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29.10.08

Elezioni Provinciali, gli scenari: civiche e lista dei sindaci

Il Gazzettino 29 ottobre 2008

 

Venezia - Civici e sindaci. Pur con modalità diverse, i due opposti schieramenti che la prossima primavera si sfideranno a Ca' Corner stanno mirando allo stesso obiettivo: catturare il voto dei moderati. Per farlo si punta sui sindaci (e in genere sugli amministratori locali), ma soprattutto su persone estranee ai partiti che, vuoi perché esponenti delle professioni o in prima linea sul fronte dell'associazionismo, possono far presa sull'elettorato di centro. Una "campagna acquisti" non facile, visto che sia destra che sinistra si stanno di fatto facendo concorrenza. A sei mesi dalle elezioni (si parla del 7 giugno con eventuale ballottaggio il 21) la situazione è la seguente.

 

Il centrosinistra parte in vantaggio nel senso che ha già il candidato presidente: Davide Zoggia si ripresenterà con la coalizione che governa a Ca' Corner e ha avuto il mandato di allargarla. È Zoggia che si sta occupando di mettere in piedi una lista di "civici veri" - nome probabile "Progetto Provincia 2014" - e dunque ha bisogno di 36 candidati per ciascun collegio. Per alcune zone l'affiliazione con le civiche locali è facile: a Venezia centro storico sarà un candidato della Lista Salvadori, a Martellago un esponente della Lista Brunello. Per fine novembre dovrebbe esserci la presentazione. Saranno invece i singoli partiti a schierare in alcuni collegi amministratori locali. Nel caso del Pd non si escludono le primarie, anche se il ricorso alle urne interne del partito col tempo ha perso appeal e proseliti. I Verdi correranno da soli, rimetteranno in pista gli uscenti Da Villa, Favaro, Farina, rinviando alle Comunali del 2010 un «percorso comune» con il Pd. Rifondazione correrà col proprio simbolo: l'appello di Alessandro Sabiucciu e Rita Zanutel (assessori a Ca' Corner) e di Roberto Del Bello (consigliere provinciale) - tutti e tre dell'ala minoritaria di Nichi Vendola - di presentare una "lista unica e unitaria" che metta assieme Rifondazione, Pdci, Verdi e Sinistra democratica, è caduto nel vuoto. «La risposta è venuta dal congresso dello scorso luglio: Rifondazione si presenterà col proprio simbolo», dice il segretario provinciale Sebastiano Bonzio. E sarà candidata gente legata al territorio. Significa, per esempio, che se Rita Zanutel vorrà correre, dovrà farlo nel suo collegio, a San Stino di Livenza, e non a Castello come nel 2004. Rifondazione, però, è corteggiata dai Comunisti Italiani: «Se presentiamo una lista unica alle Europee, non ha senso presentarci divisi alle Amministrative», dice il segretario regionale del Pdci Nicola Atalmi. In alcuni collegi potrebbe presentarsi la Sinistra democratica di Andrea Dapporto, con candidati noti in alcune zone della provincia (ad esempio Nadio Grillo a Cavarzere). Ci sarà la lista del Psi così come quella dell'Italia dei valori (e i rispettivi uscenti, Lunardelli e Funari, dovrebbero essere nuovamente della partita). Totale per Zoggia: 7 o 8 liste.

 

Il centrodestra, già in campagna elettorale con gazebo e questionari, è senza il candidato presidente, anche se Mario Dalla Tor, coordinatore di Forza Italia, si sta muovendo come il vero sfidante di Zoggia. La partita è aperta perché non è risolto il nodo delle alleanze, a partire dalla Lega, che potrebbe schierare la sandonatese Francesca Zaccariotto o il chioggiotto Sandro Boscolo Todaro. Lo scacchiere veneto, tuttavia, lascia intendere che se il Carroccio avrà (con Maurizio Conte, consigliere regionale) la presidenza della Provincia di Padova dove l'azzurro Vittorio Casarin è al secondo mandato, allora Venezia resterà in carico al Popolo della libertà, nel caso specifico a Forza Italia. Dalla Tor, con il sostegno dell'uomo forte di Forza Italia a Venezia Renato Chisso, è in pole position e ha scalzato da tempo il sindaco uscente di Spinea Claudio Tessari, ma tra gli azzurri qualche mal di pancia c'è: l'obiezione è che chi in passato ha corso sapendo di perdere e dunque si è sacrificato per la causa (Tesserin a Ca' Corner nel 2004, Campa a Ca' Farsetti nel 2005) adesso che il vento è favorevole perché non potrebbe tornare in scena? Con il Pdl (Fi e An) e (si presume) la Lega, ci sarà anche una "lista dei sindaci" (o di assessori) e una lista di moderati: l'incarico di mettere su una lista di delusi della sinistra è stato affidato all'ex pd Paolino D'Anna, ma pare che il compito si stia rivelando più difficoltoso del previsto. Quanto all'Udc, la trattativa con il Pdl è a 360 gradi: Ca' Corner e i 16 Comuni chiamati al voto.

Alda Vanzan

28.10.08

Andrea Martella: le ragioni di Cacciari, risorsa per il PD

la Nuova Venezia — 28 ottobre 2008

«Con Cacciari faremo un Pd più forte»

 «Con Massimo Cacciari abbiamo avuto una visione diversa sulla manifestazione di sabato, che è stata un successo. Ma adesso smorziamo i toni e le polemiche. Cacciari è un riferimento assoluto per il Partito democratico, nazionale e veneto e con lui dobbiamo lavorare per rendere sempre più forte il partito e il centrosinistra a Venezia e nel Veneto anche in vista delle prossime elezioni provinciali».

 Stop alle polemiche scaturite dalle dichiarazioni del sindaco sull’inutilità della manifestazione del 25 ottobre, chiarisce subito l’uomo forte di Walter Veltroni in Veneto, il parlamentare e ministro ombra delle Infrastrutture Andrea Martella. Ieri mattina il sindaco di Venezia ai giornalisti ha ribadito le sue posizioni.  

«Il Pd deve mettere mano alla sua organizzazione territoriale con una struttura federale e occuparsi di federalismo fiscale - ha ribadito ieri a Mestre il sindaco Massimo Cacciari - Se posso continuerò a contribuire al futuro del partito ma posso occuparmi tranquillamente anche solo della mia attività di professore».  

Ma nel pomeriggio arriva un chiaro stop alle polemiche esplose nel Partito Democratico dopo le critiche mosse dal sindaco alla manifestazione di Roma di sabato scorso e al modello d’opposizione portata avanti dal segretario Walter Veltroni. «Basta polemiche» dice il ministro ombra Andrea Martella, l’uomo di Veltroni in Veneto.   

Con Massimo Cacciari c’è ancora gelo?  

 «Guardiamo avanti, abbiamo avuto posizioni diverse sulla manifestazione di Roma, ma abbiamo lo stesso obiettivo: costruire un partito democratico forte in Veneto e nel Paese in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. A Venezia lavoreremo per sostenere la rielezione di Davide Zoggia alla presidenza della Provincia. E sempre con Cacciari ci impegneremo per vincere anche le elezioni amministrative del 2010 e continuare a governare la città».   

Veltroni esce rafforzato dal Circo Massimo?   

«E’ stato un grande evento politico e democratico. Il Pd da oggi è più forte e Veltroni vede rilanciata la sua leadership. Ora dobbiamo velocemente valorizzare e dare risposte alla carica di entusiasmo e partecipazione che abbiamo visto al Circo Massimo».   

Come intende muoversi ora il Partito Democratico.   

