Relazione all’Assemblea provinciale del PDMestre, Auditorium della Provincia di Venezia – 2 marzo 2009Dobbiamo inventare una nuova saggezza per una nuova era.
E nel frattempo, se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disubbidienti a coloro che ci hanno preceduto. Queste parole, scritte intorno alla seconda metà del ‘900 non da qualche “rivoluzionario di professione”, bensì da uno dei più celebri economisti della storia contemporanea, ci consegnano un’esatta rappresentazione del compito che abbiamo di fronte.
Inventare una nuova saggezza per una nuova era, giacchè il tempo che stiamo vivendo è un tempo che traluce in tutta la sua evidenza una greve peculiarità. Dal punto di vista delle condizioni materiali innanzitutto, stiamo assistendo alla più grave crisi economica degli ultimi cent’anni, che ha le sue cause non solo nella distorsione finanziaria dell’economia reale, ma anche nell’aver ricorso negli ultimi anni ad un indebitamento mal garantito finanche per il soddisfacimento delle domande primarie delle famiglie e delle persone.
Una crisi, è stato detto, dentro la quale non siamo ancora entrati del tutto, e che ancora deve dispiegare sul nostro paese tutte le sue conseguenze, e che rischia di produrre nei prossimi mesi centinaia di migliaia di disoccupati (almeno 600.000 secondo i dati di Confindustria, non meno di 900.000 secondo i dati delle più rappresentative forze sindacali). Una crisi di sistema, che investe non solo gli apparati industriali e produttivi, bensì è destinato a modificare in radice le stesse pratiche di vita e le abitudini quotidiane di milioni di consumatori, utenti e cittadini.
Una crisi straordinaria, quindi, che esigerebbe una risposta straordinaria da parte del governo, in termini di investimento di almeno 1 punto percentuale del PIL (cioè 16 miliardi di €) da mettere subito a disposizione per la riforma e l’estensione degli ammortizzatori sociali, il sostegno alle piccole e medie imprese, lo sblocco degli investimenti da parte degli Enti Locali anche derogando i vincoli del Patto di Stabilità, la proposta di un assegno mensile per i lavoratori precari per perderanno in queste settimane il loro posto di lavoro, il contrasto e la lotta dura all’evasione fiscale che, in questo paese, equivale ogni altro a oltre 110 miliardi di €.
Inoltre, quando e dove le altre economie del mondo hanno affrontato condizioni di gravità di questo genere hanno costruito, insieme a misure strutturali di lunga durata, anche le condizioni per una concordia istituzionale tra Governo e Parlamento, maggioranza e minoranza, corpo politico e corpi sociali intermedi e sindacali coinvolgendo tutti nel superiore obiettivo di dare futuro alle proprie comunità.
Bene, niente di tutto ciò è stato realizzato in queste settimane dal governo di centrodestra, che si è attardato nel persuadersi della reale grandezza di questa situazione, ha ignorato le proposte dei nostri gruppi parlamentari, ha perseguito la strada della divisione sindacale e, quando ha impostato una timida risposta, lo ha fatto semplicemente impiegando voci già stanziate e ricollocandole, senza lo stanziamento di risorse fresche.
Dal punto di vista delle condizioni immateriali di questo paese, la cultura di riferimento del centrodestra si è dispiegata in tutta la sua drammatica evidenza. L’inaudito alterarsi degli equilibri tra i poteri dello Stato, lo svilimento della Costituzione repubblicana da norma fondamentale a brandello pronto a essere modificato secondo gli umori e gli interessi del premier, le norme introdotte dal pacchetto legislativo sulla sicurezza introducono in pieno ai paradigmi di riferimento della destra.
Si tratta di un impasto e di una commistione indistinti di autoritarismo, erosione dei principi dello stato di diritto, sregolatezza economica, abdicazione agli ordinamenti costitutivi di ogni società civile organizzata che, ad esempio, attribuisce allo Stato il monopolio della sicurezza per evitare che il singolo – o qualche gruppo sociale – si faccia giudice a sé stesso (le immagini di ieri a Padova, dove le forze di pubblica sicurezza dello Stato pagate dai cittadini sono state costrette a scortare le ronde private destano, dopo un primo sgomento sorriso, solo preoccupata inquietudine): si tratta, in breve, di una cultura profonda che alligna in questo paese e che negli anni si è avvinta, come un organismo parassita, dentro le corde remote della nostra società.
Sbaglia chi in questi anni ha pensato e scritto che Silvio Berlusconi rappresentasse la causa di questo processo: esso ne costituisce invece il prodotto più genuino il più autentico testimone.
