certo puntiamo ad aumentare gli iscritti al Pd - dice - ma il monitoraggio del tesseramento in vista del congresso ci dice che noi viviamo una situazione tranquilla». E questo è un fatto positivo per il coordinatore provinciale Gabriele Scaramuzza che si prepara a gestire con un ruolo «volutamente super partes», avvisa, le nuovi divisioni dentro al partito. La previsione è di chiudere a 5 mila iscritti e il Pd è ben lontano dai 9 mila che sommavano i Ds (6.500 tessere il dato dell’ultimo tesseramento) e la Margherita prima della fusione. Il sostegno a Franceschini del sindaco di Venezia Massimo Cacciari non è ancora ufficiale. Il filosofo critica la mancata scelta di un partito federale e avvisa: «Aspetto di vedere i programmi». Mercoledì 22 luglio, doppio appuntamento a Mestre con le prime assemblee delle nuove correnti interne al Pd, che scompaginano le vecchie divisioni tra ex Ds e ex Margherita. I sostenitori di Pierluigi Bersani, annuncia Davide Zoggia, si riuniscono al Candiani. A sostenere l’ex ministro delle Attività Produttive nel governo Prodi è la parte maggioritaria del Pd veneziano. Oltre a Zoggia lo appoggiano il prosindaco Michele Mognato; il capogruppo in Comune Claudio Borghello; gli assessori comunali Laura Fincato e Sandro Simionato e il vicesindaco Michele Vianello. E poi il consigliere regionale Giampietro Marchese; il coordinatore comunale Alessandro Maggioni e il consigliere provinciale Lionello Pellizzer. Anche la deputata Delia Murer ieri ha confermato il suo appoggio. Sul fronte dei circoli, c’è l’adesione del coordinatore di Marghera, Cossidente. A favore di Dario Franceschini troviamo il deputato Andrea Martella assieme ad una parte dei Ds e a Pier Paolo Baretta, capogruppo Pd della commissione bilancio alla Camera; il segretario della Cgil metropolitana Sergio Chiloiro, dirigenti sindacali di area Cisl e Uil. L’associazione «A Sinistra» di Valter Vanni si riunisce sempre mercoledì sera, ma nella federazione provinciale di via Cecchini. «Ho ascoltato le parole di Franceschini e riascoltato quelle di Bersani - ha annunciato ieri Vanni della Direzione regionale - Mi sembra più convincente il primo e quindi mercoledì all’assemblea proporrò di sostenere la candidatura di Franceschini». A sostenere Franceschini il gruppo dei «fassiniani» con Franca Donaggio, Lucio Tiozzo e altri. A favore di Ignazio Marino, terzo nella corsa alla segreteria del Pd, si sono schierati ufficialmente il parlamentare Felice Casson e Marta Meo della segreteria regionale. Non intendono svelare le loro intenzioni, per ora almeno, l’assessore comunale ex Margherita Enrico Mingardi, il presidente della Municipalità di Mestre Massimo Venturini, l’assessore comunale Mara Rumiz e il consigliere comunale Roberto Turetta che critica l’attuale situazione: «Non mi interessano le guerre di bande ma il confronto sui contenuti».
la Nuova Venezia — 18 luglio 2009
«Scelgo Dario per costruire un partito nuovo e unitario»

«Sostengo la candidatura di Dario Franceschini perché credo abbia il profilo giusto e le qualità adeguate per riuscire in questa impresa. A lui chiedo di realizzare ciò che Veltroni non è riuscito o non ha potuto realizzare. Superando limiti e insuffcienze di questi ultimi due anni». Parla Andrea Martella della direzione nazionale del Partito Democratico, e uomo forte del Pd veneziano a Roma. Al congresso sosterrà Dario Franceschini e s’impegnerà a fondo perché «le diverse posizioni che si confronteranno al congresso dovranno guardare anche al futuro, mantenendo la capacità di affrontare unitariamente le sfide del 2010». Vale a dire le elezioni Comunali a Venezia e regionali. ma cosa si aspetta dal prossimo congresso del Pd? «Il congresso dovrà finalmente sciogliere i nodi del riformismo moderno e contestualmente avere un’organizzazione moderna. Mi auguro che così si possa uscire dalla caricatura di un congresso in cui ci si divide tra chi è per un partito solido e organizzato e chi no. Tutti dobbiamo contribuire alla costruzione di un partito di circoli, che sia radicato sul territorio, aperto a nuove energie e strutturato su base federale con ampia autonomia regionale». Il congresso per Martella dovrà anche «definire una volta per tutte l’identità del Pd e formulare una proposta capace di far uscire il paese dalla crisi, non solo economica, in cui versa». Sulla questione delle alleanze, Martella chiarisce che «si tratta di tenere insieme una vocazione maggioritaria con la capacità di costruire alleanze con chi condivide un programma riformista. Senza tornare indietro ad alleanze litigiose e non in grado di governare». Per questa ragione, conclude Martella «è fondamentale che il congresso sviluppi un confronto vero ed aperto sul nuovo progetto che il Pd intende sviluppare nella società italiana».
(m.ch.)

17.7.09

Andrea Causin: con Dario Franceschini, l'appello

Il 14 ottobre 2007 milioni di italiani si sono messi in movimento e insieme hanno dato vita al Partito Democratico. Con le primarie e le elezioni politiche abbiamo visto quanti altri con noi hanno raccolto la sfida del cambiamento, di apertura della nostra società e della politica, di rottura degli schemi rigidi e anacronistici del nostro paese.

Al tempo stesso abbiamo constatato come quel consenso non fosse una cambiale firmata in bianco, ma una fiducia da riconquistare e alimentare di giorno in giorno.