«Dobbiamo lavorare anzitutto ad un progetto riformista che sia chiaro e netto e dia risposte alle proposte lanciate da Veltroni. Stop poi alle correnti e alle divisioni interne. Dobbiamo ridare coraggio e fiducia ai nostri elettori e saper parlare agli italiani. Stiamo lavorando ad una conferenza programmatica nazionale che parli a tutti gli elettori che ancora non guardano a noi. Servono risposte più serie e convincenti di quelle del centrodestra, per dare risposte alle famiglie, alle piccole e medie aziende, ai lavoratori. Bisogna riformare lo Stato a partire dal federalismo fiscale e investire sull’educazione, la formazione, scuola e università. Tutt’altra cosa della politica di tagli e false riforme attuate dal governo Berlusconi che ora sta scendendo nei sondaggi ed ha avuto una reazione nervosa dopo la nostra manifestazione».   

Torniamo a Cacciari. Il sindaco ha posto con forza due questioni: il partito federato e il federalismo fiscale. Su questo siete d’accordo?  

 «Cacciari sul partito federato ha ragione: siamo in ritardo ma serve avere un partito federale per avere autonomia di proposta, programmi ed alleanze e poter costruire una leadership in vista anche delle prossime elezioni regionali. Il ciclo Galan è finito, esistono evidenti divisioni tra il Popolo della Libertà e la Lega».   

Veniamo al federalismo fiscale.   

«E’ evidente che il Paese ha bisogno di federalismo fiscale. Noi abbiamo presentato un emendamento alla prossima Finanziaria che introduce la possibilità che il 20% dell’Irpef torni ai Comuni come chiede il movimento dei sindaci. E su questo tema sfidiamo il centrodestra, perchè andiamo oltre il disegno di legge Calderoli che non va bene, e appare solo una bandiera per accontentare la Lega e non ci sono cifre e risorse. Su questo tema serve una decisione che in Parlamento sia condivisa, noi siamo pronti a discuterne».   

In primavera ci saranno le elezioni provinciali. Il Pd organizzerà le primarie? Quale sarà il quadro delle alleanze?   

«La ricandidatura di Zoggia è già stata decisa. Ci potranno invece essere le primarie per la scelta dei candidati nei vari collegi. Zoggia è sostenuto dal Pd e da una ampia coalizione di centrosinistra a cui si affiancherà, come alleata, anche una lista civica che sarà espressione dei territori, della società e delle varie liste civiche che esistono nei vari Comuni. La lista civica ovviamente sarà alleata alla coalizione di centrosinistra in vista delle prossime provinciali».   

Veniamo alle Europee.   

«Siamo contrari alla proposta del centrodestra che punta su liste bloccate e l’abolizione delle preferenze. Faremo una battaglia in Parlamento e nel Paese per garantire libertà di scelta agli elettori».

26.10.08

Salva l'Italia, Roma 25 Ottobre: il day after

Il sindaco gela tutti: «Lascerò ai demagoghi» Mognato e gli altri: «Massimo, non ti capiamo»

ROMA. «Che venga qui, Massimo, che guardi le facce di questi ragazzi e ragazze, di questi due milioni e mezzo di uomini e donne, qui, al Circo Massimo: sono demagoghi questi? Sono persone con troppi bisogni inascoltati e il compito del Pd è prendere contatto con loro».  Il deputato Rodolfo Viola ha gli occhi gonfi di chi si è svegliato all’alba per prendere con i militanti il pullman delle 5 da Ceggia e arrivare a Roma verso mezzogliorno. Per settimane ha lavorato alla trasferta dei «veneziani»: la voce è pacata, ma l’ultima uscita di Cacciari arriva inattesa nel giorno della festa.  Fanno fatica agli amministratori veneziani far finta di nulla, con nelle orecchie le ultime parole del sindaco davanti alle telecamere de La7: «Cerco di portare a termine il mio mandato e lasciare la scena ai demagoghi, coloro che hanno la vocazione a guidare il popolo: ai Veltroni e ai Berlusconi, a destra e sinistra». E, ancora, «della manifestazione non me ne frega niente. Non mi preoccupa - aggiunge - la manifestazione, ma che il governo ombra non abbia prodotto assolutamente nulla: vorrei sapere i progetti del Pd su scuola, crisi finanziaria e Alitalia. A una manifestazione avrei preferito proposte concrete sul federalismo fiscale, non lasciando lo spazio allo spot di Lega Nord e Berlusconi, e su questo disastro della scuola».  «Il dissenso è anche protesta: le persone si esprimono anche così, da sempre, è giusto, Massimo ne prenda atto», commenta il prosindaco Michele Mognato, scrollando la testa, «questa manifestazione serve a dimostrare a tutti, noi per primi, che abbiamo rialzato la testa, nonostante la delusione elettorale, senza paura e, certo, con proposte». «Certo, ripartire dalle proposte è quello che facciamo, iniziando dalla lotta per reintrodurre le preferenze alle prossime elezioni europee, contro i listini bloccati che vuole Berlusconi», commenta l’onorevole Delia Murer. Veltroni, a livello nazionale, ha deciso la via del silenzio: a Cacciari neppure l’onore di una replica. Silenzio. D’Alema non si sbilancia: «Giudizi ingenerosi». Ma a Venezia con Cacciari molti dei manifestanti lavorano gomito a gomito tutti i giorni: possibile tacere? «Questa manifestazione ha avuto un successo enorme», chiosa il deputato Andrea Martella, «non è demagogia, ma persone vere che si preoccupano per il futuro del paese e che renderanno più forte il Pd, riformandolo. Il vero demagogo è Berlusconi, Massimo non può non ricordarlo». L’ex presidente della Provincia Luigino Busatto ha deciso di venire a Roma dopo aver letto le prime dichiarazioni di Cacciari, dei giorni scorsi: «Il Pd rinasce da questa gente, dalle proposte per loro, per salvare l’Italia». «E’ una giornata troppo bella per farmela rovinare: il popolo ha voce, sarebbe bello che Massimo fosse qui, se ne renderebbe conto», commenta il rpesidente della Provincia, Davide Zoggia, «Non capisco queste uscite, non diamo la senzazione di voler rompere il giocattolo». (r.d.r.)
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La carica dei 500 veneziani «In piazza per sentirci vivi»

