PADOVA. Comincia con una sonora tirata d’orecchie l’ennesimo tentativo di risurrezione del Partito democratico dopo l’ennesima sconfitta. Ieri, il segretario regionale Rosanna Filippin, di fronte al direttivo riunito a Padova, non ha lesinato gli schiaffoni. L’esponente della mozione Bersani si è svuotata le scarpe dalla cava di ghiaia raccolta, un sassolino alla volta, nella lunga quanto contorta rincorsa elettorale che ha portato il partito ad infrangersi sulla corazzata di centrodestra. «Senza un’azione coraggiosa, il Partito Democratico rischia di restare, al Nord, una forza politica marginale, con un radicamento sottoposto ad un’erosione magari lenta ma inesorabile» arringa Filippin, citando Luca Ricolfi, quello del «Perché siamo antipatici» e sottolineando come l’ultima volta in cui il centrosinistra ha saputo farsi interprete dei cambiamenti del paese è stato quindici anni fa: «E’ mancata spesso la capacità di leggere la società e forse anche la volontà di darle voce - sostiene in segretario regionale - a volte, sul compito della rappresentanza è prevalsa la tentazione della pedagogia. Si è creduto che si dovesse convertire il paese, anziché accompagnarne l’evoluzione. Cambiare le teste, anziché modificare le cose». E ancora: «Sono passati anni in cui al Veneto si è guardato in modo semplicistico e fuorviante... il centrosinistra ha perso il contatto con i ceti produttivi e popolari e non è percepito come attore credibile nei territori». Filippin ha quindi indicato le «false cure» da cui rifuggire: il rifugio identitario nello spirito di superiorità ed autosufficienza, il ripiego nelle analisi autoconsolatorie, la svalutazione dell’avversario, il feticcio organizzativo ed il mantra del dibattito sull’identità. Il vaccino contro la sconfitta cronica - assicura Filippin - si compone di «un’identità definita come progetto paese, meccanismi efficaci di selezione della leadership e una rete organizzativa più radicata nella società». La sfida, a questo punto, è «incalzare la Lega sui temi che i veneti le hanno affidato», e non contrapporre «un’agenda immaginaria», affiancando piuttosto la discussione di temi caratterizzanti.
16.5.10
PD Veneto: Rosanna Filippin pungola al rilancio
PADOVA. Comincia con una sonora tirata d’orecchie l’ennesimo tentativo di risurrezione del Partito democratico dopo l’ennesima sconfitta. Ieri, il segretario regionale Rosanna Filippin, di fronte al direttivo riunito a Padova, non ha lesinato gli schiaffoni. L’esponente della mozione Bersani si è svuotata le scarpe dalla cava di ghiaia raccolta, un sassolino alla volta, nella lunga quanto contorta rincorsa elettorale che ha portato il partito ad infrangersi sulla corazzata di centrodestra. «Senza un’azione coraggiosa, il Partito Democratico rischia di restare, al Nord, una forza politica marginale, con un radicamento sottoposto ad un’erosione magari lenta ma inesorabile» arringa Filippin, citando Luca Ricolfi, quello del «Perché siamo antipatici» e sottolineando come l’ultima volta in cui il centrosinistra ha saputo farsi interprete dei cambiamenti del paese è stato quindici anni fa: «E’ mancata spesso la capacità di leggere la società e forse anche la volontà di darle voce - sostiene in segretario regionale - a volte, sul compito della rappresentanza è prevalsa la tentazione della pedagogia. Si è creduto che si dovesse convertire il paese, anziché accompagnarne l’evoluzione. Cambiare le teste, anziché modificare le cose». E ancora: «Sono passati anni in cui al Veneto si è guardato in modo semplicistico e fuorviante... il centrosinistra ha perso il contatto con i ceti produttivi e popolari e non è percepito come attore credibile nei territori». Filippin ha quindi indicato le «false cure» da cui rifuggire: il rifugio identitario nello spirito di superiorità ed autosufficienza, il ripiego nelle analisi autoconsolatorie, la svalutazione dell’avversario, il feticcio organizzativo ed il mantra del dibattito sull’identità. Il vaccino contro la sconfitta cronica - assicura Filippin - si compone di «un’identità definita come progetto paese, meccanismi efficaci di selezione della leadership e una rete organizzativa più radicata nella società». La sfida, a questo punto, è «incalzare la Lega sui temi che i veneti le hanno affidato», e non contrapporre «un’agenda immaginaria», affiancando piuttosto la discussione di temi caratterizzanti.
12.5.10
Il PD contro i tagli regionali al tempo pieno
VENEZIA. Nel prossimo anno scolastico quasi 8000 bambini degli istituti primari saranno esclusi dal tempo pieno. La denuncia arriva dal consigliere regionale del Pd Andrea Causin che ha annunciato un’interrogazione alla Giunta: «Si tratta di una riduzione che colpisce 378 classi - sottolinea il consigliere - ma anche sul fronte del tempo prolungato arrivano pessime notizie: la circolare dell’Ufficio scolastico regionale del 13 aprile scorso annuncia infatti che sarà difficile, per carenza di organico, garantire il servizio a tutte le famiglie che ne hanno fatto richiesta. Il problema è che molti genitori verranno contattati solo nei prossimi giorni».
La Nuova Venezia 12 maggio 2010
Donazzan: «Il tempo pieno aumenta»
VENEZIA. L’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan giudica «strumentale» la polemica sul tempo pieno nella scuola lanciata dai consiglieri del Pd Andrea Causin e Laura Puppato. «La Regione, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale - afferma - sta lavorando da anni per far sì che i tagli siano minimi».
Secondo l’assessore, gli alunni in più che possono usufruire del tempo pieno, rispetto allo scorso anno, «sono 2609 e le relative classi in più a tempo pieno sono ben 113: nel 2010/2011 ci saranno 2064 classi a fronte delle 1951 attuali». Questo significa, in termini percentuali, un incremento dell’1,16%: nel 2010/2011 ci sarà il 18,09% di classi a tempo pieno, a fronte dell’attuale 16,93%» conclude Donazzan.
«Quest’anno come nei precedenti anni, si accusa una pesante riduzione delle cattedre disponibili per la scuola primaria, ma così non è per il Veneto dove, rispetto al contingente assegnato dal Miur siamo riusciti ad ottenere 76 cattedre in più, passando da un taglio di 728 cattedre a 652.
Ribatte a sua volta il consigliere del Pd Andrea Causin: «Prendiamo atto che la Regione offrirà, forse, qualche tempo pieno in più. Quello che però l’assessore non dice, e che noi chiediamo di sapere, è quante classi restano scoperte e quante sono le domande, e quindi gli alunni, in più che non trovano una risposta soddisfacente».