Pagine

6.10.12

Referendum tematici PD: per riempire di contenuti il percorso verso le Elezioni Nazionali


La Nuova Venezia 05 ottobre 2012 

Parte la raccolta firme per i sei referendum di Civati

Arriva anche in città la raccolta firme per i sei referendum interni al Pd, proposti da Giuseppe Civati di Prossima Italia per lanciare una sfida al partito al di là delle primarie. Obbiettivo: raccogliere 30.500 firme a livello nazionale tra gli iscritti, numero corrispondente al 5% delle tessere, prima delle votazioni per scegliere il candidato premier del centro sinistra. L’iniziativa è stata presentata, ieri, nella sede provinciale del Pd in via Cecchini da Gianluca Mimmo, 24 anni, membro dell’assemblea nazionale dei democratici. Erano presenti il segretario comunale del partito Claudio Borghello e il segretario provinciale Michele Mognato, la segretaria del circolo di San Donà Francesca Zottis e Luciana Mion della segreteria provinciale. «Nonostante il dibattito nazionale interno ed esterno al Pd», ha detto Mimmo, «sia incentrato sulle figure di Bersani e di Renzi, io insieme ad altri membri dell’assemblea nazionale, fra cui vi è Giuseppe Civati (consigliere regionale della Lombardia e dirigente nazionale del partito), abbiamo deciso di lanciare una sfida a tutto il partito, candidati compresi. Stiamo presentando in questi giorni a tutti gli iscritti e alla cittadinanza sei referendum tematici sul Pd. Il referendum è disciplinato dallo statuto nazionale. Noi vorremmo che iscritti ed elettori, il giorno in cui si svolgeranno le primarie per il candidato premier, si esprimessero su riforma fiscale, reddito minimo, incandidabilità, consumo di suolo, matrimonio gay ed alleanze». L’idea è di dare la parola agli iscritti affinché diano un’indicazione all’agenda del partito anche su temi in cui non mancano le divisioni interne. Mognato, però, ha fatto delle precisazioni cominciando col dire che «lo statuto del Pd prevede già l’incandidabilità di chi sia indagato o condannato anche solo in primo grado. Inoltre, ritengo che sarebbe opportuno che primarie e referendum non si tenessero nello stesso giorno per evitare confusione». Il segretario provinciale, inoltre, ha sottolineato: «Il nostro è un partito democratico non solo di nome ma anche di fatto e lo dimostrano le tante forme di consultazione previste dallo statuto». (mi.bu.)

15.9.12

Laura Puppato: una candidata veneta alle primarie del centrosinistra


La Nuova Venezia 14 settembre 2012 

Pd, scende in campo Puppato «Parlo ai delusi dalla politica»

31.8.12

Primarie del centrosinistra: la sfida di Matteo Renzi


La Nuova Venezia 31 agosto 2012 

LA SFIDA DEL SINDACO DI FIRENZE

Con la sfida di Matteo Renzi la questione delle primarie, da discussione astratta e un po’ asettica, diventa una partita concreta e reale: un duello, con quell’elemento di passione e di gusto per la partecipazione che la politica può dare. Certo, è una partita problematica, e per certi aspetti surreale: non se ne conoscono ancora le regole e, date le incertezze sul prossimo sistema elettorale, nemmeno la coalizione di riferimento. C’è quindi un elemento di coraggio un po’ guascone nel decidere di rompere gli indugi e scendere in campo, con il rischio che chi deciderà le regole lo faccia a uso e consumo del proprio candidato di riferimento. Ma la partita è decisiva, anche per il futuro dello schieramento riformatore. Renzi parte svantaggiato, come ovvio: il Partito Democratico – che le primarie le ha introdotte per volontà di vertice e con il consenso entusiasta dell’elettorato, ma subìte in parte dell’apparato – non ha ancora interiorizzato che esse servono per scegliere il leader, e quindi non ci dovrebbe essere, di default, un candidato di partito, per il semplice motivo che anche lo sfidante appartiene allo stesso partito. Ma tant’è, le inerzie dominano, e per i più il candidato di partito sarà Bersani. Ma, tra tanti altri oppositori del segretario, Renzi ha avuto il merito di decidersi e di autocandidarsi al rinnovamento della leadership: in maniera esplicita, e dall’interno del Pd, anche se ci saranno candidature esterne come quelle di Vendola, di Tabacci, e forse di altri. In questo ruolo può intercettare molti malumori. Bersani, come segretario, e per la competenza dimostrata da ministro, piace a molti: il consenso ricevuto alle primarie lo dimostra. Ma Bersani non rappresenta solo se stesso: rappresenta un modello di partito e di politica avversata da molti che pure hanno stima personale nei suoi confronti. Di fatto, rappresenta la continuità con il modello Pci-Pds-Ds alleato alla tradizione Dc-Popolari-Margherita, mentre molti che hanno sostenuto il Pd avrebbero voluto un’altra cosa, un progetto diverso, davvero innovativo rispetto agli schemi della prima e della seconda repubblica, fatto di metodi e di volti nuovi, che non rappresentassero l’establishment del passato. Renzi vuole coalizzare questo dissenso per trasformarlo in proposta politica, in questo andando al di là delle tradizionali etichette destra-sinistra: tra i suoi sostenitori si trovano economisti liberal e promotori di un nuovo modello di sviluppo legato alla green economy e alla rete, cattolici e laici (e cattolici laici, che non accettano più questa dicotomia anch’essa del passato), persone che guardano al centro e altre che guardano con simpatia a Vendola e alle istanze dell’elettorato grillino, con la capacità di aperture più significative di quelle consentite dalle mediazioni di partito nel campo dei diritti civili, e altro ancora. Soprattutto persone diverse, più giovani della media, che in questi anni non hanno avuto la possibilità di far sentire la propria voce all’interno del Pd: che per questa ragione in parte ha perso, per proprie responsabilità, il capitale sociale di partito nuovo, alternativo agli schemi del passato, che aveva all’inizio. È significativo che per lanciare la sua sfida Renzi abbia scelto il Veneto: che non è la sua terra, e nemmeno un luogo dove il Pd e il centrosinistra sono forti. Al contrario, una regione dove governa il centrodestra, se non in poche città, in cui il centrosinistra gode di un consenso inferiore alla media nazionale, e non ha mai dato grandi prove elettorali, e quindi tanto più bisognoso di rinnovamento radicale e di riscatto. Sarà dunque interessante vedere come si evolverà la sfida interna proprio in questa che, dopo tutto, per il Pd e il centrosinistra è terra di conquista, in cui giocare all’attacco, e non in difesa, se vuole sperare di contare più di quanto non abbia contato in passato. 
di STEFANO ALLIEVI 