  ROMA. Non si canta “Bella ciao” o “Bandiera Rossa” sul treno che nottetempo porta a Roma cinquecento pd veneziani, né a bordo dei cinque pullman partiti all’alba. Ma c’è clima di festa e una gran voglia di arrivare nella Capitale per contarsi e non sentirsi schiacciati in quel misero 27% che gli ultimi sondaggi sbandierati da Berlusconi riservano beffardi all’opposizione. Voglia di dire «Siamo qui, tanti, vivi».  Sono arrivati dal Veneto in oltre quattromila, cinquecento da Venezia: aspettavano questa manifestazione da mesi, come un cardiotonico, un antistress per non cominciare a credere davvero di essere pochi sopravvissuti. Se ne sono ripartiti dalla Capitale stravolti di sonno, ma galvanizzati. E arrabbiati col sindaco Cacciari che cerca di mandar loro di traverso la festa bollando tutti come «demagoghi».  Il volto dei pd veneziani al Circo Massimo non è solo quello dei politici conosciuti, dei militanti di vertice, ma soprattutto quello di centinaia di iscritti o simpatizzanti che hanno deciso che la misura è colma. Hanno anche parole e volti che non t’aspetteresti di trovare in un corteo politico, appena scesi da un treno che si è messo in moto a mezzanotte se non da un pullman partito alle 5 di mattina da Ceggia. «La famiglia? I figli ormai sono grandi. Noi siamo qui per dire che ci siamo e ci saremo, non ci cancelleranno», scandisce con energia Maria Teresa Ruggiero, una distinta signora bionda in tailleur di seta verde, bandiera del Pd al vento, «veniamo da una regione leghista, che fomenta la paura, dando il peggio del peggio di un popolo: basta, siamo qui anche per dare un futuro ai nostri figli, costretti a scappare all’estero per studiare e lavorare». «Sono venuto a Roma perché questo è un governo stuco e pitura», commenta Lucio Scarpa, giovane produttore cinematografico, «che dà un’imbiancata alla casa invece che restaurarla, ritocca l’aspetto e la rende vivibile per un po’, ma non risolve i problemi: la cosa più grave è che per varare queste operazioni di facciata, sbandierate dalle tivù del regno, afferma sia giusto rinunciare alle buone pratiche della democrazia».  Dalle sezioni ad Internet, dalla piazza reale a quella virtuale - ma non meno vivace - con i suoi compagni dell’era della politica 2.0, Scarpa ha fondato il primo circolo Pd completamente online, il Barak Obama, che ha aperto un tradizionalissimo banchetto al Circo Massimo, mentre sfilano i pidini tra le note di Max Pezzali in attesa del discorso del capo che deve rianimare una truppa arrivata stanca, ma che ha presto ritrovato energia e sicurezza, che ha voglia di opposizione e programmi. Per provare l’ebbrezza di riscoprirsi in tanti, hanno viaggiato nottetempo attraverso l’Italia, pronti a chiudere gli occhi sono un paio d’ore per poi agguantare saldo tra le mani lo striscione fotografatissimo del coordinamento provinciale di Venezia: una foto a grandangolo del canale della Giudecca, con sfilata delle Zattere. Lo tengono in mano i più giovani. Anzi, giovanissimi della Federazione di Venezia. Sono loro a scandire gli slogan che animano il grande corteo che sfila allegro dalla Piramide verso il Circo Massimo, facendo saltellare tutti - dal vicesindaco Mognato alla parlamentare Murer, dal presidente della Provincia Scaboro all’onorevole Viola - al grido di «chi non salta Berlusconi è». Più duro il «Non vogliamo morire precari».  «Sono studente, programmatore informatico e lavoro in pizzeria», scandisce Alberto Segatto, «eppure non ho prospettive. Eppoi in quest’Italia nessuno parla più di solidarietà: siamo qui contro questo berlusconismo vuoto». «Se siamo qui invece che a casa nostra a riposare è perché le cose vanno male, malissimo», dice Marco Mascherin, pendolare tra Concordia e Murano, dove lavora come operaio vetraio.  «La cosa più grave è che dissentire viene ritenuto un reato», incalza Margherita Grigolato, sindacalista della Cgil di Venezia, «ma la situazione è drammatica: lavoro con i pensionati, con 750 euro non arriva nessuno a fine mese, ma per i ragazzi di oggi è ancora peggio e per le ragazze lo è di più: in un sistema precarizzato sono le donne, alla fine, ad avere la peggio. Ce la dimentichiamo l’emancipazione nostra: qui si vuole far tornare le donne a casa, così non si devono fare gli asili né dare assistenza sociale agli anziani».  «Temevo fossimo pochi, invece è bellissimo», commenta Emanuela, «certo, avrei voluto che fossero qui tutte le anime del centro sinistra, per sentire davvero la forza dell’opposizione, fare gruppo: perciò devo dire che il Circo Massimo così pieno dà grande forza». Dai giovani a un “vecchio” che non pensava di venire a Roma, sino a quando non ha letto le critiche di Cacciari. «Cacciari non mi è piaciuto: siamo qui per dare un segnale forte», commenta Luigino Busatto, ex presidente della Provincia, «non contro, ma pensando a dare una risposta ai bisogni dei giovani di oggi, perché questo governo non vuole cambiamenti. Torniamo da Roma più forti». - dall'inviata Roberta De Rossi
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Diciottenni neofiti e figli d'arte «Quest'Italia non ci dà futuro»

  ROMA. Giacomo e Ugo, neodiciottenni, bandiera del Pd e striscione ben saldi in mano. Sono solo due dei molti giovani, ragazzi e ragazze, in prima fila tra i manifestanti veneziani, entusiasti e determinati. Si notano. Alle manifestazioni sulla scuola che pure hanno mobilitato migliaia di ragazzi in tutt’Italia ti aspetti di trovarli, qui meno.  Entrambi all’ultimo anno di liceo, la giustificazione se la firmeranno da soli domani. «Sì, è vero, ho fatto manca per venire a Roma, ma i miei genitori sono assolutamente d’accordo», ride Giacomo Gambaro, 18 anni, ultimo anno di liceo classico a Mirano. L’anno scorso, 17enne, si è candidato alle primarie del Pd.  Ma cosa può offrire un partito «classico» a due ragazzi? «Da qualche parte bisogna pur cominciare, perché con questo governo non c’è prospettiva alcuna per noi giovani. Il Pd è un modo per darsi concretamente da fare», dice Ugo Zorzetto. Un cognome importante, il suo, nel mondo della politica veneziana: è figlio di Gaetano, indimenticato primo prosindaco e padre del «Bosco di Mestre»: «Sì, è vero, sono cresciuto a pane e politica», sorride schivo.  «Quello che mi attrae è il fatto che si tratti di un partito nuovo: magari, non del tutto, ma molto», prosegue Giacomo, «questo significa che noi giovani lo sentiamo anche “nostro”, che la nostra piccola parte, per iniziare, possiamo farla». «Questo è un processo che può appassionare noi giovani», prosegue Giacomo Gambaro, «perché sentiamo di poter contare, di poter dare il nostro contributo ed essere soggetti protagonisti. D’altra parte la situazione è davvero grave, sentiamo che il nostro futuro è a rischio: basti pensare a quanto accade con i tagli nelle scuole e nelle università».  Sono molti i giovani veneziani calati a Roma e sono loro a dare - con slogan e sfottò - il ritmo alla manifestazione. Al grido di “Chi non salta Berlusconi è”, fanno saltare i “vecchi”, dal presidente Zoggia al vicesindaco Mognato, dall’assessore provinciale Scaboro agli onorevoli Viola e Murer.  «Siamo in piena campagna per le iscrizioni», commenta Gabriele Scaramuzza, coordinatore provinciale del Pd veneziano, «e solo alcuni circoli sono partiti: però, è vero, stiamo registrando molte iscrizioni da parte di giovani. E’ segnale importante”. (r.d.r.) - dall'inviata

24.10.08

Da Venezia a Roma: Salva l'Italia, 25 ottobre 2008

la Nuova di Venezia — 24 ottobre 2008  

«A Roma per darci la sveglia»