Per farlo serve un partito che sia al servizio dell'Italia e degli italiani, di tutti gli italiani. L’esatto contrario, cioè, della politica di divisione sociale e di difesa del corporativismo che porta avanti il governo Berlusconi.

L’Italia ha bisogno di uno sviluppo economico nuovo, che faccia crescere tutto il paese senza giocare sulle sue divisioni. Ha bisogno di mobilità sociale e di un sistema di welfare inclusivo, capace di rispondere e tutelare le nuove fasce di povertà e di insicurezza, a partire da quella del lavoro precario.

L’Italia ha bisogno di scelte lungimiranti. Come, di fronte alla crisi economica, Obama in America ha proposto un’idea nuova di sviluppo che fa leva sulla green economy, sul futuro e la solidarietà nazionale, così in Italia il Partito Democratico deve mettere in campo una visione coraggiosa e nuova della società: aperta, giusta, libera, solidale.

Perché questa visione sia credibile, serve coerenza nei comportamenti e nell’azione di governo e amministrazione della cosa pubblica. Solo con la coerenza tra le parole che diciamo ed i comportamenti che mettiamo in atto, riusciremo ad aggregare tutti quegli italiani che sono già in campo, in prima persona, a partite da quelli che – spesso in solitudine - in questi mesi si sono opposti alle disastrose politiche del governo. Dal mondo della scuola ai pensionati, dai dipendenti alle piccole e medie imprese, c’è un’Italia che ha bisogno di risposte, che ci chiede e vuole costruire nuove risposte.
Per fare tutto questo, per vincere la
sfida del cambiamento, dobbiamo costruire un partito radicato che risponda alle nuove esigenze della società. Non c’è contrapposizione tra partito delle primarie e partito strutturato. La rete dei circoli, per quanto fragile, ha tenuto in piedi il partito in questi mesi. Le Feste democratiche e de l’Unità sono vissute come momenti e spazi collettivi, politicamente caratterizzati ma aperti a tutti e “interessanti” per tutti. Dobbiamo pensare i nostri circoli come luoghi utili alla collettività, dove ragionare di politica ma anche in cui trovare risposte concrete, momenti di socializzazione e servizi utili. Dobbiamo valorizzare il loro lavoro e renderlo possibile, dando loro strumenti, attenzione e rappresentanza reale, non solo "compiti" da svolgere. Dobbiamo ripensare lo strumento delle primarie, che deve però rimanere anche per la scelta della leadership nazionale, senza gettare via “il bambino con l’acqua sporca”.

Ma soprattutto il PD deve darsi una nuova identità, una nuova appartenenza che superi le vecchie. Ci sarà un partito strutturato e radicato, solo quando il PD smetterà di essere un partito di ex, ma avrà costruito una nuova compiuta identità democratica. Quando arriveremo ad essere tutti, semplicemente, democratici.

Due anni fa abbiamo iniziato un cammino collettivo che ha dato vita al primo grande partito di questo secolo. A noi stessi e all’Italia abbiamo promesso una nuova stagione. Oggi, e' Dario Franceschini ad incarnare questa idea.

In questi pochi, difficili mesi alla guida del partito, e' stato capace di dare unità al partito, di usare parole chiare e compiere scelte nette e coraggiose. Dovrà continuare a farlo, dovremo aiutarlo a continuare a farlo, con determinazione e coerenza.
Con Dario Franceschini, con l'impegno diretto di tanti di noi, possiamo dare gambe al percorso del PD e costruire un futuro per il nostro partito e per il nostro paese.

Vinicio Peluffo, Federica Mogherini, Andrea Causin, Francesco Ori, Luca Rizzo Nervo, Giorgia Beltramme, Andrea Catena, Stefano Fancelli, Pierluigi Regoli, Fabio Santoro