10.7.12

Anche l'ex segretario regionale Veneto Giaretta tra i 15 firmatari dell'appello pro Agenda Monti


fonte: Corriere della Sera il 10 luglio 2012

L’AGENDA MONTI AL CENTRO DELLA PROSSIMA LEGISLATURA

DEL PROGRAMMA DELL’ATTUALE GOVERNO IL PARTITO DEMOCRATICO DEVE FARE CON COERENZA IL PROPRIO PROGRAMMA DI GOVERNO PER LA PROSSIMA SCADENZA ELETTORALE, COLLOCANDOLO IN UNA PROSPETTIVA ALMENO DECENNALE

Il Governo Monti ha assunto un ruolo da protagonista in Europa: dagli interventi immediati per far fronte all’emergenza, fino ad un nuovo ambizioso piano di unione fiscale, finanziaria e politica, sono le proposte e le iniziative italiane a informare di sé il confronto, le possibili soluzioni, le tappe di un credibile percorso di avvicinamento agli obiettivi.
Per noi, che siamo tra quanti hanno prima proposto e poi attivamente operato perché il Governo Monti nascesse, si tratta di una conferma attesa: l’azione sviluppata dal presidente del Consiglio e dal suo Governo in questi mesi – sia in Italia, sia nell’Unione Europea e nel più ampio contesto globale – può essere coronata da successo e deve quindi essere sostenuta, con piena convinzione, fino alla scadenza naturale della legislatura, nella primavera del 2013.
I termini essenziali dell’agenda riformatrice dei prossimi mesi sono chiari: incisiva e coraggiosa revisione della spesa pubblica, per conseguire il pareggio strutturale di bilancio, per ridurre l’imposizione fiscale sul lavoro e l’impresa, per tornare a investire sulla formazione del capitale umano, sulla ricerca e sull’infrastrutturazione del Paese, per
introdurre maggiori elementi di equità intergenerazionale nel sistema del welfare, affrontando la fase transitoria  con soluzioni coerenti e non regressive rispetto alla logica della riforma. Nel breve, devono derivare da risparmi di spesa le risorse necessarie per centrare l’obiettivo del pareggio strutturale senza ricorrere – dal primo ottobre prossimo – al già deliberato aumento delle aliquote Iva, che finirebbe per approfondire la recessione in atto.
È in questo contesto che noi vogliamo operare, nell’immediato, per il pieno superamento, nel Partito democratico – che ha avuto il merito di concorrere in modo determinante a questa decisiva svolta politica – di ogni residua ambiguità sul giudizio circa l’azione svolta fino ad oggi dal Governo Monti.  Al sostegno, col voto parlamentare, delle iniziative di riforma, si sono troppo spesso accompagnate critiche aspre e manifestate intenzioni di revisione non ispirate al superamento delle lacune certamente presenti, ma all’obiettivo di inaccettabili inversioni della direzione di marcia.
Di più: considerato che la fase di crisi e di difficoltà non si concluderà in tempi brevi e che i processi virtuosi avviati (pensiamo solo allo spostamento di prelievo dai redditi da lavoro ai patrimoni) daranno i loro frutti solo attraverso una pluriennale azione di governo, noi intendiamo promuovere nel Pd una trasparente discussione sulle strade che vanno
intraprese perché obiettivi e principi ispiratori dell’agenda del Governo Monti – collocati dentro un disegno almeno decennale di cambiamento del paese – possano travalicare i limiti temporali di questa legislatura e permeare di sé la prossima. Siamo infatti convinti che debba essere in primo luogo il Pd – quale partito asse dello schieramento riformatore – a rendere credibile questo proposito, che corrisponde alle aspettative della maggioranza degli italiani.
Su questo tema, abbiamo pensato di convocare una prima assemblea di discussione a Roma, venerdì 20 luglio alle ore 16.30, presso le Scuderie di Palazzo Ruspoli, ingresso via della Fontanella Borghese n. 56/b.
  1. Alessandro Maran
  2. Antonello Cabras
  3. Claudia Mancina
  4. Enrico Morando
  5. Giorgio Tonini
  6. Magda Negri
  7. Marco Follini
  8. Marilena Adamo
  9. Paolo Gentiloni
  10. Paolo Giaretta
  11. Pietro Ichino
  12. Salvatore Vassallo
  13. Stefano Ceccanti
  14. Umberto Ranieri
  15. Vinicio Peluffo

26.6.12

Da nord, per la ricostruzione nazionale

La Nuova Venezia 26 giugno 2012


PADOVA La coincidenza spazio-temporale con il congresso del Carroccio autorizza ipotesi maliziose ma Laura Puppato taglia corto: «La Lega non è più un nostro competitor». Premessa balzandosa, quella del capogruppo regionale del Pd, alla presentazione del forum settentrionale del partito che sabato, a Milano, riunirà le assemblee di Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Liguria. Lo slogan («Da nord per la ricostruzione nazionale») echeggia un po’ la formula dell’«usato sicuro» di Pierluigi Bersani, chiamato a concludere i lavori: federalismo ma senza strappi, autonomia del territorio ma nella cornice tricolore.