 Decisi ad andare a Roma per dimostrare che l’opposizione non è morta e sepolta: in treno e pullman, dopo aver macinato nottetempo centinaia di chilometri su e giù per l’Italia, sfileranno lungo le vie della capitale con quel tanto di autocritica per riconoscere che errori in questi mesi l’opposizione, troppo silente, ne ha fatti, ma con la ferma volontà di combattere «la deriva autoritaria di questo governo». 380 veneziani partiranno questa notte dalla stazione di Mestre con un treno speciale, altri 250 in 5 pullman all’alba di domani: il popolo del Pd veneziano non segue il giudizio tagliente del sindaco Cacciari, che aveva sentenziato «la manifestazione è frutto di errori tattici e strategici, ci vadano i demagoghi. Se sperano di far cadere così Berlusconi... Io non ci vado perché ho da fare».  «Una parte di verità c’è, in queste parole: il Pd ha bisogno di una sveglia forte, non deve più far finta di contrastare il governo, ma fare proposte concrete ed opposizione - commenta Alessandro Maggioni , coordinatore comunale - e questa manifestazione è esattamente la sveglia che ci serve». «Nonostante sia vero che la manifestazione sia “vecchia”, perché lanciata 5 mesi fa, è, purtroppo, drammaticamente attuale: oggi ci sono tutte le urgenze per andare in piazza a protestare contro questo governo - incalza Paolo Povolato , coordinatore del Pd lidense - Stiamo parlando di un governo che annuncia l’invio della polizia nelle scuole: siamo davanti ad una vera deriva democratica. Bisogna andare a Roma da cittadini, non solo da militanti del Pd». Nei giorni scorsi è stata l’anima comunista della Cgil a scendere in piazza a Roma per la manifestazione indetta da Rifondazione, domani toccherà a quella democratica. «In questi giorni il sindacato è costretto a scendere più volte in piazza - commenta Sergio Chiloiro , della segreteria confederale - Il 30 ottobre in difesa della qualità della scuola, il 7 novembre con i lavoratori del pubblico impiego, poi con l’Università minacciata dai tagli. In questo quadro, il governo sta poi mostrando il suo volto autoritario, con attacchi diretti alla libertà di critica e manifestazione: andare a Roma è importante per tenere aperta l’articolazione democratica». «Quando raccoglievamo le firme con i banchetti, le persone per strade ci chiedevano di manifestare - aggiunge Marta Meo - La gente ha bisogno di esprimere il proprio disagio nelle piazze, contro l’arroganza di questo governo: manifesteremo anche per loro. È vero che nel Pd ci sono molti problemi, ma questo sarà un segnale che farà bene al partito e alla democrazia». (r.d.r.)
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la Nuova di Venezia — 23 ottobre 2008  

Il Pd veneziano snobba Cacciari «Tutti a Roma»

In 700 a Roma contro il governo «Manifestare ora è doveroso»

Tutti a Roma. Il popolo del Pd si prepara alla sua prima volta in piazza. Per la grande manifestazione di sabato pomeriggio a Roma contro il governo saranno almeno 700 i veneziani che raggiungeranno nella capitale. Cinque pullman e un treno speciale arriveranno in mattinata. Ci saranno al gran completo i parlamentari veneziani, il gruppo dirigente del partito, i rappresentanti delle istituzioni.  

«Siamo tutti convocati», dice il senatore Felice Casson , «manifestare è doveroso, perché la politica del governo va in direzione opposta rispetto agli interessi dei cittadini».

Propaganda antiberlusconiana? Niente affatto, si inalbera Casson, «è la realtà, basta vedere le politiche sulla scuola, sulla sicurezza, sull’economia. E’ giusto esserci in piazza».

L’appello del sindaco Cacciari non è stato accolto. E se molti condividono le sue critiche alla lentezza del processo di formazione del nuovo partito, tutti o quasi ritengono necessario manifestare.

«E’ un momento di grande democrazia», ribadisce Andrea Martella , ministro ombra del Pd per le infrastrutture, «sarà un momento di crescita per il nuovo partito». Per organizzare pullman e treni della base, i parlamentari hanno sborsato millecinquecento euro a testa. Una colletta per garantire il viaggio ai giovani della base che si avvicinano alla politica per la prima volta.

«Per fortuna sono tanti», dice entusiasta il segretario provinciale del Pd Gabriele Scaramuzza , «la gente delle primarie ci segue e ci dà speranza». L’anno scorso alle primarie furono 54 mila i veneziani al voto. Adesso sono 5500, il 10 per cento, coloro che hanno aderito alla sottoscrizione per il nuovo partito.

«Un popolo in gran parte nuovo», dice Scaramuzza. Accanto ai giovani, studenti, intellettuali, operai, anche le facce note del gruppo dirigente e dei vertici delle istituzioni.

Il presidente della Provincia Davide Zoggia , il consigliere regionale Piero Marchese , il prosindaco Michele Mognato . Non ci saranno - ma per motivi personali e non politici - il vicesindaco Michele Vianello e l’assessore provinciale Giuseppe Scaboro . Non ci saranno per scelta invece i parlamentari di Italia dei Valori (il veneziano Massimo Donadi , capogruppo alla Camera) e nemmeno gli esponenti della sinistra che hanno già manifestato con Di Pietro qualche settimana fa. Aderiscono invece i Verdi.

«Contro un governo insostenibile e per una opposizione tutta da costruire», dicono. «In tutto il mondo la questione ambientale è al centro della politica», attacca il capogruppo in Comune Beppe Caccia , «in Italia invece si parla d’altro, si fa leva sulla paura e sull’insicurezza, si attenta ai diritti civili e si insegue la follia dell’energia nucleare. Dall’altra parte tanti brandelli di opposizione che sembrano disorientati dalla sconfitta, e inseguono l’agenda politica dettata dall’avversario. In questo Cacciari ha ragione. Ma a Roma bisogna esserci».

Nella delegazione ci saranno anche i «moderati» Tiziano Treu e Rodolfo Viola, insieme ai deputati Baretta e Stradiotto, non molto abituati alle manifestazioni di piazza.

«Cacciari deve sempre stupire, ma in questo caso non mi pare ci siano elementi», dice il senatore Tiziano Treu, «il governo Berlusconi sta facendo dei guasti. Noi le proposte alternative le facciamo, sulla crisi come sul resto».  

I convogli partiranno da Venezia nella notte di venerdì. Il concentramento per la manifestazione è previsto per le 14, l’intervento conclusivo del segretario nazionale del Pd Valter Veltroni per le 16.30.

Alberto Vitucci

17.10.08

Al via la Scuola Regionale del PD Veneto

la Nuova Venezia — 17 ottobre 2008

Scuola di partito con stage-premio

VENEZIA. Prima la scuola (con l’obbligo di frequenza ad almeno il 75% delle lezioni) e poi anche lo stage. Che vuol dire: un periodo trascorso fianco a fianco con il sindaco o un parlamentare o ancora un assessore o un consigliere regionale, per imparare a “farla” la politica. La pratica dopo la teoria. 

«Vogliamo formare dei pensatori ma anche dei muratori della politica», spiega Andrea Ferrazzi, vicepresidente della Provincia di Venezia e responsabile regionale del Pd per la formazione. «Questi ragazzi - aggiunge Ferrazzi - potranno così toccare con mano come si fa politica nel territorio». La futura classe dirigente del Pd passerà da qui. 

Sarà proprio Ferrazzi, domani e domenica ad Asiago, ad aprire i lavori della neonata Scuola veneta politica del Pd: 125 gli iscritti (ne erano previsti 70), cento hanno meno di 39 anni, il 55% ne ha meno di trenta, e ci sono anche due diciottenni.  

«E’ la dimostrazione - dice Ferrazzi - che i giovani non sono distanti dalla politica, ma che molto dipende da cosa viene loro offerto. La scuola non sarà il luogo delle scaramucce sterili, ma un posto dove far lavorare il cervello». Nella classe uomini e donne saranno rappresentati in misura quasi uguale. 

Il percorso che parte dal weekend di Asiago si snoderà attraverso una serie di otto seminari che si terranno ogni sabato mattina a Padova nella sede del partito e saranno dedicati ai principali temi di attualità, sempre con due o più relatori, per avere punti di vista differenti sui nodi politici da affrontare: dal welfare all’immigrazione, dalla sicurezza al federalismo fiscale, all’ambiente e territorio. 

Tra i relatori esponenti di spicco del Pd ma anche tanti docenti ed esperti di area riformista. Ci saranno leader nazionali come Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi, sindaci come Flavio Zanonato (Padova) o Achille Variati (Vicenza) e sociologi o economisti come Enzo Pace, Stefano Micelli, Aldo Bonomi, o Daniele Marini. A consegnare gli attestati di partecipazione ai 125 studenti sarà il segretario nazionale Walter Veltroni, il 21 marzo a Forte Rossarol, a Mestre

E’ il primo giorno di primavera, e non è stato scelto a caso. «La scuola sarà un’occasione per riflettere e imparare ad essere efficaci politicamente - dice Ferrazzi -, ma anche per creare una comunità di persone». Scuola per ricchi o aperta a tutti? «Gli studenti pagano solo 50 euro per tutto l’anno - aggiunge ancora - il resto lo mettiamo noi, anche per ciò che riguarda i testi. E’ un grande investimento che abbiamo deciso di fare sul territorio e sui giovani, che saranno i veri protagonisti di questa iniziativa». 