16.7.09

Andrea Causin: manifesto dei trentenni per Dario Franceschini

Europa 16 luglio 2009
Noi under 30 con Dario

La nostra sfida è avvicinare alla politica chi è distante, i tanti nostri coetanei che la percepiscono come qualcosa di inconcludente da cui stare alla larga.
Ma il punto di partenza deve essere chi c’è: quei ragazzi e quelle ragazze che, con una scelta controcorrente rispetto alla propria generazione, hanno deciso che vale la pena di mettersi in gioco, di provare a cambiare il mondo partendo dal proprio quartiere. Ragazzi e ragazze che hanno nel proprio vocabolario parole come “militanza”, “territorio”, “passione”, “partecipazione”, che conoscono la fatica della politica.
Siamo una generazione che esiste. Nel Partito democratico, nei suoi circoli, sui banchi nei consigli comunali, provinciali e regionali, nei suoi organismi dirigenti. Uno straordinario patrimonio di energie, impegno, fantasia e senso di appartenenza. Un buon punto di partenza per praticare un ricambio generazionale che non sia solo una operazione mediatica. Per costruire un Pd innovativo e moderno che parta dai suoi giovani per conquistarne dei nuovi. Per parlare a chi nei circoli non ci ha mai messo piede, per intercettare le aspettative, i bisogni e le speranza di una generazione di cui facciamo parte, di cui condividiamo le ansie ma anche la voglia di futuro.
Vogliamo parlare a chi ha la nostra età, chiamarli ad un impegno diretto accanto a noi, vogliamo convincerli del progetto del Partito democratico: pensiamo alle migliaia di professionisti in maggioranza “under 30” che lavorano nelle aziende italiane confrontandosi quotidianamente con la flessibilità, a quei giovani di talento delle factory che portano avanti progetti culturali creativi, ai ricercatori universitari che per amore della scienza e dello studio, resistono in Italia con paghe da fame, ai tanti giovani che hanno smesso di studiare e lavorano duramente senza interessarsi di politica perché pensano che non discuteremo mai di quello di cui parlano la sera a tavola: le tasse, come arrivare a fine mese, l’affitto da pagare, un frigo da riempire,la speranza di costruirsi una famiglia.
Di fronte ad una società più povera e smarrita, più incerta e insicura, una parte largamente maggioritaria delle nuove generazioni corre il rischio di avere un triste primato: quello di avere meno speranze di futuro delle generazioni che l’hanno preceduta. Viviamo in un paese a bassissima mobilità sociale in cui è altissima la probabilità che il figlio di un operaio faccia lo stesso lavoro del padre, nel caso riesca ad averlo, un lavoro. Un paese in cui il reddito e le condizione economica della famiglia è decisiva più del merito e delle capacità, nel determinare quale sarà il percorso di studi, il lavoro, le opportunità che potranno avere nella vita.
Vogliamo un partito che sia innanzitutto partito della società: che valorizzi le idee e le istanze dell’Italia giovane e nuova, che studia, intraprende, rischia: mettendo ogni giorno in gioco un pezzo di futuro. E ci candidiamo ad essere noi lo strumento per poter parlare a questa Italia, e a questa generazione. Perché si tratta della nostra Italia. E della nostra generazione.
Quella che ha assunto la dimensione del suo esserci dopo che a Berlino era caduto il Muro, che ha scelto il partito quando i partiti erano messi alla gogna, ed è cresciuta con i Simpson e con le notizie delle bombe a Palermo e Roma. La generazione che conosce la rete e le reti, gli sms e l’i-Pod, usa i social network e ha confidenza con i nuovi linguaggi del nuovo tempo.
E per dargli voce e rappresentanza, dobbiamo immaginare e costruire un radicale e ambizioso programma di trasformazione del nostro paese, riforme vere, concrete, profonde, diritti nuovi, esigibili, universali, libertà di scelta e autonomia, pari opportunità e un nuovo welfare, un nuovo patto tra le generazioni.
Una Italia del merito e dei talenti, che ha il coraggio delle riforme. Che risolve i problemi, che non si perde negli infiniti giri di una politica inconcludente e fastidiosa. Una Italia che sceglie, anche a costo di scontentare qualcuno. Che sa rompere i legacci che negano le opportunità, che libera l’avvenire delle generazioni future, che muove assedio alle mille caste, casematte e cittadelle dei privilegi nazionali.
Abbiamo la presunzione di credere che questa Italia inizia dal progetto di governo del Partito democratico, abbiamo la certezza di dire che per costruire questo progetto è da noi che si deve partire, senza inventare nulla. Non contro qualcuno, non per chiudere ad altri ciò che chiediamo sia aperto a noi. Intendiamo assumere le responsabilità del tempo presente senza paura di sporcarci le mani, con la consapevolezza che non si fa politica per governare, ma si governa per cambiare.
Crediamo nella forza della green economy, come motore dello sviluppo che sconfigge la crisi. Vogliamo un sistema del lavoro in cui le garanzie si ampliano e le risorse che finanziano i diritti si redistribuiscono. Pensiamo ad una nazione delle autonomie e dei piccoli comuni, che sappia scommettere su politiche che scoraggino il fenomeno della urbanizzazione selvaggia e dello spopolamento della provincia, della campagna e della montagna. Crediamo nella modernizzazione del paese, attraverso le infrastrutture, le energie rinnovabili, le nuove tecnologie, lo sviluppo industriale che sa rispettare il territorio. Crediamo in una democrazia matura, bipolare e parlamentare. E vogliamo una legge elettorale nuova che ci dia un parlamento di eletti e non di nominati.
Le energie nuove per realizzare questo progetto ci sono: è la generazione che esiste e che vuole far vincere Dario Franceschini.
Per continuare a rinnovare il Partito democratico, facendone un luogo aperto ed accogliente, che non sia solitario ma che trovi nella sua vocazione maggioritaria la forza dello stringere alleanze di programma e non di cartello. Per governare, non solo per vincere.
Ci rivolgiamo a quelli che si sentono parte di questa generazione che abbiamo evocato, a chi da tempo sente sulle mani la fatica della politica, a chi ha da sempre il coraggio un po’ anticonformista di scegliere la sezione invece del bar, un volantinaggio invece di una partita di pallone, una cena con il circolo invece di una serata in discoteca. Sappiamo che sono tanti e che hanno voglia di esserci, in questo tempo, che a molti pare cupo, ma che invece è emozionante. Perchè è tempo di ricostruire lo spazio della partecipazione democratica, di suscitare intelligenze e disponibilità per proseguire la strada di un partito che costruisce il domani salendo sulle spalle di una storia che ci rende forti e non nostalgici.
È la strada del Partito democratico, che vogliamo percorrere con tanti di voi, condividendo le difficoltà, confrontandoci sul futuro, assumendoci le nostre responsabilità di uomini e donne che credono nell’impegno. Consapevoli che il congresso del Pd sarà solo una tappa, anche se fondamentale, di un viaggio che conduce ad una Italia nuova.

Andrea Causin , Giacomo D’Arrigo, Antonio Iannamorelli, Gian Luca Lioni, Luigi Madeo, Dario Marini

15.7.09

PD Veneto: comincia la corsa alla successione a Paolo Giaretta

LA NUOVA VENEZIA mercoledì 15 Luglio 2009


SEGRETERIA DEL PD


Tra Causin, Meo e Stradiotto una corsa a tre

VENEZIA. Per il congresso regionale del Partito Democratico di ottobre si profila una sfida a tre dopo la rinuncia del segretario regionale uscente Paolo Giaretta.