 «Quest’idea è nata ben prima degli scandali che hanno colpito Lega e Pdl», fa sapere il segretario veneto Rosanna Filippin «perché una questione settentrionale esiste, anzi, è più attuale che mai e non vogliamo che lo tsunami amministrativo travolga la riforma federalista di cui c’è bisogno per far ripartire il Paese. Il Nord esprime il 30% della popolazione italiana e il 50% del Pil, perciò il progetto di cambiamento deve decollare da qui». 

Nel forum si lavorerà per temi al Veneto è affidato il coordinamento del gruppo dedicato a fisco e autonomie locali. «C'è un'iniquità fiscale da correggere», riprende Puppato «e riguarda la ripartizione del carico tra i territori e tra rendita e lavoro. La nostra indicazione è per un'Imu e la tassa di Registro restino al 100% ai Comuni, primo passo per una vera autonomia fiscale degli enti locali. E per un Patto di Stabilità che liberi risorse per gli enti locali: la rigidità degli attuali vincoli di spesa non è stata dettata dall’Unione europea, è opera del Governo Berlusconi». 

Il sospetto: cavalcare le pulsioni nordiste senza scontentare il centralismo romano, istituzionale e di partito, non equivale a sparare a salve? «Le gestioni centraliste non saranno più ammesse, neppure dentro il Pd», è la replica di Filippin «lanciare i progetti di governo a partire dai territori è anche un modo concreto di innovare le modalità del fare politica. Un cambiamento che deve riguardare anche i meccanismi di scelta dei futuri candidati al Parlamento». 

Bersani è d’accordo? «Certamente». Eppure il segretario aveva storto il naso all’idea di un Pd veneto federato alla direzione romana... «Non è importante l’etichetta ma la sostanza», ribatte Puppato «noi non vogliamo frazionare il partito ma crediamo che il Nord sia portatore di esigenze e visioni utili all’intero Paese a cominciare dalla volontà di riformare lo Stato: l’amministrazione pubblica italiana è la più lontana d’Europa dai cittadini». 

Fin qui le primedonne del partito democratico, che accantona le divergenze congelando i potenziali motivi di contrasto. Un esempio? La nomina del vicesegretario regionale, vacante dopo l’addio di Andrea Causin, approdato a Italia Futura. Un sondaggio interno ha rivelato un netto disaccordo sul nome del successore: la casella resterà vuota. (f.tos.)

15.5.12

Elezioni Amministrative 6/7 Maggio 2012: un'analisi del voto


Federico Bettin - responsabile organizzazione Giovani Democratici del Veneto

15/05/2012 Padova

Analisi tornata amministrativa e sguardo all'Europa

Le amministrative che si sono tenute giusto lo scorso weekend avevano un sapore profondamente politico: erano la prima tornata elettorale dall'incarico al governo Monti, caratterizzato da insolite e contingenti maggioranze e minoranze. Leggerlo solo come un voto legato ai candidati territoriali è un esercizio di equilibrismo che francamente ci si può risparmiare.
Nell'analisi che seguirà si confronteranno le percentuali delle ultime elezioni regionali con quelle di questa tornata amministrativa, prendendo in considerazione solamente i 26 comuni capoluogo. Si dovrà quindi tenere conto della presenza delle liste civiche, che nelle tornate amministrative erodono consenso ai partiti che partecipano alla coalizione.


PDL  
Il partito del'ex Premier crolla dal 28.8% al 11.6%: paga sicuramente la disillusione del suo
elettorato che per un ventennio ha atteso politiche sempre decantate ma mai attuate. A questa disillusione ha sicuramente contribuito anche l'eredità del passato esecutivo Berlusconi II, che non ha saputo fronteggiare la situazione di crisi, fino all'epilogo di fine 2011. Da allora, il PDL ha provato a ritagliarsi un profilo più istituzionale, nella speranza di recuperare un consenso che già si percepiva chiaramente perduto, ma a quanto pare questa speranza si è confermata vana. Quello che era stato il suo punto indiscusso di forza, ossia un leader carismatico, che aveva personificato il partito in sé stesso, è diventato anche la sua zavorra, perchè è un peso di cui non ci può liberare: è il rischio dei partiti personali, ossia il cambio della guardia spesso è inefficace in quanto nel momento in cui si realizza il partito cessa di essere.


LEGA
Probabilmente il crollo più vistoso, in maniera particolare in quanto avviene dopo un trend di ascesa continua. Si passa infatti dal 16.5% al 2.72%: una vera Caporetto! Il dato di una delle città simbolo dell'amministrazione leghista, Verona, conferma le difficoltà della Lega: la vittoria schiacciante di Tosi avviene con la Lega che si ferma al 10.7% e l'alleata Lista Civica – Per Verona che fa man bassa raggiungendo il 37.2%. A questo si sommi che Tosi è proprio il candidato leghista che con grande fiuto politico già da tempo si è dissociato dal partito.


Dal punto di vista programmatico si consideri che quello che è stato uno storico cavallo di battaglia, quello della sicurezza, non è stato più ripresentato dato che le tematiche economiche ormai fanno da padrone della scena.
Un tema che invece tiene banco è quello della critica all'attuale classe politica e la Lega qua aveva deciso di puntare, dopo la caduta del Governo Berlusconi, cercando di dare un'immagine di forza nuovamente popolare e pragmatica, più preoccupata di stare tra la gente che nelle stanze dei bottoni romani. Questo obiettivo non è stato raggiunto, e qua molto ha contato di sicuro lo scandalo sui fondi del finanziamento pubblico, ma certo molto ha anche pesato l'altisonanza di una forza che, improvvisamente, si trovava a rapportarsi con i cittadini come se fino a qualche giorno prima al governo non ci fosse stata.
Nel Nord, unica area di riferimento, inoltre forte è la delusione per il mancato federalismo e in genere di tutto ciò che la Lega aveva promesso per il bene del Nord e che non c'è stato.
Probabilmente la Lega proverà a ricominciare da zero, dalle amministrazioni locali, cercando nel frattempo di capire le sorti del PDL, unica forza che sembra possa essere interessata ad un'alleanza, ma certo anche qua è tutto molto in salita.