Il Pd riscopre la vecchia scuola per dirigenti di Frattocchie del Pci? «Io al Pci non sono nemmeno mai stato iscritto - risponde Ferrazzi - ma una volta ogni grande partito aveva una scuola di formazione. E anche oggi sono necessarie». (f.f.)

16.10.08

Dimissioni di Paolo Giaretta: i giovani chiedono rinnovamento vero

la Nuova Venezia — 16 ottobre 2008
Dimissioni di Giaretta, i giovani presentano il conto



VENEZIA. La parola ai giovani. Dopo l’annuncio delle prossime dimissioni del segretario regionale del Pd Paolo Giaretta, tra le nuove leve, si registra una reazione a catena. Di proposte, idee, ma anche di lamentele. 

I ragazzi che un anno fa hanno riposto la loro fiducia nel progetto del Pd, insorgono contro un partito che - ritengono - ha traghettato il vecchio nel nuovo. L’insoddisfazione si traduce in una valanga di lettere a Giaretta, neanche a muoverle fosse una regia comune. Decine gli interventi di privati cittadini, elettori e simpatizzanti. Denunciano la mancanza di un vero rinnovamento. 

«La costituzione del partito è avvenuta con un’operazione molto di vertice e poco sentita nel territorio» sostiene Francesca Astorino 30 anni, da Vicenza. Per questo serve «Un’operazione che passa per un rinnovamento di idee e uomini «giovani che non hanno militato né nella Dc né nel Pci e perciò lontani da logiche spartitorie» spiega. Da Giuseppe Esposito di Treviso arriva l’appello ad evitare: «Di adagiarsi nel ruolo di opposizione professionale e disperatamente perdente - sostiene - per questo servono volti nuovi e messaggio chiari, l’elettorato richiede un cambio di marcia politica». Su tutti l’esempio di Treviso e della Lombardia, che ha portato all’elezione di giovani rappresentanti anche se «le oligarchie avevano altri progetti». «Dopo una buona partenza mi sembra il Pd rischi di non riuscire a mantenere quanto promesso in termini di vero rinnovamento» scrive Carlo Stagni da Vicenza. Chiede coraggio e rinnovamento e rotture con il passato «non solo teoriche ma anche fisiche». «La cosa che mi piacerebbe vedere in occasione del rinnovo della carica sarebbe un gesto di coraggio, uno scatto di idealità in questo Pd in cui è molto difficile riconoscersi» scrive Adriano Battagin, sempre da Vicenza. Il problema è quello delle logiche di partito che prevalgono su «capacità, competenza e intelligenza politica». «Basta con i politici di professione - sostiene Gian Marco Zulian da san Stino di Livenza - facciamo come Treviso dove è stato eletto uno che nessuno si aspettava, e come la Lombardia». «Il problema non sta nelle idee e nei valori - sostiene Diletta Mozzato da Venezia - ma nella credibilità, nella fiducia e nella presa sulle persone. Dopo le primarie di ottobre i vertici hanno serrato le fila preoccupandosi quasi esclusivamente di voti, cariche e numeri con un’enorme distanza rispetto ai cittadini». 

Il timore dunque è che anche a novembre l’assemblea, per la successione di Giaretta si limiti a ratificare decisioni prese altrove». Il Pd guarda quindi con speranza al segretario di Treviso Enrico Quarello e al lombardo Maurizio Martina. Dà i voti e chiede risposte. Quella di novembre è l’ultima chiamata utile prima delle amministrative 2009. Certo che se questi sono i simpatizzanti... 

(s.zan.)

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UPDATE: la "risposta" di alcuni giovani, tra cui Paolo Giacon, il capo della segreteria politica dello stesso Giaretta, qui sul sito del PD Veneto
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la Nuova Venezia — 14 ottobre 2008

Giaretta spiazza il Pd veneto

VENEZIA. Il Pd veneto ha il mal di pancia. A provocarlo, non un subdolo virus di stagione quanto le - per ora solo annunciate - dimissioni del segretario veneto del partito, nonché senatore Paolo Giaretta

«Quello che dovevo dire l’ho detto - taglia corto l’interessato - ho posto un problema di prospettiva e di passaggio del testimone, ma non ho ancora rassegnato le dimissioni e fino al 9 novembre non ci saranno altre novità». Con la convocazione dell’assemblea costituente, terminerà infatti ufficialmente la costituzione del nuovo partito. 

Ma la bomba è ormai lanciata e all’interno del partito si registrano - rigorosamente a microfoni spenti - i primi mugugni: nessuno se l’aspettava, dicono, non prima di aver pronto un valido ricambio e, soprattutto, non in vista di un autunno carico di appuntamenti in prospettiva di una tornata elettorale importante come quella del 2009 con amministrative ed europee. Non solo: l’annuncio mediatico costituisce un atteggiamento irrituale per il centrosinistra, al punto che qualcuno sospetta che con le sue dichiarazioni Giaretta abbia semplicemente voluto suonare la sveglia. 

Si pone quindi il problema di trovare una figura che non sia di passaggio, un segretario pronto a “consumarsi le scarpe” andando sul territorio, mettendo insieme le diverse anime del partito e smussando gli spigoli, cose di cui Giaretta, impegnato in Senato, non può disporre. 

Un ragionamento che, tuttavia, taglia fuori dall’ipotetica corsa tutti i parlamentari veneti, mettendo in luce la prima fascia dei non eletti, meglio se di provenienza Dl. Ovviamente, al di là delle ambizioni, c’è chi giura che Giaretta non lascerà mai il posto ad un ex Ds. La corsa è aperta.

15.10.08

Franca Donaggio e Lucio Tiozzo: monitoraggi sul rigassificatore

la Nuova Venezia — 14 ottobre 2008

Doppia interrogazione del Pd  

Galan: «I soliti conservatori»

  VENEZIA. Due interrogazioni per tutelare l’area dell’Alto Adriatico, dove è in costruzione il terminale del primo rigassificatore italiano, sono state presentate al ministro dell’Ambiente dalla senatrice veneziana del Pd Franca Donaggio e, alla giunta veneta, dal consigliere regionale Lucio Tiozzo

«Noi non siamo contro il rigassificatore - hanno dichiarato i due - ma abbiamo dubbi sulla sua collocazione in un’area ambientalmente molto fragile». Le interrogazioni, quindi, sottolineano la necessità di istituire un tavolo di monitoraggio per controllare nel tempo l’impatto ambientale dell’impianto. Al tavolo, per gli esponenti del Pd, dovranno essere messi a disposizione i dati delle rilevazioni dell’Arpav, dovrà essere chiarito se l’area franca attorno all’impianto indicata dalla Capitaneria di Porto, e nella quale saranno vietate navigazione e pesca, è stata istituita per motivi solo logistici o anche ambientali e se si provvederà a sostenere finanziariamente, magari ricorrendo ad una parte degli introiti delle accise sul gas, le attività di pesca e quelle turistiche penalizzate dalla riduzione della superficie marina disponibile. 

