La Nuova Venezia, mercoledì 01 Ottobre 2008
In trecento da tutto il Veneto, una trentina dalla provincia veneziana Sindaci in corteo fino a Montecitorio Chiedono che il 20 per cento dell’Irpef resti nelle casse comunali Ci sarà anche Zoggia In piazza i primi cittadini della Riviera MITIA CHIARIN C’è chi a Roma è già arrivato ieri sera in auto, come il sindaco di Mirano
Roberto Cappelletto e chi invece partirà oggi, per lo più utilizzando il treno. La mobilitazione dei sindaci italiani che chiedono di trattenere il 20 per cento dell’Irpef sul territorio arriva nella capitale. Dalla provincia di Venezia saranno una trentina, almeno, assicura il sindaco di Chioggia
Romano Tiozzo, i primi cittadini in prima fila assieme ad assessori e presidenti di Consigli comunali nella protesta assieme al presidente della Provincia
Davide Zoggia che annuncia: «Ci saremo tutti». Assente, invece,
Massimo Cacciari.
«E’ una situazione paradossale, che vede i sindaci italiani dover andare ad elemosinare al governo la possibilità di gestire al meglio i servizi ai cittadini», dice il presidente della Provincia Davide Zoggia. «Saremo tutti davanti ad un amministratore che ci risponderà che non ci sono le risorse necessarie per porre in essere le politiche essenziali, e questa volta al governo non basterà andare in televisione a parlare strumentalmente di fannulloni per spiegare perchè gli enti locali, il pubblico impiego, non sono in grado di risolvere un problema».
I sindaci veneziani della Lega Nord resteranno nei loro uffici. E alla manifestazione delle fasce tricolore non andrà la prima cittadina di San Donà, Francesca Zaccariotto che non contesta l’obiettivo ma una protesta che le pare «un cavallo politico» a cui tra l’altro non «sono stata invitata», dice. La polemica l’ha già innescata il governatore Galan che si è sfilato accusando il sindaco di Padova Zanonato di aver strumentalizzato «un movimento nato libero».
Altri nel centrodestra credono invece al valore trasversale della mobilitazione, dal chioggiotto Romano Tiozzo che ieri ha tenuto le fila organizzative della manifestazione, al collega di Spinea Claudio Tessari, che si ritrova a pensarla come Michele Carpinetti, primo cittadino di Mira, ed uomo del Pd veneto.
«Prevediamo una presenza di almeno 300 persone - spiega Tiozzo - con una delegazione veneziana di trenta amministratori». Massimo Cacciari, dicono da Ca’ Farsetti, non ci sarà perchè impegnato altrove ma è tra i 44 primi cittadini della Provincia che hanno sottoscritto il documento per la richiesta al governo di trattenere il 20% dell’Irpef sul territorio.
Fitto il programma della giornata: alle 11 il concentramento alla stazione Termini; alle 14.30 l’incontro con i parlamentari veneti e poi alle 15 con il vicepresidente della Camera. Alle 16 una delegazione sarà ricevuta dal ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto.
«Ci sarò. La proposta è assolutamente buona ma credo che non ci ascolteranno», si lascia andare ad un pronostico Michele Carpinetti, sindaco di Mira. «Con un Irpef del valore di 82 milioni di euro, per noi significa incassare 10 milioni per i servizi al cittadino, a fronte di una spesa sociale di 2 milioni di euro».
D’accordo è Claudio Tessari, primo cittadino di Spinea. «Ci mancherebbe, sarò a Roma a chiedere che il Veneto venga risarcito per quel che ha dato all’Italia rispetto alle altre regioni spendaccione. La manovra ci permetterebbe di incassare 10 milioni di euro, fondamentali per i servizi sociali, le scuola e la viabilità. In Trentino asfaltano tutti gli anni le strade per non perdere i finanziamenti, noi invece dobbiamo ricoprire alla bell’e meglio le buche». Gli fa eco Roberto Cappelletto (Mirano), arrivato a Roma già nella serata di ieri. «Il federalismo ci serve per aumentare i servizi ai cttadini e non tagliarli».
IL PROGRAMMA Una protesta silenziosa nella capitale Trecento sindaci veneti con le fasce tricolore sfileranno oggi fino Montecitorio, per sostenere la proposta di legge in cui si prevede che il 20% dell’Irpef resti nelle casse comunali a compensare anche l’eliminazione dell’Ici. I primi cittadini arriveranno in treno fino alla stazione Termini da Padova e da qui si sposteranno alla sede del Parlamento. «Sarà una manifestazione silenziosa - ha detto ieri Antonio Guadagnini, vice sindaco di Crespano del Grappa e tra i promotori dell’iniziativa - lungo i marciapiedi. Poi nel pomeriggio ci saranno una serie di incontri di una nostra delegazione con presidenti di commissioni sia della Camera che del Senato». Alle 15.30 una delegazione di sindaci incontrerà il ministro per gli Affari Regionali Raffaele Fitto.