UDC-TERZO POLO
La coalizione centrista guadagna rispetto a due anni fa, se infatti l'UDC resta pressochè stabile, dal 4.8% al 5.0%, si deve aggiungere circa un 3% totale dato da FLI e API (non presenti alla passata tornata elettorale di riferimento), oltre all'MPA che si attesta al 2.3%. Le recenti dichiarazioni di abbandono del progetto “Terzo Polo”, nonostante un risultato positivo, si possono spiegare solamente con una delusione per un progetto che si credeva capace di assorbire in particolare il malcontento degli elettori delusi del PDL, un bacino potenzialmente interessato dal progetto di una forza moderata che, talvolta, ha cercato di lanciare segnali anche verso chi era rimasto, affascinato prima, e deluso poi dalla visione della rivoluzione liberale berlusconiana.


PD
E' il mio partito, mi si permetta di spendere anche qualche parola dovuta alle sensazioni che in questo ultimo periodo ho avuto. Qualche mese fa, all'inizio dell'esperienza montiana, sebbene credessi nella giustezza della decisione del sostegno, avrei scommesso su una forte contrazione del consenso. I motivi sono molti, forse su tutti quello che abbiamo un elettorato molto esigente, che già è molto critico quando al governo ci siamo solo noi, figurarsi quando si sarebbero dovute prendere decisioni di forte mediazione con forze politiche che chiaramente con noi poco hanno da spartire.
Detto ciò, quando vedo che la contrazione in termini percentuali è stata solamente dal 27.8% al 16.3%, ossia quello che circa è assorbito dalle civiche (le liste del centro-sx, tolti i maggiori partiti, ossia IDV, PD e SEL fanno infatti il 13.9%) e che siamo il primo partito nel Nord rimango molto sorpreso. Nel Sud invece i risultati sono più modesti, qua va fatto un particolare e serio “mea culpa”; veniamo infatti da situazioni che hanno messo a dura prova la pazienza del nostro elettorato e solo per citarne alcune ricordo l'esperienza amministrativa da poco terminata a Napoli, la discutibile scelta di sostengo alla Giunta Lombardo e le primarie perse in Puglia.
Tornando al quadro complessivo, sebbene sia cosciente che il periodo che da qua va a fine anno sarà il più pesante, dalla questione esodati alla perdita di posti di lavoro, dall'aumento dell'IVA fino al pagamento dell'IMU, ribadisco che per ora sono sostanzialmente soddisfatto dei risultati sopra riportati.
Mi è stato insegnato però anche di guardare con molta attenzione ai voti in termini assoluti (oltre che percentuali), e qui la situazione si fa più delicata, e certamente la forte astensione influisce molto. Se guardiamo i dati da questo punto di vista anche noi abbiamo perso del consenso, molto meno di altri certamente, ma non si può e non si deve far finta di nulla. Credo seriamente che siamo un partito che molto si mette in discussione, che dedica molto tempo all'elaborazione politica, caratteristiche queste che molto raramente vedo in altre realtà. Non dobbiamo aver paura di uscire con le nostre idee, tanto che questa esperienza ci ha insegnato che il nostro elettorato capisce le situazioni ed è pronto ad ascoltare. Talvolta ci preoccupiamo troppo di esser chiari e precisi nel
presentare le nostre posizioni, ottenendo come effetto contrario un alone di scarsa chiarezza che questo si che ci penalizza sul serio. Bisogna tornare a mettere la politica al centro, ma contemporaneamente anche a essere più intransigenti verso comportamenti che mortificano, spesso anche troppo, l'ottimo lavoro di molte persone.


MOVIMENTO 5 STELLE
Certamente la novità della tornata elettorale: sono passati da un comunque importante 4.8% ad un 7.0% che conferma un trend di rapida ascesa.
Sono profondamente convinto che la loro rete locale non sia così radicata (un esempio, non è uno particolare, è un trend diffuso: a Verona il PD prende il 14.8% e i primi due candidati della lista hanno 1850 e 921 preferenze, il Movimento 5 Stelle con il 9.5% ha i primi due con 225 e 201 preferenze) ma certamente si sta facendo un forte lavoro anche con candidati competenti e con voglia di spendersi, che se continuerà potrebbe portare ad una realtà capace anche di stabilizzarsi.
É un movimento che soffre di molte patologie che ho già descritto essere tipiche del PDL (leader carismatico che costruisce un partito a sua immagine e dipendenza) e rischi annessi, e che sta lanciando molti messaggi di forte populismo (dagli ambigui segnali sull'immigrazione, all'eurofobia, solo per citarne alcuni) che ormai anche la Lega stessa, fino a poco tempo fa, riproponeva con sempre maggior cautela. Sempre in analogia alla prima Lega rifiuta il confronto, volendo sottolineare contemporaneamente il distacco dai partiti tradizionali, che si realizza in un distacco dai posti e dalle consuetudini degli stessi.
Questi paragoni tuttavia ci devono indurre a non snobbare questa formazione, lo si fece appunto con i due esempi di qualche riga sopra, e poi questi sono diventati attori primari della vita politica di questo paese negli ultimi vent'anni. In particolare non dobbiamo sottovalutare il sentimento di cui si fa valvola di sfogo, l'antipolitica di cui si fanno da tramite si vince solamente con comportamenti più attenti e trasparenti.