L’ex Ppi e senatore Marco Stradiotto dovrebbe correre per l’area Bersani mentre tra i fans di Franceschini si indica come candidato il consigliere regionale, anche lui ex Ppi, Andrea Causin. Marta Meo, del gruppo dei “piombini”, potrebbe invece scendere in campo per Ignazio Marino.

Intanto, con l’apertura della fase congressuale, cominciano ad arrivare in Veneto i candidati alla segreteria nazionale. Ad aprire le danze domani, alle 17.30 a Venezia sarà Ignazio Marino.

14.7.09

Marco Stradiotto: PD, necessario voltare pagina

Partito Democratico, La svolta necessaria
In questi giorni moltissime sono state le analisi avanzate da giornalisti, parlamentari, amministratori locali (giovani e meno giovani), iscritti e simpatizzanti del PD. In tanti hanno cercato di sviscerare le ragioni di un risultato elettorale deludente, sia alle europee che alle amministrative.
I dati sono, in effetti, impietosi. Certo, l’affluenza è scesa molto, ma come non riflettere sul fatto che solo il 26,1% degli elettori ha votato PD contro il 33,2% delle politiche del 2008. Se ci concentriamo sul Nord, in particolare sul Veneto e sulla Lombardia, constatiamo che il PD è diventato il terzo partito, molto distanziato da PDL e Lega. In Veneto siamo al 20,29% contro il 26,5% di un anno fa. Ciò significa che su 100 persone adulte che incontriamo in strada solo 14,7 hanno votato PD. È una situazione inquietante. In questi anni, soprattutto negli ultimi mesi, ho percepito che stavamo perdendo il nostro blocco sociale di riferimento. Molti degli elettori ci hanno preferito Berlusconi, Bossi, Di Pietro, Casini. Oppure semplicemente hanno scelto di stare a casa.
Perché? Quali sono le ragioni di questa disaffezione? Io ho provato a darmi delle spiegazioni che sintetizzo così.
1. Il partito della “crisi”
In tempi di recessione molti dirigenti del PD hanno come dato l’impressione di “tifare per la crisi”, quasi che l’aggravarsi del disagio sociale potesse tradursi in un vantaggio elettorale per noi. Questa percezione, più o meno diffusa, ha fatto sì che italiani preferissero a noi chi comunicava loro messaggi di speranza e di ottimismo. Berlusconi nascondeva (e nasconde) la reale portata della crisi. Nello stesso tempo, Berlusconi ha accarezzato (e accarezza) ogni giorno l’orgoglio degli italiani. I nostri imprenditori, gli operai, la gran parte dei cittadini italiani sanno che la crisi non è finita e sanno pure che è destinata a durare a lungo, ma non sopportano quei politici che sulla crisi speculano allo scopo di strappare qualche voto in più. Prima o poi i nodi arrivano sempre al pettine. Tuttavia, se il PD non modifica l’approccio alla crisi, rischia un ulteriore calo di consensi. L’assurdo è, infatti, che molti scaricano la responsabilità di questa contingenza economica non su chi la governa, ma sull’opposizione. Bisogna cambiare passo e argomentazioni.
2. Il partito “imborghesito”
Il PD sembra sempre più un partito di nicchia. Un partito elitario, distante da chi soffre, distante da quella parte di società che fra mille difficoltà sta tirando la carretta. Lontano dagli operai, dagli imprenditori, dai disoccupati, dai pensionati, dalle casalinghe. Da quelle persone che passano notti insonni perché temono di perdere il lavoro o per il fatto che i soldi non arrivano alla fine del mese. Da quegli imprenditori che non vedono un futuro per la propria azienda e temono di dover licenziare i dipendenti con cui hanno lavorato gomito a gomito per decenni. Da quei titolari di aziende che rischiano di perdere tutto perché le banche hanno chiuso le linee di credito o perché la pubblica amministrazione paga una fornitura, o un lavoro, dopo molto tempo, anche dopo un anno. Mentre il popolo sconta gli effetti della crisi sulla propria pelle, il PD affronta temi sicuramente importanti, ma con nessuna aderenza alla vita concreta delle persone. Come se il partito fosse di un altro pianeta, parliamo di DICO, di PACS, di Testamento Biologico. E poi ci chiediamo perché gli operai non ci votano più. Prima di discettare dei diritti giusti ma marginali, affrontiamo i diritti fondamentali: il diritto al lavoro, il diritto a una vita dignitosa, il diritto alla sicurezza sul lavoro e nella vita di tutti i giorni, il diritto a uno stipendio equo.
3. La tentazione della battuta e politica dell'immagine
Immaginare di battere Berlusconi ricorrendo alla battuta facile e alla politica dell'immagine è un suicidio. Inseguendolo su questa strada, visti gli scarsi mezzi mediatici a nostra disposizione, e la pochissima attitudine di molti (anzi moltissimi) nostri dirigenti al loro utilizzo, saremo sempre e comunque su un terreno che non ci appartiene. Con il risultato di esporci, ancora una volta, a sicura sconfitta. Dovremmo riflettere, e riflettere molto seriamente, sul fatto che l'unico che è riuscito, in tutti questi anni, a battere Berlusconi è stato l'antidivo Romano Prodi: uomo serio, preparato, tosto, che, tuttavia, non aveva sicuramente dalla sua la caratteristica di essere un bravissimo comunicatore televisivo. Riusciremo a vincere solo nel momento in cui smetteremo di scimmiottare "malamente" il modo di fare del centrodestra. Dobbiamo avere la forza e la capacità di proporre leader seri e preparati, portatori di obiettivi ambiziosi e messaggi mirati che riescano a proporre e, soprattutto, a far capire la linea del partito.
4. Poche risorse per i territori
Nei suoi primi due anni di vita, il PD è stato diretto in modo assolutamente centralista. La gestione Roma-centrica di un partito che si dichiarava “leggero” e di questa leggerezza si faceva perfino vanto è stata una scelta sbagliata. Organizzare manifestazioni, sostenere giornali di partito, letti peraltro da poche migliaia di cittadini, drena milioni e milioni di euro, ma lascia a secco le segreterie locali, provinciali e regionali. Serve una rivoluzione. Il finanziamento pubblico deve essere girato alle organizzazioni decentrate in base all'entità dei voti raccolti, investendo in modo proporzionalmente maggiore nelle zone dove abbiamo ottenuto i risultati più deludenti. È assolutamente necessario che il PD diventi un vero partito federale, con una sua autonomia nella gestione finanziaria e nella proposizione di temi che interessano i territori e i loro cittadini.