«Ancora una volta viene confermata la congenita ostilità della sinistra, verso qualunque forma di progresso o di modernizzazione» la risposta del governatore del Veneto Giancarlo Galan agli esponenti del Pd «L’ex ministro Bersani qualche settimana fa - sottolinea Galan - si era autoproclamato padrino del rigassificatore e aveva anche sghignazzato su Berlusconi e sul berlusconiano appropriarsi di un evento che non apparteneva a Berlusconi appunto. Povero Bersani, eccoti smentito dai tuoi, che, a Rigassificatore non ancora funzionante, hanno pensato di chiedere l’avvio di monitoraggi. Potete stare tranquilli: per monitorare, sono sufficienti coloro che hanno le competenze: ministeri, assessorati regionali e Arpav».

8.10.08

Per la difesa della scuola pubblica

PD Provinciale di Venezia

Comunicato Stampa

Mestre, 8 ottobre 2008


Il Partito Democratico della provincia di Venezia aderisce e sostiene la manifestazione/fiaccolata promossa unitariamente dai sindacati della scuola per venerdì 10 ottobre a Venezia.
[NdR: il volantino è scaricabile da qui: volantino flcve_10_10_08 ]

Dopo il primo voto di fiducia della Camera dei Deputati sulla conversione in legge del decreto Gelmini, la scuola italiana viene sempre più consegnata ad una condizione di retroguardia, che la mortifica, rendendola incapace di rispondere agli obiettivi di formazione e istruzione cui ogni sistema educativo deve ispirarsi.
Ciò che maggiormente rammarica in questo testo è l’ammantare sotto le specie di una pretesa “riforma” della scuola un semplice e brutale taglio di costi e di investimenti. Ancora, desta preoccupazione il pregiudizio con cui il governo di centrodestra considera la scuola, e il fatto che su un tema di tale eccezionale rilievo si sia ricorsi alla decretazione d’urgenza e al voto di fiducia, negando da ultimo, oltre al rapporto con le rappresentanze sindacali, i movimenti dei genitori, le reti locali, anche il confronto nella più alta assemblea elettiva del nostro paese.
Mancare di un progetto sulla scuola significa abdicare ad un’idea di futuro per il nostro paese, per i suoi giovani, per i suoi bambini. Significa indebolire la competitività complessiva del nostro sistema economico, significa non reggere il passo con le altre nazioni d’Europa e del mondo, che hanno da tempo compreso il primato della formazione e istruzione nei grandi processi di sviluppo e innovazione.
In un tempo che fa della società della conoscenza il proprio cardine, l’idea di scuola del centrodestra fa fare a questo paese un balzo all’indietro di molti decenni. Proprio per questo il PD di Venezia, oltre a sostenere la manifestazione di venerdì, accompagnerà e sosterrà con le proprie proposte e iniziative la mobilitazione contro il progetto del ministro Gelmini.

4.10.08

Andrea Martella: federalismo fiscale e comuni

Il Gazzettino — 03 ottobre 2008

Martella: subito ai Comuni tutte le imposte sugli immobili
«Riuniremo a Venezia il governo-ombra del Pd. Il dialogo sulla riforme non è un’opzione ma un dovere»

Ario Gervasutti

«Il dialogo sulle riforme non è un'opzione, è un dovere. E per dimostrarlo offriamo al dibattito sul federalismo un articolato di legge che entra nel merito della riforma, facendo ciò che finora non è stato fatto dal Governo. Per definire i dettagli di questo progetto, riuniremo un "consiglio dei ministri-ombra" a Venezia».
Andrea Martella è "ministro ombra" del Pd per le Infrastrutture e i Trasporti, e ha appena concordato con Walter Veltroni un'iniziativa forte per la quale non a caso è stato scelto il Veneto. Oggi ad Asolo i parlamentari veneti del Pd si riuniranno per un seminario sul federalismo nel quale verrà messa altra carne al fuoco in preparazione dell'evento veneziano, previsto per fine ottobre quando la discussione sulla riforma in Parlamento entrerà nella sua fase decisiva.
L'annuncio viene il giorno dopo la marcia romana del "Movimento dei sindaci". «La proposta dei sindaci è sacrosanta - spiega Martella -, ma par di capire che le richieste nella sostanza non verranno prese in considerazione. Credo quindi che questo Movimento, nato in Veneto, debba ora allargarsi oltre i confini regionali».

La proposta che il Pd intende presentare accoglie il principio del mantenimento di una quota dell'Irpef ai Comuni?

«È già presente nella bozza del documento che stiamo preparando e che intendiamo presentare a Venezia in una sede istituzionale incontrando sindaci, parlamentari, consiglieri regionali, forze economiche e sociali. Sarà un'occasione per ascoltare le indicazioni specifiche del territorio con Veltroni, Chiamparino e tutti i "ministri ombra". Lo prepareremo confrontandoci sull'aspetto tecnico della proposta con tutti i nostri amministratori locali, e diremo in concreto come trovare le risorse per applicare il federalismo fiscale».

Ma entrerete nei dettagli o sarà una "cornice di princìpi"?

«Faremo esattamente ciò che finora non è stato fatto. Ad oggi non si è affrontato l'aspetto concreto: chi fa cosa, con quali risorse e dove queste risorse vengono prese. I tempi prospettati dal governo poi sono 24 mesi per approvare i decreti delegati, cinque anni per passare dalla spesa storica ai costi standard, e per chi non ce la fa ci sono altri 5 anni: insomma, un progetto di 12 anni. E si cerca di accontentare tutti solo per avere un generico "via libera" a un progetto indefinito, che non dice quanto costa e dove si prendono i soldi. Si danno in soldi per Roma capitale, per Catania, le regioni a Statuto speciale partecipano al fondo perequativo solo se vogliono, le Province restano lì, le comunità montane rimangono intoccate: dov'è la "rivoluzione"?»

Quali sono i punti-chiave della vostra bozza di riforma?

«È più avanzata e pragmatica di quella attuale, entra nel merito. Ma diciamo subito che non pretende di essere già il punto di equilibrio: la offriamo per una discussione seria e concreta, per dimostrare nei fatti che raccogliamo e rilanciamo la sfida del federalismo in una logica di condivisione. Non vogliamo fare del federalismo una bandiera politica o di partito, a patto che però non si prenda in giro il Paese dicendo che si è fatto il federalismo quando invece con i presupposti attuali se ne parlerà se va bene tra dieci anni».

E direte dove si potrebbero trovare le risorse?

«L'attuale bozza Calderoli è vaga perché neanche il governo sa quali risorse ha a disposizione, ed è vaga anche sulle funzioni fondamentali dei Comuni e le basi della loro autonomia tributaria. Si sta costruendo una contrapposizione sbagliata tra Regioni e Comuni, e ho il sospetto che il governo abbia scelto come interlocutori i governatori e non i sindaci. Noi invece proporremo di trasferire da subito ai Comuni tutti i proventi delle imposte legate al patrimonio immobiliare: registro, ipoteche, catasto. Garantirebbero una base analoga a quella che un tempo derivava dall'Ici, e consentirebbe ai sindaci almeno di salvare i bilanci. Poi, nel breve-medio periodo, proponiamo di garantire anche gradualmente un'aliquota adeguata di compartecipazione dell'Irpef: il 20% è realistico e fattibile».
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la Nuova Venezia — 03 ottobre 2008
Accordo governo-Comuni

ROMA. Accordo raggiunto, anche se parziale, tra governo e Comuni che ieri sera si sono riuniti a Palazzo Chigi con il premier Silvio Berlusconi. Lo ha detto al termine dell’incontro il presidente dell’Anci, Leonardo Domenici, il quale ha detto che complessivamente sono stati garantiti 945 milioni di euro di cui 260 per l’Ici prima casa 2008, 585 per l’Ici per i fabbricati ex rurali 2007 e 100 milioni per i costi della politica 2007; c’è anche un impegno a reperire i 700 milioni della seconda tranche dell’Ici ex rurali per il 2008. A questo punto il presidente dell’Anci ha confermato che i Comuni parteciperanno alla Conferenza unificata anche se l’accordo raggiunto fino a ieri non soddisfa tutte le richieste che i Comuni hanno fatto.
Alla domanda se nella seduta di oggi il Consiglio dei ministri approverà il decreto in cui si ratificano questi finanziamenti, Domenici ha detto: «Noi ci aspettiamo che ci siano».
«Sono soddisfatto, abbiamo trovato i soldi per i comuni che prima non c’erano». Lo afferma il leader della Lega Nord Umberto Bossi, a margine del ricevimento organizzato dall’ambasciata tedesca, rispondendo ai cronisti che gli chiedono un commento sull’intesa di Palazzo Chigi tra il governo e i comuni. A chi gli chiede se domani quindi ci sarà il via libera al ddl nella riunione del consiglio dei ministri Bossi risponde: «Sì».