IL FENOMENO LA PERIFERIA CHE INSORGE Usate la fantasia, suggerisce lo Stato ai Comuni per bocca del ministro dell’Interno. Ma Renato Moro, sindaco di Sospirolo nel Bellunese, ha ormai dato fondo a tutta quella che aveva, per far quadrare i conti: cos’altro può inventarsi, adesso che ha dimezzato perfino la dotazione di penne degli uffici, scendendo da due a una? Anche Rocco Ieracitano, suo collega della friulana Premariacco, ha intaccato tutte le risorse di finanza creativa al ribasso, nel momento in cui, a fronte dell’ultimo rincaro della bolletta elettrica, non ha avuto altra scelta che far spegnere i lampioni. Con l’inchiostro in riserva e la candela in mano: ecco come sono ridotti i municipi italiani, grandi o piccoli che siano.
Che negli ultimi dieci anni hanno dimezzato le spese, mentre le ha raddoppiate quello stesso Stato che li esorta ad essere virtuosi. Con questi chiari (scuri?) di luna, rischia di finire su un binario morto il treno che oggi porta a Roma decine di sindaci veneti in rappresentanza dei 450 protagonisti della «battaglia dell’Irpef».
Già ne hanno avuto un assaggio poco tempo fa, quando a un incontro cui avevano invitato i 75 parlamentari della loro regione se ne sono presentati 15; e se questo è il clima in periferia, figuriamoci nella capitale. Per far funzionare i municipi loro e del resto d’Italia chiedono 10 miliardi, e si sentono rispondere che è una follia; chissà perché non lo è quando la stessa cifra si riferisce al buco del Comune di Roma, al deficit della sanità del Lazio o alle accise sulla benzina della Sicilia.
Sono la voce dei cittadini, ma la fascia tricolore con cui oggi sfileranno sotto le finestre dello Stato è diventata il sostitutivo istituzionale di una cintura da stringere sempre di più. Ad aumentare i buchi da praticare su di essa ha provveduto la manovra d’estate, che ha respinto le due richieste bi-partisan dei sindaci per evitare la penalizzazione causata dal patto di stabilità (cambiare le basi di calcolo, ed escludere dai saldi di riferimento le entrate straordinarie 2007). E che ha diminuito ancor più le già smunte risorse spendibili sul territorio.
Non è una protesta solo veneta: si è già estesa a quattro regioni; e in particolare condivide con la Lombardia, oltre alla richiesta legata all’Irpef, la sollecitazione a individuare rapidamente meccanismi premianti per i Comuni virtuosi, senza aspettare i tempi lunghi di un federalismo che si muove fin dai primi passi su un campo minato.
Tra dieci anni le cose cambieranno, hanno promesso loro; e intanto, come tireranno a campare nei prossimi 3.650 giorni? Certo, non basta che una richiesta parta da un municipio per essere condivisibile, così come non tutti i municipi sono la patria della virtù: a cominciare dall’Anci, la casa comune dei Comuni, ci sono resistenze trasversali e diffuse pure in periferia al superamento del (giustamente) vituperato criterio della spesa storica, se per approvare l’ultimo documento dell’associazione si è dovuti ricorrere a una circonlocuzione, violentando il vocabolario com’è antica consuetudine della politica italiana.
Ma il marcio di un sistema indebitato in modo scandaloso non sta in periferia, dove semmai ci sono complici: alligna e prospera al centro, dove le risorse servono per puntellare un potere sempre più autoreferenziale, e proprio per questo sempre più ingordo.
Nelle loro lunghe e faticose giornate, i sindaci non si occupano di Tav e di Alitalia, di grembiuli scolastici e di tabelle sugli alcolici. Non ne hanno il tempo, perché devono vedersela con le mense scolastiche, la manutenzione delle strade, la sicurezza delle persone, l’assistenza agli anziani, l’aiuto concreto al crescente numero di soggetti in difficoltà; e perché le realtà che amministrano diventano sempre più complesse ed esigenti.
Di fronte ai cittadini, lo Stato sono prima di tutto loro: ministro Brunetta, perché non cominciare a licenziare chi li riduce in cattivo stato?
Francesco Jori