5. Una scarsa cultura d'impresa
I mondi produttivi, le PMI, l'artigianato, l'agricoltura, il commercio avvertono il PD come distante. Lo vedono più vicino al pubblico impiego, vicino a quelle categorie che, sempre più, l'opinione pubblica giudica "parassitarie" piuttosto che alle forze più dinamiche del Paese, quelle capaci di affrontare rischi e in grado di trainare l'economia. Il PD ha nel suo codice genetico, nonostante molti lo neghino, una certa diffidenza verso l'imprenditore, verso il padrone o il padroncino. Non sono trascorsi troppi anni da quando alcuni leader del nostro partito definivano i piccoli imprenditori del Nord "egoisti evasori". Secondo voi quegli elettori hanno dimenticato queste accuse? No, vi garantisco di no. Esiste ancora molta diffidenza nei nostri confronti. Diffidenza ulteriormente accentuata dalla percezione di una vicinanza del PD anche alla grande impresa o a qualche illustre banchiere italiano. Chi rischia e suda tutti i giorni ha l'impressione che il nostro Partito sia amico solo di quella parte del Paese che, in giacca e cravatta, sfrutta quelli che, con la tuta da lavoro, si sporcano le mani per guadagnare la pagnotta. In questo schema è chiaro l'operaio voti con più probabilità la Lega o il PDL piuttosto che noi. Riflettiamoci.
6. La sicurezza tradita
I cittadini hanno paura. Quali che siano i dati sulla sicurezza, questa percezione è una realtà. Proviamo a frequentare le stazioni, i metrò, i mezzi pubblici, le aree più degradate e periferiche delle città italiane. Cerchiamo di comprendere lo stato d'animo di donne che vivono attimi di vero e proprio panico e che, quando arrivano a casa, accendono la tv e si trovano inondate da un'infinità di notizie che raccontano di fatti criminali accaduti nel corso della giornata. Che messaggio diamo noi, come partito, a queste persone? Normalmente siamo sulla difensiva: difendiamo i giudici che magari hanno lasciato a piede libero un delinquente o inflitto una pena irrisoria al "mostro" di turno. Così i cittadini, a torto o a ragione, preferiscono chi ha buon gioco a proporre la linea dura: senza distinguo, senza spiegazioni, senza argomentazioni sui limiti del nostro sistema penale. Certo, su questo terreno noi del centrosinistra ci portiamo dietro il fardello dell'indulto approvato nell'agosto di tre anni fa. Ci vorrà tempo per cancellare dalla memoria degli elettori questa responsabilità (votata anche da Forza Italia, ma in pochi lo ricordano) e per proporre un messaggio netto in grado di conciliare sicurezza e lotta all’esclusione sociale, rispetto delle regole e certezza del diritto.
7. Immigrazione, troppa confusione
L’immigrazione sposta oggi consensi e muove sensibilità. I populisti agitano questo tema, e la lotta ai clandestini, per ottenere facili vittorie elettorali. Eppure, al di là delle strumentalizzazioni, sappiamo tutti che si tratta di un fenomeno epocale frutto delle migrazioni di popoli sfruttati e maltrattati. Persone che scappano dalla morte e dalla fame, per cercare di sopravvivere e di garantire un futuro ai propri figli. Il PD in questi anni ha tenuto la posizione più corretta e razionale. Ma la stragrande maggioranza dei cittadini non l'ha compresa o non l'ha condivisa. Mi è capitato spesso di parlare con nostri connazionali che hanno, in passato, vissuto l'esperienza dell'emigrazione. Ti aspetteresti persone tolleranti che capiscono e accettano il fenomeno. Invece, in molti chiedono rigidità e tolleranza zero. Questo soprattutto perché non concepiscono che "l'ospite" non rispetti le regole del Paese in cui si trova a vivere e perché ricordano che a loro non era concesso "nulla": bastava uno sgarro e subito erano rispediti a casa. Su questi temi il PD si è dimostrato incapace di comprendere che a pagare la mancanza di sicurezza e di regole sono stati soprattutto i più deboli, le persone che svolgono i lavori più umili, che si spostano sui mezzi pubblici, che frequentano gli ospedali. Che risposte diamo? Non possiamo fermarci alle enunciazioni di principio. L’integrazione deve essere la nostra unica parola d’ordine. Integrazione fatta di diritti ma anche di doveri. Primo fra tutti quello di rispettare le leggi italiane e di conoscere la nostra lingua e le nostre abitudini. Senza scommettere su questo tipo di integrazione saremo sempre sopraffatti dalla Lega che propone soluzioni inefficaci e razziste ma che almeno parla ai cittadini più deboli e dice loro esattamente quello che si aspettano di sentirsi dire.
IMPERATIVO: CAMBIARE!
È indispensabile voltare pagina. È indispensabile che la politica si avvicini ai reali problemi dei cittadini. Da qui deve ripartire il nuovo PD. Servono leader coraggiosi. Servono chiarezza, lealtà, trasparenza. Occorre spezzare l'equazione secondo cui politica significa opacità, slealtà, falsità, incoerenza. C’è bisogno di più umiltà e di una maggiore disponibilità nei confronti degli elettori e dei cittadini. Sul piano dei contenuti, dobbiamo ripartire dalle difficoltà dei più deboli, superando la vecchia divisione per classi, elaborando risposte concrete per tutte quelle persone che orgogliosamente stanno andando avanti fra mille difficoltà. Dobbiamo smetterla di frequentare i salotti, andiamo nei luoghi di lavoro, nei posti di ritrovo, nelle sedi delle associazioni di categoria. Troviamo soluzioni reali alle paure, all’immigrazione, alla criminalità, alla crisi. In tema di lavoro cambiamo passo e troviamo il coraggio di riconoscere che il rischio d'impresa non è sufficientemente considerato nel nostro Paese e dal nostro partito. Cerchiamo di stare alla larga dalla politica della battuta e dalla tentazione di dichiarare qualcosa tutti i giorni solo per finire sulle agenzie o sui giornali. Costruiamo piattaforme programmatiche articolate nell’impostazione ma semplici nella traduzione dei nostri messaggi. Cerchiamo per ogni problema una risposta chiave, sintetizzabile in poche parole, e realizzabile davvero. Rimettiamo in piedi un partito realmente federale che lasci autonomia finanziaria e politica ai singoli territori.
Abbiamo 100 giorni per proporre alla nostra gente il Partito che vogliamo. 100 giorni per costruire, finalmente, il nuovo PD.