LE ALTRE FORZE E IL QUADRO POLITICO ATTUALE
Dal punto di vista globale i dati danno una netta vittoria alle forze di centro-sx, ma sono risultati amministrativi, a livello parlamentare in numeri non cambiano, sebbene queste forze ora godano di una maggiore autorevolezza.
Un altro dato importante è che i partiti tradizionali che si sono opposti al Governo Monti, sia l'IDV che quelli extra-parlamentari, non hanno avuto il ritorno elettorale che si aspettavano, anzi i voti di dissenso, quando ci sono stati, sono andati a rimpinguare le fila del Movimento 5 Stelle o quelle dell'astensionismo. Risulta quindi evidente, e questo deve destare preoccupazione, che i partiti tradizionali non sono più in grado di intercettare il dissenso.
Questa protesta che sta montando, unita al fatto che la forza di maggior peso parlamentare nella maggioranza ha subito un tracollo di consensi, certamente influenzeranno la futura attività parlamentare. Difficilmente questo andrà ad influire, almeno nell'immediato, nella durata del governo: il PDL si trova in un forte stato di disorientamento, andare a votare adesso, con il partito in questo stato, significherebbe il certificato di morte anche a livello nazionale; eventuali manovre di modifica del partito richiedono un po' di tempo. Di certo si potrebbero sempre più andare a modificare i rapporti tra le forze politiche e le priorità nelle azioni.
Partendo dalle priorità, per tentare di arginare il fenomeno “Grillo”, si darà sempre più spazio alle riforme che dovrebbero arginare l'antipolitica (ed in questo contesto si inserisce anche l'approvazione in Commissione del taglio del 50% della rata di luglio dei finanziamenti ai partiti proposta inizialmente dal PD). É probabile che queste misure posticipino una serie di questioni che altrimenti avrebbero avuto la priorità, su di tutte la riforma del mercato del lavoro.
In particolare su quest ultimo tema, nonostante in Commissione al Senato il clima fino ad ora sia stato collaborativo, probabilmente il PDL aumenterà la sua opera di presa di distanze attraverso i suoi maggiori dirigenti nei mezzi stampa, e difficilmente questo potrà non avere effetti negativi sulle tempistiche e sulla qualità della discussione.
Il progetto di riforma costituzionale invece temo sia ora su un binario morto, è infatti richiesta una prima votazione entro maggio, ma vista la delicatezza del tema e il nuovo ordine di priorità, è difficile che il clima sia adatto ad una discussione tanto delicata quanto interessata ad avere ampie convergenze.Più margine c'è invece sulla questione della riforma elettorale, anche perchè si è già arrivati ad uno stadio maturo del confronto, unica vera e forte difficoltà può essere quella che molti partiti stiano ripensando al loro futuro, e questo potrebbe indurli a temporeggiare per capire quale sistema elettorale si adatta meglio ad eventuali nuove esigenze.


UNO SGUARDO ALL'EUROPA
Che la situazione greca fosse particolarmente difficile era già noto e altrettanto annunciato era il crollo dei due partiti dell'uscente maggioranza. Il quadro particolarmente frammentato, condito dall'ascesa di formazioni che di democratico hanno poco, probabilmente porterà e elezioni immediate, e bisogna esser seriamente preoccupati da un'eventuale conferma o addirittura aumento del consenso verso queste forze fortemente reazionarie.
Tuttavia c'è un dato politico più ampio, ovunque nascono forze di profondo dissenso e trainate da un forte e pericoloso populismo, in Francia si chiama Front National, in Grecia in particolare Alba Dorata.
Il risultato è un'Europa che appare stanca e ormai rassegnata, che invece che investire in una maggiore unità e unione d'intenti agisce in maniera totalmente scoordinata e irrazionale, comportamenti questi che aumentano solo la possibilità che stato dopo stato si salti come birilli.
É proprio da qui, dal livello europeo, che i partiti devono cominciare le nuove politiche, è da questa dimensione, fino ad ora spesso snobbata o comunque poco esplorata che possono partire quelle misure che possono finalmente ridare slancio al (speriamo non troppo) Vecchio Continente.




14.4.12

PD provincia Venezia: nei bilanci, massima trasparenza

La Nuova Venezia 14/04/2012
Roberta De Rossi
«Basta, il Pd non c’entra»
Mognato: «I nostri conti trasparenti, non siamo tutti ladri»

«Basta, mi sono veramente rotto di questo considerare i politici tutti uguali, tutti ladri: quel che dovevo dire di Brentan l'ho detto mesi fa. Abbiamo la massima fiducia nella magistratura, aspettiamo i risultati delle indagini e lui si è sospeso dal Pd dal primo giorno. Non ho niente da aggiungere».
Per una volta il flemmatico segretario provinciale del Pd, l'ex vicesindaco Michele Mognato, perde le staffe: nei giorni dei conti del Trota e degli investimenti all'estero della Lega, di chi vorrebbe togliere sino all'ultimo euro di finanziamento pubblico ai partiti, di indagini su questo o quel politico, di tangenti lette come finanziamento illecito, Mognato sbotta: «Mi sono rotto, non siamo tutti santi, ma certamente non tutti ladri noi politici». Poi, però, argomenta: più che di Brentan - «Non devo difendere nessuno, vedremo i risultati dell'inchiesta» - a farlo arrabbiare è
l'antipolitica che additata a “casta”chiunque faccia politica .

E per dimostrare che il finanziamento pubblico è necessario - «Non può fare politica solo chi ha i miliardi come Berlusconi o chi fa accordi con le lobby» - ma anche che non è l'unica risorsa di un vero partito, presenta i conti della suo, di partito: il bilancio da 330 mila euro nel 2011, per la segreteria provinciale. Le entrate arrivano dagli oltre 5 mila tesserati: la tessera costa 10 euro, metà alla sezione, metà alla segreteria.
«Ma è ovvio che molti danno di più: io, ad esempio, ne do 500», dice Mognato. Poi c'è il 15% dei gettoni percepiti versato (sul lordo) dai consiglieri comunali, provinciali e regionali. La quota di rimborso regionale. I parlamentari eletti in provincia danno circa mille euro al mese. Poi i contributi delle feste e dei «salvadanai» esposti a questa o quell'iniziativa.
E le spese? Circa 100 mila euro per il personale : due dipendenti e 34 mila euro della sua indennità da segretario, «ma sono in aspettativa non pagata dal mio lavoro», spiega Mognato. Altri 60 mila euro di bollette, utenze, pulizie della sede. Centomila euro l'anno sono i costi delle iniziative politiche, campagne, manifesti, volantinaggi, gazebo organizzati nell'anno in provincia. I rimborsi «tutti certificati: il nostro partito è l'unico con i bilanci già certificati da anni da revisori dei conti della Banca d'Italia. I bilanci del Pd sono sul sito, anche il nostro a livello provinciale.
Ho chiuso il consultivo 2011 e il preventivo 2012 proprio in questi giorni: appena approvato dal direttivo lo pubblicheremo, insieme ai corrispettivi e redditi dei nostri amministratori», promette
Mognato, «così vive un partito come il nostro: la trasparenza è necessaria, ma non è giusto trattare tutti come una casta, né che a far politica siamo solo i ricchi».