Se questo è vero, parrà a tutti chiaro che quello che ci attende di qui in avanti non è tanto e solo un impegno a invertire le tendenze del consenso elettorale in Italia, che si misurano in ogni appuntamento elettorale, bensì la necessità di immergerci nelle strutture profonde e remote della nostra stessa società per tornare a cambiarle, per svellere la pianta malata di questo autoritarismo mite dal tronco della nostra polis, che deve tornare a crescere e fruttificare, a essere innervata di nuovo dai valori costituzionali della laicità, dell’accoglienza, dell’inevitabile relazione tra sviluppo economico e sviluppo sociale e civile.
Se tale è il compito, ad esso serviranno quell’intelligenza, dedizione, autorevolezza, convinzione che stanno ancora dentro centinaia di migliaia di donne e uomini che vivono nelle nostre città, nelle nostre province, nel nostro paese. Se tale è il compito, servirà soprattutto un luogo ove chiamare a raccolta proprie queste intelligenze, queste dedizioni, queste autorevolezze, queste convinzioni.
Questo luogo esiste, questo luogo è il Partito Democratico.
Di conseguenza, la scelta dell’Assemblea Nazionale del 21 febbraio di eleggere Dario Franceschini a segretario nazionale è stata la scelta che ragione e intelligenza imponevano dentro la realtà oggettiva e storica in cui siamo immersi. Capisco e comprendo i molti nostri militanti e simpatizzanti che in questi ultimi 10 giorni hanno sostenuto la scelta della convocazione immediata del congresso oppure l’indizione delle primarie: in una situazione, per così dire, normale, l’avvio dell’assise congressuale sarebbe stata la scelta logica coerente.
Ma nello stato di eccezione in cui viviamo essa avrebbe avuto come conseguenza lo smobilitare il Partito dalle campagne elettorali e avrebbe consentito al centrodestra di segnare un altro importante passo nel consolidamento della propria cultura profonda nel paese. Anche il ricorso alle primarie, fuori dalla redazione di piattaforme progettuali alternative su cui misurare i candidati, sarebbe equivalso ad un semplice confronto tra individualità e personalismi (quelle individualità e personalismi che negli ultimi mesi hanno costituito un fardello pesante e insostenibile per il nostro Partito).
Ragione e intelligenza hanno quindi consigliato l’elezione di Dario Franceschini. Ragione e intelligenza hanno anche, credo, sollecitato la celere nomina della nuova segreteria (con una forte rappresentanza dei territori) e lo snellimento degli organismi dirigenti di costruzione delle politiche del Partito. Ragione e intelligenza impongono la convocazione del congresso del PD subito dopo le elezioni europee e amministrative.
Sarà quello il luogo ove compiere una straordinaria riflessione su noi stessi, ove redigere quella tavola dei valori e delle proposte politiche da presentare con chiarezza e nettezza di contenuti al nostro paese.
Sarà quello il luogo ove affrontare con determinazione anche il tema capitale dell’identità del Partito Democratico, partendo da una consapevolezza: un Partito è una comunità di donne e uomini che condividono valori e idee e li traducono in una proposta di governo. Esso è un corpo vivo e vitale semplicemente perché è composto da donne e uomini, da carne, emotività e intelligenza.
Come tale, l’identità di un Partito si desume non semplicemente dall’appello alle tradizioni storiche di riferimento e provenienza, ma soprattutto dal suo progetto di futuro, a partire da una decisione semplice quanto netta: quali sono i corpi sociali che esso si candida a rappresentare, quali sono gli interessi collettivi e diffusi di cui esso vuole essere, appunto, il campione.
Dovrà essere soprattutto una occasione per confrontarci su quei temi di rilievo, come le questioni eticamente sensibili e della bioetica sulle quali, credo, il migliore punto di partenza sia la condivisione dei tanti nostri dubbi e dei molti interrogativi che abitano ciascuno di noi piuttosto che delle troppo semplici certezze che, dall’una come dall’altra parte, sono state gettate nelle scorse settimane nel macello della politica e sulle quali le parole più belle ha scritto padre Enzo Bianchi su La Stampa del 15 febbraio scorso.
Comunque la pensiamo, non possiamo non venire meno da questa semplice convinzione, che “per tutti noi è inviolabile il principio sacro della laicità dello Stato”, come Dario Franceschini ha detto nel suo primo discorso.
Io chiedo e propongo a questa assemblea che questa discussione, per noi qui a Venezia, cominci adesso. Propongo che nel mese di marzo in tutti i nostri circoli si convochino le assemblee degli iscritti e dei simpatizzanti (si badi, non degli esecutivi e dei coordinamenti) per avviare una straordinaria riflessione su noi stessi. Tanti assemblee quanti sono i nostri ormai 80 circoli, i cui esiti costituiranno il contributo più vero alla prima assemblea nazionale dei coordinatori di circolo, convocata il 21 marzo a Roma
[1].