Marco Stradiotto

9.7.09

Alessandro Maggioni: il punto della situazione sul PD veneziano


Guardiamo avanti
Ho letto e ascoltato con curiosità ed interesse le dichiarazioni post elettorali di questi giorni ed ho pensato che fosse arrivato il momento di condividere qualche mia riflessione per fare il punto rispetto ai risultati delle elezioni ma soprattutto per dare un contributo all’ormai aperto dibattito congressuale e al futuro del PD.
Sono convinto che se davvero si vuole costruire con solidità il PD del futuro si deve innanzitutto analizzare con serietà il risultato elettorale cercando di non applicare il tradizionale metodo analitico della politica per cui alla fine vincono tutti e non perde mai nessuno. E allora mi pare fin troppo evidente che usciamo da una tornata elettorale dalla quale emergono veramente pochi elementi dei quali rallegrarsi. Sento affermazioni, sia a livello nazionale sia a livello locale, che raccontano che abbiamo tenuto, che non siamo poi andati così male, che siamo riusciti ad invertire la tendenza… io credo si debba dire senza timori che abbiamo perso! Certo, per non voler a tutti i costi vedere tutto il bicchiere vuoto, possiamo dire che a livello nazionale il PD non ha avuto il crollo che molti paventavano e che ci avrebbe portato a chiudere l’esperienza del nostro partito. Ma mi pare che le soddisfazioni, se possiamo chiamarle tali, finiscano qui; cosa potremmo dire del resto di fronte ai numeri? A livello nazionale perdiamo 4milioni di voti e a livello Veneto ne perdiamo 700mila. Abbiamo tenuto??? Non è andata poi così male??? La cosa che più mi preoccupa non è tanto aver perso, ma il fatto che non si voglia vedere con oggettività il risultato; un comportamento che nasconde il rifiuto di prendere in considerazione il fatto che forse bisogna cambiare qualcosa, far tesoro degli errori e non “chiudersi nel fortino” per mantenere quello che si ha, quasi impauriti dall’avanzata del “nemico”… E’ la vecchia logica del “meno siamo meglio stiamo”, ma è una logica sbagliata! E’ quella logica che ci farebbe stare per sempre all’opposizione, è quella logica che proprio la nascita del PD voleva, e vuole (!), cancellare. Il progetto del PD era quello di un grande partito di popolo che si candidasse con convinzione al governo del Paese, che presentasse alle italiane e agli italiani la novità per un grande rilancio. E allora se questo è ancora l’obiettivo e la convinzione di ognuno di noi, e per me lo è certamente, dobbiamo dirci perché siamo arrivati a questo punto e proporre i modi per rilanciare questo grande, indispensabile, progetto per l’Italia.
Mi pare chiaro che i motivi della sconfitta sono diversi, ma molti, ritengo, riguardino noi stessi. Tra gli elementi che considero cruciali, sottolineo che: non abbiamo tenuto fede alle promesse di base: gli organismi regolarmente eletti a livello nazionale, regionale e provinciale nelle primarie del 2007 non hanno mai avuto modo di lavorare veramente. In particolare il livello nazionale, che avrebbe dovuto dimostrare di credere davvero ai meccanismi messi in piedi, ha preferito promuovere da subito, secondo una vecchia tradizione, organismi paralleli (caminetti vari) la cui logica di composizione e funzionamento è sfuggita sempre ai più. Ciò ha comportato un rapido allontanamento di molti che eravamo riusciti a far avvicinare;non abbiamo saputo rinnovare la classe dirigente: non solo il PD non ha saputo valorizzare le molte forze che si erano avvicinate con le primarie per rinnovare e rigenerare le sue forze interne, ma anche nelle partite amministrative e politiche ha dimostrato pochissimo coraggio aprendo solo rari spazi a persone nuove. Anche quando questo è avvenuto non è certo stato in forza di metodi trasparenti e condivisi dal territorio, ma sempre per diretta incoronazione del segretario o al più dei vecchi gruppi dirigenti o per fortunati colpi mediatici;non abbiamo saputo prendere posizione su temi fondamentali: quasi mai in questi mesi è uscita una posizione chiara del PD sui temi di attualità politica: penso all’immigrazione, alla sicurezza, ai temi etici, ai referendum, alla legge elettorale. Non abbiamo saputo darci un’identità forte e chiara, ma abbiamo continuato a disorientare gli elettori cambiando idea ogni momento, senza conquistare mai quella funzione di guida che un partito deve avere rispetto alla soluzione dei problemi della società;non abbiamo costruito una opposizione sui temi politici chiudendoci troppo spesso in una sterile, e perdente, critica a Berlusconi e ai suoi comportamenti;non abbiamo avuto capacità di comunicazione: oscilliamo sempre e ancora tra il non dare conto delle buone politiche che mettiamo in atto e il fare campagne sugli slogan; vale a livello nazionale come a livello locale. Continuiamo a comunicare al meglio le nostre divisioni, a indebolire le cose buone e non riusciamo ancora a far capire quanto in entrambi i livelli abbiamo cambiato nel Paese, nei territori, nelle città con il nostro operato; serve comunicare i nostri risultati, ma soprattutto la valenza sociale delle nostre azioni;non siamo più radicati sul territorio: come dimostra l'analisi del voto, il PD tiene là dove le vecchie strutture di base sono ancora in grado di fare un serio lavoro di porta a porta, sia nel dialogo quotidiano che nella gestione delle campagna elettorali; tiene dove i circoli funzionano e lavorano quotidianamente a contatto diretto con le persone. Questi territori sono sempre più ristretti perché la società è cambiata, certamente, ma anche perché nessuno fa più lavorare i circoli nell’elaborazione delle linee politiche e programmatiche.