11.4.12

Petizione PD per difendere l'ospedale di Dolo


La Nuova Venezia 11-4-2012
Intervenire ora per salvare la sanità locale:
MIRA. Per contrastare il rischio chiusura dell’ospedale di Dolo continua la mobilitazione in Riviera di sindaci e partiti. Il sindaco uscente Michele Carpinetti propone Mira come sede di una Conferenza sulla sanità. «Nel Piano regionale per la Sanità», spiega Carpinetti, «l’Asl13 ha tutte le caratteristiche per andare avanti ed essere rafforzata: 270.000 abitanti ed eccellenze che attraggono molti pazienti di altre Asl. Non si tratta di chiudere, ma dimostrare invece che con gli investimenti si può essere all’avanguardia. È invitato il presidente della Regione, Luca Zaia».

28.3.12

PD Veneto: il punto della situazione alla vigilia delle elezioni amministrative

PD VENETO 05/03/2012 - Direzione Regionale - Relazione di Rosanna Filippin

Questa direzione regionale si ritrova in un momento delicato per la vita politica nazionale e decisivo per quella regionale.
Nelle ultime settimane il nostro partito è stato protagonista di un’iniziativa di comunicazione, portata in tutte le province del Veneto. “L’Italia è cambiata, cambiamo il Veneto”: è questo il messaggio che abbiamo portato ai cittadini della regione.
Ed è da questo messaggio che voglio ripartire oggi.
Abbiamo sottolineato un dato di fatto, cioè che in Italia niente è né sarà più politicamente come prima.
E abbiamo indicato un obiettivo: mettere in campo in Veneto un’alternativa credibile all’offerta politica del centrodestra.
Il governo Monti sta segnando un punto di svolta nella politica italiana e non solo perché ha coinciso con un passo indietro di Berlusconi dalla scena politica:
- A livello europeo l’Italia è ritornata un attore credibile, dopo anni di discredito in cui abbiamo subito passivamente le scelte altrui.
- Sul fronte dei conti pubblici sono state adottate le misure necessarie per superare l’emergenza, dopo un anno in cui il deficit di credibilità ha vanificato ogni volta gli sforzi sostenuti dagli italiani con 5 diverse manovre economiche.
- Guardiamo alla discesa dello spread : i livelli attuali - al di là della competizione con la Spagna - (310 contro i 312 di Madrid) valgono rispetto ai 575 punti di Berlusconi una manovra da 55 miliardi.
- Sul fronte delle riforme si sono aperti dei cantieri: fisco, liberalizzazioni, lavoro. Temi fondamentali su cui il centrodestra aveva congelato ogni iniziativa.
- Le nuove condizioni del quadro politico, assieme alla precedente mobilitazione del popolo referendario, hanno costretto il parlamento a riaprire la discussione sulla legge elettorale.
Dicevo prima che in Italia niente è né sarà più politicamente come prima.
Una parola sulle primarie di Palermo. L’errore più grave che il PD può fare è pensare che, finita la parentesi del governo tecnico – il quadro politico tornerà ad essere quello dell’ottobre 2011.
Certo, il governo Monti non è il governo del Pd.
Noi lo sosteniamo con forza, con lealtà e con convinzione. Ma lo sosteniamo senza rinunciare alle nostre idee. E i dati ci dicono che i nostri elettori comprendono e sostengono questa scelta. Il governo Monti ha proprio nell’elettorato del Pd il sostegno più convinto.
Il minor consenso del Governo Monti tra gli elettori di Lega e Pdl spiega il fatto che, nel Nordest, il tasso di gradimento sia più basso che in altre aree del paese, eppure è significativo il fatto che la fiducia verso questo Governo, in tempi in cui la fiducia verso i partiti è molto bassa, per non dire ai minimi storici, sia forte anche tra gli elettori della Lega e del Pdl.
I dati parlano chiaro. Secondo l’indagine di Demos pubblicata dal Gazzettino alcuni giorni fa, il 55% dei cittadini del Nordest promuove l’operato del Governo Monti. Nel settembre 2011 il Governo Berlusconi godeva dell’approvazione del 22% del campione.
Mentre il Partito Democratico ha scelto di sostenere con coerenza il Governo Monti, la Lega ha puntato sul proprio orticello di partito. La sua scelta è apprezzata solo dal 28% dei cittadini del Nordest. Ecco perché, senza rinunciare alle nostre idee, credo sia stato giusto valorizzare il sostegno che il nostro partito offre al Governo, perché è questa scelta di responsabilità e lungimiranza che ci permette di costruire un profilo di maggiore credibilità anche in questo territorio, storicamente difficile per noi.
Il ruolo del PD
Al Veneto dobbiamo dire alcune parole chiare. La nostra regione si salva se si salva l’Italia, all’interno di un’Europa che risolve la propria crisi e trova strumenti per il proprio rilancio. La chiusura nel fortino locale che la Lega propone per pura propaganda non solo non è una soluzione, ma sarebbe una scelta dannosa.
Dopo anni di velenosa retorica anti-europea, oggi ci rendiamo conto di quanta Europa abbia bisogno la nostra economia locale:
- Ci serve una maggiore integrazione con il resto d’Europa, perché la sfida non è più con il nostro vicino Est, ma con colossi economici, demografici e politici che incidono sugli equilibri mondiali. India, Cina, Brasile.
- Il Nordest e il Veneto, se vogliono trovare un modello di sviluppo sostenibile e durevole, devono essere più integrati al loro interno e con il resto d’Europa.
Serve una politica di integrazione e aggregazione delle nostre risorse:
- Il sistema delle infrastrutture e della logistica.
- Una scelta di sistema a favore dello sviluppo innovativo e sostenibile
- Il sistema delle multiutility, che altrimenti rischia di diventare preda.
- La rete delle università..
Serve una leadership politica capace di visione.
La Lega sogna per ragioni di partito un Veneto all’opposizione dell’unico serio tentativo di riforma nato in Italia negli ultimi dieci anni.
I dati ci dicono che i Veneti non sono all’opposizione del Governo Monti.
Perché ne apprezzano la competenza, la serietà, il decisionismo.
Anche se non condividono del tutto le sue politiche.
Ecco perché noi dobbiamo perseverare nello sforzo che abbiamo fatto sin qui.
Anche per cogliere opportunità politiche che sul terreno regionale si stanno evidenziando sempre di più.