Queste assemblee saranno anche l’occasione per incrementare il tesseramento al nostro Partito, risposta vera alla domanda di militanza di tanta parte della nostra gente. Su questo, è bene cominciare a sfrondare alcune voci che sono corse in questi giorni. Il numero di iscritti al PD nella provincia di Venezia ha superato le 4.000 adesioni, cioè il 50% della somma degli iscritti di DS e Margherita. Entro la fine di marzo le adesioni dovranno essere almeno 5.000, a testimonianza di un rinnovato sforzo di noi tutti (a partire dai coordinatori di circolo) di irrobustire il Partito. In questo senso, la rigidità delle regole introdotte dal regolamento nazionale ha rallentato e appesantito la fase di tesseramento, anche allontanando alcuni militanti. Per risolvere questa situazione, io e il responsabile organizzativo abbiamo chiesto all’esecutivo di sottoporre a questa assemblea la proposta di iscrivere, su motivata richiesta del coordinatore di circolo all’Ufficio Adesioni Provinciale, anche persone iscritte fuori dal territorio di residenza, che giustifichino le ragioni oggettive della loro opzione.
Sarà questa una delle due leve di impegno del Partito Democratico a Venezia nei prossimi mesi. L’altra sarà costituita, di necessità, dal progressivo intensificarsi e potenziarsi della campagna elettorale. Anche su questo, dovremo chiarire a noi stessi che il tempo della timidezza è finito.
E, insieme alla timidezza, è finito anche il tempo delle gelosie dei territori, dei timori di parte della stessa nostra classe dirigente locale. Si candidino i migliori, senza remore. Entro pochi giorni si chiudano le candidature dei nostri candidati a Sindaco, e dei collegi provinciali. Se ad alcuni sarà chiesta generosità (penso al tema della rappresentanza in seno al Consiglio) ad altri sarà chiesta responsabilità (penso alla costruzione delle candidature nei collegi non cittadini): da tutti però dovrà venire un sì chiaro e netto, perché su questo saranno giudicati come classe dirigente.
Sulle candidature a Sindaco un lavoro importante è già stato avviato: dei 16 Comuni che andranno al voto abbiamo individuato le candidature a Scorzè, Portogruaro, Spinea (con le primarie di coalizione), Campolongo Maggiore, Noale, Fossò, mentre stiamo avviando a conclusione le candidature per i Comuni del Veneto Orientale. Ove presenti abbiamo proceduto alla riconferma dei Sindaci uscenti, ma sempre introducendo un profilo d’innovazione nella costruzione delle alleanze, guardando ovunque ai mondi del centro moderato piuttosto che alle diverse esperienze del civismo e dell’associazionismo presenti nelle singole realtà.
Sul lato delle candidature ai collegi provinciali, abbiamo cominciato le consultazioni di tutti i nostri circoli che erano stati invitati nel mese di gennaio a lavorare sulle proposte di candidatura di collegio, incontrandone finora 30. E’ bene ribadire l’invito a cercare soluzioni condivise, e di salvaguardare sempre l’unitarietà dei circoli e dei collegi, richiamando tutti all’esercizio della massima responsabilità.
La pronta costruzione della nostra lista provinciale e dei nostri progetti di governo delle 16 città costituisce il migliore viatico possibile per la vittoria di Davide Zoggia, insieme all’impegno già dimostrato nelle prime iniziative del nostro candidato (su questo, permettetemi un ringraziamento particolare ai nostri coordinatori per il contributo che hanno saputo dare nelle primarie delle idee il cui primo ciclo si è concluso pochi giorni fa proprio qui a Mestre).
Insieme a questo dovremo intensificare l’iniziativa politica organizzando alcuni grandi appuntamenti di qui ai prossimi tre mesi, sulle questioni di reale incidenza sulla vita delle nostre genti e delle autonomie locali: infrastrutture e trasporti, federalismo fiscale
[2], scuola, cultura e turismo, porto Marghera costituiscono i titoli di altrettante iniziative che distribuiremo nei prossimi 90 giorni.