Accanto al crudo, forse parziale, elenco degli errori occorre muoverci per guardare avanti; abbiamo bisogno di tracciare un percorso e di compierlo, abbiamo bisogno di fare e di essere credibili. Io credo ci siano alcune cose indispensabili che devono essere attuate:rinnovare nel metodo e nelle persone: dobbiamo cambiare! Non possiamo più limitarci a dirlo, ora dobbiamo farlo! E chi lo dice deve anche assumersi la responsabilità delle affermazioni che fa e capire che il rinnovamento non può riguardare sempre gli altri. Non intendo confondere il rinnovamento con il nuovismo e il giovanilismo spesso evocato in questi mesi, ma è indiscutibile che oggi ci sia a tutti i livelli una classe dirigente che va rinnovata e rigenerata. Dobbiamo selezionare personalità fresche e qualificate per farle entrare a pieno titolo nella vita del PD come dirigenti e come amministratori, non solo per farli andare a Roma o a Milano una volta a votare cose già decise da altri;mettere al primo posto il merito nella selezione delle persone alle quali affidare incarichi di governo nelle amministrazioni e nelle società partecipate nelle quali governiamo o aspiriamo a governare. Merito è la parola che deve fare da stella polare nel PD come segno della differenza nella scelta della classe dirigente fra noi e il centrodestra. Non dobbiamo farci prendere la mano e scegliere d’istinto soltanto un’immagine… dobbiamo valorizzare la capacità, la competenza, la serietà, la moralità come unici criteri che possono far coesistere esperienza e novità, vecchi e nuovi, passato e futuro. E’ evidente la necessità di far emergere, ora, subito, le molte energie che da anni si allenano a bordo campo e sono tenute in panchina. Il territorio trabocca di persone intelligenti e preparate. Bisogna avere il coraggio di mettere in panchina chi ha guidato la squadra fino a qui e che non ha più le energie per combattere in prima linea e mettere in campo forze fresche, capaci di generare un colpo d'ala. Ai capitani di lungo corso, bisogna chiedere di restare vicino ai nuovi per sostenerli in un percorso certamente difficile, ma possibile, di rilancio del centrosinistra nel Paese e nei territori;realizzare davvero il partito federale: fermo restando che un partito nazionale deve condividere tutte le istanze di base che qualificano la sua linea politica, va dato ampio spazio ai livelli regionali, provinciali e territoriali del partito per sviluppare un lavoro aderente alle realtà locali.
Ciò significa, oltre ad avere Statuti e Carte dei Valori autonomi in ogni regione, avere risorse economiche da gestire a livello locale che consentano di organizzare il lavoro attraverso strutture capaci di gestire la complessità (segreterie, comunicazione, gestione della rete, ecc); dobbiamo avere la forza di gridare che vogliamo decidere qui cosa si deve fare nel nostro territorio e chi si deve candidare;ricostruire il radicamento sul territorio: restituire ruolo agli iscritti e ai simpatizzanti del PD definendo una metodologia di partecipazione trasparente e chiara. Per fare questo è necessario completare lo Statuto nazionale con un Carta della Partecipazione del PD nella quale siano chiariti i principi della partecipazione, i ruoli di tutti gli attori (cittadini, iscritti, eletti, circoli), le modalità di confronto, la gestione dei risultati;c ostruire piattaforme programmatiche: dobbiamo coinvolgere tutte le forze che nel territorio possono essere disponibili a collaborare per costruire insieme i nostri programmi, le nostre scelte sui territori, le nostre proposte: non solo i partiti politici più vicini al PD, ma anche tutte le Associazioni, i Comitati, i rappresentanti di categoria e i cittadini in qualunque forma organizzata e riconoscibile;tornare a parlare con tutte le persone: non tutti hanno la possibilità, la voglia e gli strumenti per intervenire attivamente nella vita politica. Oltre a tornare a studiare direttamente la società e la sua composizione, vanno perciò riscoperte e aggiornate tutte le modalità di rapporto con i cittadini: le feste popolari, la capacità di andare incontro alle persone nei loro luoghi di lavoro e di vita, dobbiamo tornare in piazza, dobbiamo avere i gazebi ai mercati, sempre.
Il punto che ci distinguerà a livello nazionale e locale, nella crescita del partito e nelle prossime sfide elettorali starà nei fatti, nelle metodologie di lavoro che sapremo attivare (partecipazione, confronto, dialogo, trasparenza, valorizzazione del merito) e nelle persone che metteremo in prima fila per assumere responsabilità di dirigenza e di amministrazione. Le scadenze imminenti che ci aspettano saranno davvero decisive nel misurare la serietà delle nostre intenzioni: il congresso e il rinnovo dell’amministrazione comunale. Sono due scadenze che segneranno il futuro del PD ed il futuro di Venezia.