3.10.08

"Battaglia dell'IRPEF": le news da Roma

La Nuova Venezia 2 ottobre 2008

CARPINETTI (MIRA) «Siamo andati oltre ogni schieramento»

MIRA. «La battaglia per fare restare il 20% dell’Irpef nelle casse dei comuni va oltre il colore politico. Sorprende e amareggia l’assenza a Roma della Lega e dei suoi sindaci, che del federalismo e del decentramento tributario avevano fatto una bandiera». Si esprime così il sindaco di Mira Michele Carpinetti, a capo di una giunta di centrosinistra.

Carpinetti era a Roma con i tanti colleghi di centrodestra arrivati da tutto il Veneto. Il sindaco fa due conti: «Nel Comune di Mira - dice - la somma che i contribuenti versano con l’Irpef è pari a 80 milioni di euro. Ne vengono restituiti alle casse comunali il 7% cioè sei milioni. A Mira, se restasse nelle casse comunali il 20%, i milioni di cui si potrebbe usufruire sarebbero 16».
Per Carpinetti l’operazione di recupero del 20% dell’Irpef si rende necessaria anche per compensare il taglio dell’Ici, con la quale si garantivano molti servizi ora a rischio. «L’Ici portava nelle casse di Mira due milioni di euro. E’ evidente che se venisse accettata questa nostra proposta i soldi che resterebbero nelle nostre casse sarebbero molti di più. Sarebbe una rivoluzione che premierebbe i comuni virtuosi. Chi spreca pagherebbe di fronte ai propri cittadini. E’ ingiusto infatti che ad alcuni comuni, specialmente al Sud, venga restituito il 30-40% dell’addizionale. Comuni che poi sono notoriamente indebitati e che drenano ogni volta sempre più risorse».

Carpinetti spera che già a dicembre si vedano dei trasferimenti cospicui. «24 mesi d’attesa - dice - sono troppi. Restano da riequilibrare con le eventuali nuove risorse anche gli organici degli enti locali. Mira ha 150 dipendenti su 40 mila abitanti. Per le grandi città sono, in proporzione, il doppio o il triplo. Non è giusto».

(Alessandro Abbadir)

2.10.08

Davide Zoggia: dal governo risorse reali agli enti locali

La Nuova Venezia 1 ottobre 2008

Più fatti, meno spot


Quella di oggi è certamente una strana manifestazione. In piazza ci saranno moltissimi amministratori locali che chiedono al governo di poter svolgere il proprio lavoro, quello, cioè, di rispondere alle esigenze dei cittadini. Che sindaci e presidenti di Provincia chiedano di essere messi nelle condizioni di poter amministrare appare quasi come un paradosso soprattutto in un momento storico-politico nel quale l’istanza federalista, ovvero quel processo di avvicinamento delle dinamiche decisionali ai cittadini, appare particolarmente forte.

Dopo il taglio di ciò che rimaneva dell’Ici i Comuni, in particolar modo quelli piccoli, sono costretti a provvedere esclusivamente all’ordinaria amministrazione per la quale non servirebbero neppure dei rappresentanti dei cittadini ma quattro funzionari e due dirigenti, tanto il margine discrezionale è ridotto.

Vengono drasticamente ridotti i servizi alla persona, non solo quelli di natura assistenziale ma anche quelli legati alla qualità del vivere quotidiano. Cultura, manutenzione urbana, associazionismo, sport, verde pubblico stanno rischiando di diventare miraggi, ricordi di un governo delle città che ha come prima ambizione quello di offrire a tutte le persone occasioni di innalzamento qualitativo delle proprie condizioni di vita.

Se a questo scenario già di per sé devastante aggiungiamo una crisi congiunturale aspra, una riforma della scuola che taglia anziché implementare le ore di lezione e un sistema sanitario e socio - assistenziale incapace di rispondere, per diversi motivi, a tutte le necessità dei nostri territori si comprende bene come la fila davanti ai cancelli dei municipi e delle Province sia destinata ad aumentare.

Ci saranno le mamme che chiederanno l’organizzazione di doposcuola per i propri figli, ci saranno le famiglie stritolate dall’aumento del costo della vita, ci saranno i lavoratori, come quelli di Marghera o di Fossalta di Portogruaro, ai quali hanno «cancellato» il posto di lavoro, ci saranno i parenti che, costretti a rivolgersi al sistema privato, non riusciranno a pagare le cure sanitarie o la casa di riposo per i propri cari. Ci saremo tutti davanti a un amministratore che ci risponderà che, purtroppo, non ci sono le risorse necessarie per porre in essere le politiche essenziali e, questa volta, al governo non basterà andare in televisione a parlare strumentalmente di fannulloni per spiegare perché gli enti locali, il pubblico impiego, non sono in grado di risolvere un problema; ci vorrà ben altro in un contesto, come quello che si sta creando, di reale emergenza sociale: si dovrà dire che la bandiera del federalismo fiscale sventolata in campagna elettorale è un semplice spot funzionale a quella fase politica perché a cedere risorse e a delegare realmente competenze non ci pensa proprio nessuno.

Chiedere al governo di poter trattenere sul territorio il 20% dell’Irpef raccolta rappresenta una condizione minima di sopravvivenza ed essere costretti a manifestare a Roma per poter chiedere di assolvere al proprio dovere è una cosa che mai avrei creduto potesse accadere: sembra che il problema di rispondere al meglio ai bisogni reali dei cittadini, in particolar modo di quelli in difficoltà, riguardi solo Comuni e Province costretti, addirittura, a sfilare per testimoniare quanto sia urgente.

Davide Zoggia
* presidente della Provincia di Venezia

1.10.08

Comuni veneti: la battaglia per il 20% dell'IRPEF continua

La Nuova Venezia, mercoledì 01 Ottobre 2008
In trecento da tutto il Veneto, una trentina dalla provincia veneziana Sindaci in corteo fino a Montecitorio Chiedono che il 20 per cento dell’Irpef resti nelle casse comunali Ci sarà anche Zoggia In piazza i primi cittadini della Riviera

MITIA CHIARIN

C’è chi a Roma è già arrivato ieri sera in auto, come il sindaco di Mirano Roberto Cappelletto e chi invece partirà oggi, per lo più utilizzando il treno. La mobilitazione dei sindaci italiani che chiedono di trattenere il 20 per cento dell’Irpef sul territorio arriva nella capitale. Dalla provincia di Venezia saranno una trentina, almeno, assicura il sindaco di Chioggia Romano Tiozzo, i primi cittadini in prima fila assieme ad assessori e presidenti di Consigli comunali nella protesta assieme al presidente della Provincia Davide Zoggia che annuncia: «Ci saremo tutti». Assente, invece, Massimo Cacciari.