Il primo dato è che le divisioni nel centrodestra stanno diventando qualcosa di più della fisiologica competizione interna ad un’alleanza.
Il quadro nazionale alla fine sta diventando determinante:
- Lo è stato per la rottura degli accordi sulle amministrative (da Verona in giù)
- Lo è per l’intensificarsi delle spaccature in Consiglio regionale
La scadenza elettorale delle politiche è destinata ad accentuare queste tensioni, che resteranno sempre meno latenti, anche se il patto di potere che lega Pdl e Lega in Regione è ovviamente un fattore potente di coesione.
L’inconcludenza di Zaia, però, ci offre l’opportunità di indicare agli elettori e alle classi dirigenti del Veneto un’alternativa, una visione diversa per il futuro di questo territorio.
- Noi siamo per un Veneto alleato delle riforme introdotte dal governo Monti, non in guerra con l’esecutivo.
- Siamo per un Veneto che lavora di più per restare collegato all’Europa, dotandosi di una visione della mobilità che non si limiti solo alle nuove reti stradali.
- Qualche battuta sulla TAV : se stiamo in Europa dobbiamo starci sul serio. Da sempre sosteniamo che la sfida del futuro è lo spostamento del traffico ( di persone e cose) dalla gomma al ferro. Sosteniamo il potenziamento della ferrovia e della SFMR. E allora ?
- Siamo per un Veneto che riflette a fondo sul destino, sui costi e sull’efficacia delle proprie società partecipate.
Le opportunità di incalzare il Governo regionale chiamano tutto il nostro partito ad una seria responsabilizzazione.
1) In primo luogo penso al tema della nostra credibilità sul fronte della questione morale.
Penso ad alcune vicende che hanno toccato o sfiorato il partito. Vicende nazionali, come il caso Lusi, ma anche vicende locali.
Il primo passo è un’ancora maggiore trasparenza sul fronte dei bilanci del partito, a tutti i livelli.
Questo significa, cogliendo lo spunto da analoga decisione della Direzione di Venezia dare il via all’anagrafe patrimoniale di eletti e nominati.
Il secondo passo è procedere ad una verifica ufficiale e sistematica, per individuare tutti i casi di cumulo tra incarichi politici e non, per evitare sul nascere ogni possibile distorsione nel rapporto tra il ruolo politico nel partito e il ruolo che esponenti del Pd possono essere chiamati a svolgere in enti, consigli di amministrazione, fondazioni, eccetera.
Ci separa un anno dalle prossime elezioni politiche. E dobbiamo mostrare ai nostri elettori che il Partito Democratico non ha scheletri nell’armadio. A nessun livello.
2) In secondo luogo penso ai territori locali. E ai comuni dove siamo impegnati in vista delle prossime amministrative.
Per la prima volta da anni, in Veneto, i candidati del centrodestra non potranno più contare sul traino di una coalizione politica compatta alle loro spalle.
Nelle prossime sfide, si giocherà una sfida tripolare per giunta con il beneficio del doppio turno, in tutti i centri dove questo è previsto.
Sarà esaltata la capacità dei candidati.
Ecco perché era decisivo, più del solito, avviare nei tempi e nelle forme giusti i processi di costruzione della coalizione e di selezione dei candidati sindaci.
Ci sono realtà locali in cui questo processo è stato ben gestito, ce ne sono altre in cui ci è sfuggito di mano fino a produrre situazioni di doppia candidatura nel campo del centrosinistra.
Dobbiamo imparare ad usare senza farci male gli strumenti che abbiamo e che ci distinguono da tutti gli altri partiti.
E penso ovviamente alle primarie.
Su cui io credo occorra una riflessione. Quando uno strumento che è stato la nostra principale arma di distinzione dal modello berlusconiano di leaderismo diventa un’arma nei regolamenti di conti interni o di coalizione, bisogna riflettere se il problema sia nello strumento o nei rapporti politici che siamo in grado di costruire.
3) Il terzo aspetto riguarda il livello regionale della nostra battaglia politica.
Il Veneto è uno dei due principali teatri di scontro con la Lega e lo è per la visibilità e per il presenzialismo di Zaia.
Per il ruolo che ha oggi la Lega nello scenario nazionale, la nostra battaglia regionale ha una rilevanza non solo Veneta.
Abbiamo quindi una doppia responsabilità. E però anche su questo fronte dobbiamo riflettere.
Siamo alla vigilia della discussione sul bilancio regionale.
Un anno fa, a quest’epoca, sui “tagli di bassa lega” decisi da Zaia il Partito Democratico aveva promosso una manifestazione regionale e iniziative nei territori. Ricordo il comizio in piazza a Padova, manifesti e volantini, iniziative sotto il comune cappello.
Nel corso di quest’anno è stato invece molto difficile coordinare le azioni.
Malgrado ricorrenti occasioni di confronto sulle strategie da adottare e le azioni da intraprendere, l’impressione è stata che il coordinamento dell’iniziativa politica e di comunicazione sia visto quasi con diffidenza e questo è un dato politico non accettabile.
Dobbiamo superare le diffidenze, se ci sono, una volta per tutte.
Arrivare ad una comunicazione congiunta come quella realizzata nel mese di febbraio è stato faticosissimo.
Invece la situazione politica che viviamo richiede azioni incisive e tempi rapidi di movimento.
Il nostro avversario è la Lega, il Gruppo consiliare è nella trincea più avanzata dello scontro. Indichi un obiettivo, i temi su cui condurre la mobilitazione. E il Partito si metterà a disposizione, in tutti i territori, per organizzare e promuovere le iniziative necessarie.
Ma non perdiamo altro tempo.
Il Veneto non è la periferia della battaglia politica del Pd.
È e deve essere una sua linea avanzata. E non è un caso che Bersani abbia scelto il Veneto e Vicenza per parlare di impresa e credito. L’appuntamento è per il 2 aprile, nell’ambito delle iniziative del progetto Destinazione Italia.
Il Veneto è uno dei territori decisivi per rimettere in moto l’economia del paese. Ma è anche uno dei terreni in cui si gioca la sfida per battere il centrodestra nel 2013.
Abbiamo grandi opportunità da cogliere. Trasformarle in passi avanti per il nostro progetto dipende da noi.