Il futuro del PD
Ricostruire il lavoro di squadra: sono convinto che sia arrivato il tempo di archiviare le velleità di leaderismo per tornare ad una dimensione di squadra del partito; una dimensione che è molto più vicina alla tradizione della nostra parte politica, fatta di persone che credono nel confronto e nella discussione democratica. Dobbiamo imparare a decidere, certo, ma senza ridurre all'inesistenza chi ha un'opinione diversa (noi non tappiamo la bocca a nessuno!). Abbiamo bisogno di un’organizzazione forte, di un partito vero.Affermare la laicità del PD: solo la costruzione di uno spazio laico può consentire di impostare e promuovere politiche che mettano al centro l’uomo e la società, in particolare in una realtà sempre più dinamica e complessa come la nostra. Non ci servono dogmi nei quali rifugiarci, ma confronti in campo aperto, nei quali le diverse istanze possano esprimersi per costruire e promuovere il rispetto delle scelte individuali e lo sviluppo sostenibile della nostra società.Valorizzare le radici popolari del PD: vanno corretti e rivisti tutti i meccanismi statutari che rendono difficile e inconcludente la partecipazione ampia degli iscritti e dei simpatizzanti alla vita politica del partito. Accettando e analizzando i cambiamenti avvenuti nella nostra società vanno reinventati i luoghi e i modi del dialogo. Dobbiamo avere l’umiltà di capire che i vecchi strumenti di lettura della composizione sociale dell’Italia, dei suoi bisogni e delle sue energie non sono più sufficienti per capire la realtà e avere con le persone un rapporto diretto, franco e schietto.
Il futuro di Venezia:
Un grande progetto di città: in un quadro regionale, nazionale ed Europeo molto cambiato, Venezia ha bisogno di rinnovare i propri obiettivi di sviluppo (Porto Marghera che cambia, il turismo come comparto consolidato dell’economia, la cultura come eccellenza economica e sociale, l’ambiente come motore di crescita, il polo universitario come opportunità di valorizzazione delle capacità delle nuove generazioni, una moderna mobilità perno dello sviluppo omogeneo ed unitario tra città d’acqua e di terra, le infrastrutture e l’intermodalità per l’integrazione con le reti regionali e locali dei grandi assi di comunicazione est-ovest, di porto e aeroporto, ecc), e di riaffermare i suoi valori urbani come cuore dell’area metropolitana. Negli ultimi 15 anni la città ha saputo affrontare alcuni problemi in modo eccellente, rigenerando interi quartieri, riscoprendo i valori di alcune aree dimenticate, facendo crescere aree verdi qualificate, offrendo servizi alla persona di primo livello, ecc. Ora è necessario guardare avanti e fare un nuovo sforzo per costruire una qualità diffusa alle aree residenziali (migliorare la qualità energetica e funzionale dell’edilizia costruita tra gli anni ’50 e ’70), migliorare e aggiornare la rete commerciale, continuare il progetto di restituzione degli spazi pubblici alle esigenze degli abitanti (piazze, spazi di gioco sicuri, sosta per gli anziani, piste ciclabili, ecc), migliorare le infrastrutture per la mobilità di merci e persone, attuare tutti i progetti di bonifica, ecc
Venezia città dell’eccellenza: non di elite ma di eccellenza.
Venezia è già oggi un punto di riferimento mondiale della cultura, per la sua storia e per quel che nel corso di tutto il ‘900 siamo riusciti a costruire. Grazie alla sua eccezionalità Venezia ha una grande forza mediatica che spesso siamo riusciti a giocare anche in campo politico sostenendo da qui campagne per la pace, per l’ambiente ecc. Ora Venezia, grazie anche al suo ambiente straordinario e “grazie” ai nodi che la crisi mondiale sta portando al pettine del nostro modello di sviluppo, ha la possibilità di costruire il suo futuro basandosi su alcuni punti di eccellenza: la cultura, l’ambiente, le energie rinnovabili, etc. La città, in tutte le sue parti, ha la possibilità di presentarsi come città d’avanguardia della green economy.
Un Sindaco normale: che non vuol dire di basso profilo ma che viva la normalità, i problemi della città e delle persone, aperto, con una cultura e un approccio nuovo alle istanze del territorio. Il Sindaco che dobbiamo candidare nel 2010 dovrà essere una persona che sappia costruire e tenere intorno a sé una squadra dotata di competenze, di capacità di dialogo e di ascolto, di una visione strategica (la Giunta, la macchina comunale, le Municipalità, le società collegate). Non basta una persona sola al comando, per quanto brava. Abbiamo bisogno di applicare qui tutta la nostra capacità di valorizzare le energie che il territorio sa esprimere. Un Sindaco che, forte di tutto questo, sappia coniugare le scelte legate alla prospettiva di sviluppo della città, agli interventi di vivibilità quotidiana richiesti dai cittadini.