L’attenzione del nostro Partito, in particolare non può e non verrà meno sui temi economici e del lavoro del territorio, per costruire e condividere con tutti gli attori interessati un progetto organico di rilancio delle nostre eccellenze produttive, dal polo di porto Marghera (che necessita, dopo la recente intesa INEOS-Sartor, di un coerente e credibile piano industriale) alle piccole e medie imprese diffuse sull’intero territorio, che vivono direttamente le conseguenze della crisi e cui occorre dare risposta. Abbiamo iniziato pochi giorni fa a chiamare intorno ad un tavolo tutti i soggetti sindacali e datoriali e così continueremo a fare, accompagnando anche il prezioso lavoro svolto dall’amministrazione provinciale che ha promosso un accordo del valore di 3 milioni di € per l’anticipo degli ammortizzatori sociali alle lavoratrici e ai lavoratori delle nostre imprese.
Non va inoltre dimenticato che una campagna elettorale esige prima di tutto risorse adeguate per la sua realizzazione. Né va dimenticato quel principio di autofinanziamento della vita politica che regge il PD e ne rappresenta anche garanzia di gestione trasparente e democratica. Se uno sforzo va chiesto, quindi, esso deve cominciare da coloro che esercitano ruoli di responsabilità istituzionale, a tutti i livelli. Nell’avviare la campagna straordinaria di finanziamento per la campagna elettorale, quindi, richiedo ai parlamentari, ai consiglieri regionali, agli assessori della Provincia e della città capoluogo di essere i primi sottoscrittori, versando le somme che l’esecutivo provinciale (insieme al tesoriere) determinerà entro sette giorni.
Nel corso della prossima seduta dell’esecutivo, che terremo entro la fine di questa settimana, individueremo inoltre una figura responsabile per la campagna di finanziamento e un gruppo di lavoro responsabile per l’organizzazione della campagna elettorale, per costituire una struttura stabile che accompagni il Partito, rispondendo direttamente all’esecutivo, fino all’appuntamento del 6 e 7 giugno. Inoltre, in particolare gli amministratori eletti e i nominati negli enti di secondo livello dovranno dimostrare la massima coerenza nei loro atteggiamenti rispetto all’obbligo di contribuzione al Partito stabilito nei nostri regolamenti economico-finanziari.
Dobbiamo essere consapevoli che il successo alle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno (e la conferma di Davide Zoggia alla presidenza della Provincia) costituisce il primo essenziale contributo che noi tutti potremo dare all’irrobustimento del nostro Partito e del suo progetto, e che se conseguiremo questo successo sapremo affrontare con la giusta autorevolezza il periodo congressuale che farà immediatamente seguito.
Un congresso, come abbiamo detto, assolutamente vero, cioè in grado di redigere le proposte politiche del Partito e chiarire il suo progetto di futuro, e di individuare quindi quale classe dirigente si farà carico di rappresentarlo al paese e rinforzarlo, costruendo le necessarie alleanze con i diversi corpi sociali e i portatori di interesse reale che si trovano dentro i nostri territori.
E’ proprio sulla costruzione di questa classe dirigente che noi dovremo fare attenzione, giacchè essa si dovrà fare carico del Partito e del suo attecchire nelle fondamenta profonde della nostra società. Un Partito che ambisce a costruire quell’alternativa culturale cui abbiamo detto poc’anzi non può essere costruito in soli 16 mesi. Esso necessita di una cura costante e di una dedizione meticolosa per alcuni anni.
E proprio perché questo Partito ha l’ambizione di durare attraverso le generazioni, esso deve liberarsi di parte dei limiti del gruppo dirigente centrale che l’ha fin qui segnato. Deve liberarsi in particolare dei logoramenti interne e delle “battaglie di posizione”, deve liberarsi della presunzione di gruppi dirigenti che perpetuano loro stessi da anni; deve, soprattutto, riscoprire il senso originario e primigenio della politica come scelta di servizio, di disponibilità e generosità.
Deve quindi innervare, a partire con il congresso, il Partito delle nuove generazioni che in esso sono giunte e stanno crescendo, e già assumono incarichi di responsabilità. Deve, soprattutto, dare centralità ai territori e alla loro vivacità, svellendo la pesantezza del livello centrale di direzione, che ha dimostrato in questi mesi un’inadeguatezza generale, che ha finito per lenire e traviare anche le personalità eccellenti in seso presenti.
Ecco, il nostro contributo a questa discussione tanto più sarà forte e accreditato quanto più noi sapremo essere autorevoli, nella convinzione che l’autorevolezza in politica si acquisisce con la bontà dei contenuti, e soprattutto con la realtà dei risultati: e la prima prova sta immediatamente innanzi a noi il 6 e 7 giugno.
Da allora quindi cominceremo quell’esercizio nell’essere eterodossi e problematici, anche disubbidienti se serve, che ci consentirà di costruire davvero in questo paese una nuova saggezza per una nuova era.
Gabriele Scaramuzza