7.2.12

Questione morale e PD veneziano: il segretario riafferma la trasparenza, onestà e rigore del partito

La Nuova Venezia 07 febbraio 2012

«Il Pd non c’entra con l’inchiesta i nostri conti sono trasparenti»

23.1.12

Idrovia: i nostri deputati al lavoro

La Nuova Venezia 23 gennaio 2012

UNA PRIORITA’ CHIAMATA IDROVIA

Lettera di RODOLFO VIOLA (Deputato del Pd)

Da quando la Regione Veneto ha deciso di inserire in legge obiettivo l’adeguamento della idrovia Venezia-Padova con la realizzazione della camionabile a completamento del sistema passante e GRAP (Grande Raccordo Anulare di Padova) il confronto sul merito della questione ha assunto toni aspri che entrano nel merito delle questioni solo per demolire le opzioni dei reciproci detrattori,. Idrovia e camionabile (tasselli comunque di un sistema più ampio che dovrebbe comprendere nella riflessione anche Romea Commerciale, Veneto City e quarta corsia della Brescia-Padova) sono il paradigma delle opere pubbliche nel nostro Paese. Completare una modalità di trasporto merci (l’idrovia) che metterebbe in comunicazione due grandi poli produttivi del nostro Paese dovrebbe rappresentare un obiettivo prioritario del sistema Paese e la sua realizzazione un successo di chi ritiene che possano coesistere sviluppo e tutela dell’ambiente. E’ innegabile infatti che spostare il trasporto, oggi veicolato su gomma, su acqua avrebbe un grande valore ambientale mettendo in connessione diretta due sistemi strategici dell’economia veneta (il Porto di Venezia (con il futuro porto off shore) e Porto Marghera e la grande area industriale di Padova). A ciò si aggiunga (molto rilevante per le attese dei cittadini di questi territori) che la realizzazione dell’Idrovia di Classe V permetterebbe di fatto a questa infrastruttura di rappresentare un importante sistema di compensazione per la prevenzione del rischio idrogeologico mettendo in sicurezza l’area compresa lungo tutto il suo percorso. Tra l’altro l’opera è parte integrante del sistema idroviario padano-veneto, secondo il programma classico che, con i suoi 987 km, interessa il Po, il Mincio, il Fissero/Tartaro, la laguna veneta, Ferrara, Ravenna, Padova, e la Litoranea Veneta. Le perplessità legate a possibili interferenze con il sistema lagunare (MOSE) sono ampiamente fugate dai tecnici. Il costo stimato dell’opera è di 140-150 milioni di Euro. Bene si parta subito, si mettano a sistema le risorse di finanziamento per il trasporto e quelle prevenzione del rischio idraulico, valutando, perché no, anche ipotesi di project financing visto che l’opera dovrebbe poi servire al trasporto merci e si avvii la realizzazione dell’opera.Il nodo diventa la camionabile, la cui realizzazione, potrebbe arrivare addirittura prima di un possibile completamento dell’idrovia. La discussione va avanti da tempo e questo punto penso che sia una questione di tempi rispetto ai quali devono essere posti due punti fermi. 1) va fissato l’ordine di priorità e, se posso dire la mia, la priorità è il completamento dell’idrovia per le motivazione addotte sopra. 2) il progetto della camionabile, la cui cantierabilità dovrebbe compenetrarsi con le necessità dei singoli comuni interessati già fortemente penalizzati da un sistema infrastrutturale diventato eccessivamente invasivo, dovrà essere rivisto anche alla luce della possibile realizzazione della quarta corsia della Venezia Padova da parte degli stessi soggetti proponenti(in sostanza la CAV che gestisce il passante) alla quale va chiesto fin d’ora di ritornare al sistema territoriale che attraversa i larghi profitti che realizza quale compensazione dell’enorme disagio ambientale provocato. Il territorio della Riviera del Brenta ha già dato molto al sistema infrastrutturale del Nord Est e continuare a intervenire imponendo le scelte non condivise corre il rischio di diventare pericoloso: quanto successo a Dolo con proteste e tumulti al momento della discussione in Consiglio Comunale del Progetto Veneto City rappresenta un fallimento della politica a prescindere dalla decisione presa. La Regione Veneto individui le priorità di sistema, si lavori per concertare e far prevalere gli interessi generali delle comunità, interessi tra i quali ambiente e sicurezza idraulica sono senz’altro ai primo posti.