«E’ una situazione paradossale, che vede i sindaci italiani dover andare ad elemosinare al governo la possibilità di gestire al meglio i servizi ai cittadini», dice il presidente della Provincia Davide Zoggia. «Saremo tutti davanti ad un amministratore che ci risponderà che non ci sono le risorse necessarie per porre in essere le politiche essenziali, e questa volta al governo non basterà andare in televisione a parlare strumentalmente di fannulloni per spiegare perchè gli enti locali, il pubblico impiego, non sono in grado di risolvere un problema».
I sindaci veneziani della Lega Nord resteranno nei loro uffici. E alla manifestazione delle fasce tricolore non andrà la prima cittadina di San Donà, Francesca Zaccariotto che non contesta l’obiettivo ma una protesta che le pare «un cavallo politico» a cui tra l’altro non «sono stata invitata», dice. La polemica l’ha già innescata il governatore Galan che si è sfilato accusando il sindaco di Padova Zanonato di aver strumentalizzato «un movimento nato libero».
Altri nel centrodestra credono invece al valore trasversale della mobilitazione, dal chioggiotto Romano Tiozzo che ieri ha tenuto le fila organizzative della manifestazione, al collega di Spinea Claudio Tessari, che si ritrova a pensarla come Michele Carpinetti, primo cittadino di Mira, ed uomo del Pd veneto.
«Prevediamo una presenza di almeno 300 persone - spiega Tiozzo - con una delegazione veneziana di trenta amministratori». Massimo Cacciari, dicono da Ca’ Farsetti, non ci sarà perchè impegnato altrove ma è tra i 44 primi cittadini della Provincia che hanno sottoscritto il documento per la richiesta al governo di trattenere il 20% dell’Irpef sul territorio.
Fitto il programma della giornata: alle 11 il concentramento alla stazione Termini; alle 14.30 l’incontro con i parlamentari veneti e poi alle 15 con il vicepresidente della Camera. Alle 16 una delegazione sarà ricevuta dal ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto.
«Ci sarò. La proposta è assolutamente buona ma credo che non ci ascolteranno», si lascia andare ad un pronostico Michele Carpinetti, sindaco di Mira. «Con un Irpef del valore di 82 milioni di euro, per noi significa incassare 10 milioni per i servizi al cittadino, a fronte di una spesa sociale di 2 milioni di euro».
D’accordo è Claudio Tessari, primo cittadino di Spinea. «Ci mancherebbe, sarò a Roma a chiedere che il Veneto venga risarcito per quel che ha dato all’Italia rispetto alle altre regioni spendaccione. La manovra ci permetterebbe di incassare 10 milioni di euro, fondamentali per i servizi sociali, le scuola e la viabilità. In Trentino asfaltano tutti gli anni le strade per non perdere i finanziamenti, noi invece dobbiamo ricoprire alla bell’e meglio le buche». Gli fa eco Roberto Cappelletto (Mirano), arrivato a Roma già nella serata di ieri. «Il federalismo ci serve per aumentare i servizi ai cttadini e non tagliarli».

IL PROGRAMMA Una protesta silenziosa nella capitale

Trecento sindaci veneti con le fasce tricolore sfileranno oggi fino Montecitorio, per sostenere la proposta di legge in cui si prevede che il 20% dell’Irpef resti nelle casse comunali a compensare anche l’eliminazione dell’Ici. I primi cittadini arriveranno in treno fino alla stazione Termini da Padova e da qui si sposteranno alla sede del Parlamento. «Sarà una manifestazione silenziosa - ha detto ieri Antonio Guadagnini, vice sindaco di Crespano del Grappa e tra i promotori dell’iniziativa - lungo i marciapiedi. Poi nel pomeriggio ci saranno una serie di incontri di una nostra delegazione con presidenti di commissioni sia della Camera che del Senato». Alle 15.30 una delegazione di sindaci incontrerà il ministro per gli Affari Regionali Raffaele Fitto.

IL FENOMENO LA PERIFERIA CHE INSORGE

Usate la fantasia, suggerisce lo Stato ai Comuni per bocca del ministro dell’Interno. Ma Renato Moro, sindaco di Sospirolo nel Bellunese, ha ormai dato fondo a tutta quella che aveva, per far quadrare i conti: cos’altro può inventarsi, adesso che ha dimezzato perfino la dotazione di penne degli uffici, scendendo da due a una? Anche Rocco Ieracitano, suo collega della friulana Premariacco, ha intaccato tutte le risorse di finanza creativa al ribasso, nel momento in cui, a fronte dell’ultimo rincaro della bolletta elettrica, non ha avuto altra scelta che far spegnere i lampioni. Con l’inchiostro in riserva e la candela in mano: ecco come sono ridotti i municipi italiani, grandi o piccoli che siano.
Che negli ultimi dieci anni hanno dimezzato le spese, mentre le ha raddoppiate quello stesso Stato che li esorta ad essere virtuosi. Con questi chiari (scuri?) di luna, rischia di finire su un binario morto il treno che oggi porta a Roma decine di sindaci veneti in rappresentanza dei 450 protagonisti della «battaglia dell’Irpef».

Già ne hanno avuto un assaggio poco tempo fa, quando a un incontro cui avevano invitato i 75 parlamentari della loro regione se ne sono presentati 15; e se questo è il clima in periferia, figuriamoci nella capitale. Per far funzionare i municipi loro e del resto d’Italia chiedono 10 miliardi, e si sentono rispondere che è una follia; chissà perché non lo è quando la stessa cifra si riferisce al buco del Comune di Roma, al deficit della sanità del Lazio o alle accise sulla benzina della Sicilia.

Sono la voce dei cittadini, ma la fascia tricolore con cui oggi sfileranno sotto le finestre dello Stato è diventata il sostitutivo istituzionale di una cintura da stringere sempre di più. Ad aumentare i buchi da praticare su di essa ha provveduto la manovra d’estate, che ha respinto le due richieste bi-partisan dei sindaci per evitare la penalizzazione causata dal patto di stabilità (cambiare le basi di calcolo, ed escludere dai saldi di riferimento le entrate straordinarie 2007). E che ha diminuito ancor più le già smunte risorse spendibili sul territorio.
Non è una protesta solo veneta: si è già estesa a quattro regioni; e in particolare condivide con la Lombardia, oltre alla richiesta legata all’Irpef, la sollecitazione a individuare rapidamente meccanismi premianti per i Comuni virtuosi, senza aspettare i tempi lunghi di un federalismo che si muove fin dai primi passi su un campo minato.
Tra dieci anni le cose cambieranno, hanno promesso loro; e intanto, come tireranno a campare nei prossimi 3.650 giorni? Certo, non basta che una richiesta parta da un municipio per essere condivisibile, così come non tutti i municipi sono la patria della virtù: a cominciare dall’Anci, la casa comune dei Comuni, ci sono resistenze trasversali e diffuse pure in periferia al superamento del (giustamente) vituperato criterio della spesa storica, se per approvare l’ultimo documento dell’associazione si è dovuti ricorrere a una circonlocuzione, violentando il vocabolario com’è antica consuetudine della politica italiana.

Ma il marcio di un sistema indebitato in modo scandaloso non sta in periferia, dove semmai ci sono complici: alligna e prospera al centro, dove le risorse servono per puntellare un potere sempre più autoreferenziale, e proprio per questo sempre più ingordo.
Nelle loro lunghe e faticose giornate, i sindaci non si occupano di Tav e di Alitalia, di grembiuli scolastici e di tabelle sugli alcolici. Non ne hanno il tempo, perché devono vedersela con le mense scolastiche, la manutenzione delle strade, la sicurezza delle persone, l’assistenza agli anziani, l’aiuto concreto al crescente numero di soggetti in difficoltà; e perché le realtà che amministrano diventano sempre più complesse ed esigenti.
Di fronte ai cittadini, lo Stato sono prima di tutto loro: ministro Brunetta, perché non cominciare a licenziare chi li riduce in cattivo stato?

Francesco Jori