la Nuova Venezia — 1 luglio 2010
Causin: «Nel Pd c è un gioco per indebolire partito e segretario»
VENEZIA. Si acutizzano i mal di pancia nel Pd. Ieri, il vice segretario regionale Andrea Causin (franceschiniano) ha scritto una lettera aperta ai democratici del Veneto dopo la diserzione della sua mozione dall’assemblea regionale di sabato scorso.
«Qualcuno, non io, ha fatto scientemente saltare il numero legale di due direzioni, mettendo in difficoltà la segretaria e l’esecutivo» spiega. Conti alla mano, Causin spiega come questa strategia non sia imputabile alla mozione Franceschini dato che bersaniani e mariniani, compatti, avrebbero potuto garantire da soli il numero legale. «Appare evidente che esiste un gioco per indebolire il livello regionale e mettere in difficoltà il segretario e ho ritenuto fosse il mio dovere formalizzare l’esistenza di un problema latente che ci impedisce di iniziare il lavoro di strutturazione necessario a svolgere bene il nostro ruolo di opposizione. Qualcuno che pensa che lo scopo della vita sia governare il partito e non il Paese».
Causin: «Nel Pd c è un gioco per indebolire partito e segretario»
VENEZIA. Si acutizzano i mal di pancia nel Pd. Ieri, il vice segretario regionale Andrea Causin (franceschiniano) ha scritto una lettera aperta ai democratici del Veneto dopo la diserzione della sua mozione dall’assemblea regionale di sabato scorso.
«Qualcuno, non io, ha fatto scientemente saltare il numero legale di due direzioni, mettendo in difficoltà la segretaria e l’esecutivo» spiega. Conti alla mano, Causin spiega come questa strategia non sia imputabile alla mozione Franceschini dato che bersaniani e mariniani, compatti, avrebbero potuto garantire da soli il numero legale. «Appare evidente che esiste un gioco per indebolire il livello regionale e mettere in difficoltà il segretario e ho ritenuto fosse il mio dovere formalizzare l’esistenza di un problema latente che ci impedisce di iniziare il lavoro di strutturazione necessario a svolgere bene il nostro ruolo di opposizione. Qualcuno che pensa che lo scopo della vita sia governare il partito e non il Paese».
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la Nuova Venezia — 27 giugno 2010
Tessere in fuga e scontri bufera sul congresso Pd
PADOVA. Povero Pd, già bollito sotto il primo solleone. All’assemblea regionale (225 aventi diritto) è mancato il numero legale. Stessa solfa nelle ultime due sedute della direzione regionale (75 componenti, un organismo più mastodontico non potevano immaginarlo). Il tesseramento è in caduta libera: si calcola una flessione di iscritti pari ad un terzo sul 2009. Ma girano anche stime più allarmistiche. Il partito che fu di Cacciari è ora nelle mani di Rosanna Filippin e potrebbe perfino non essere così male, visto che il carismatico Massimo, dopo il partito del Nordest, Insieme per il Veneto, la Margherita e il Pd, sta pensando di fondare - assieme a Rutelli, Fini, Montezemolo e quant’altri spiriti liberi che un giorno asseriscono e l’altro negano - il “Partito della Nazione”. Un nome che vale un programma: è come augurare buona pesca a Giancarlo Galan nel momento preciso in cui sta mettendo il piede in barca. Li vorremmo proprio vedere in azione nel Veneto, questi del Partito della Nazione. Se mai succederà.
Nell’attesa, abbiamo la Rosanna alle prese con i mal di pancia del Pd. L’epicentro delle contorsioni è Venezia, dove la componente ex Ds dell’area Bersani (prendete la mappa per seguire la spiegazione, altrimenti vi perdete) ha dato vita al caso Marchese. Si dà per certo che l’ex consigliere regionale punti a succedere a Pierangelo Molena nella carica di responsabile organizzativo del partito. Sarebbe a dire l’uomo che tiene tutti i collegamenti verticali e orizzontali del Pd veneto, con Roma e con le province. Andrea Causin della componente Franceschini (occhio alla mappa) ha scritto una lettera alla Rosanna, spiegando di non essere d’accordo «né sul metodo né sul merito». La pensano allo stesso modo quelli della componente Marino e perfino una parte dell’area Bersani, precisamente quelli di provenienza non Ds.
Il «caso Marchese» è la punta di un icerberg: la parte sommersa riguarda i congressi provinciali in itinere. Si vorrebbe far partecipare tutti gli iscritti, non solo quelli che frequentavano il Pd al 21 luglio 2009 (!). Per quanto strano possa sembrare, il partito che voleva dare agli elettori la stessa dignità degli iscritti, ha una norma anti-ribaltone che vieta il tesseramento massiccio sotto congresso. Lo scopo è evitare le degenerazioni, rischio peraltro congenito in tutte le democrazie. A meno di non fare il “partito leggero” di Berlusconi, così si rischia solo di finire nel cesarismo. Se vi piace di più. Peraltro la Lega fa votare i propri iscritti dopo una quarantena di 2 anni. Il Pd veneto, per ammettere ai congressi i tesserati 2010, dovrebbe dare l’ok con una maggioranza di due terzi in direzione regionale. E’ qui che la componente Bersani sta facendo mancare il numero legale alla Rosanna (che peraltro è di area Bersani!).
E ieri Causin ha restituito la pariglia nell’assemblea regionale. Stretta nella morsa, la Filippin dice basta: d’ora in avanti - parlava dal microfono - tutte le decisioni, comprese le nomine, dovranno essere prese con l’accordo delle tre componenti. Per quanto priva di numero legale, l’assemblea regionale del Pd si cimentava attorno ad una ponderosa ricerca Ipsos, piena di riferimenti Veneto-Italia utili a capire un sacco di cose sul comportamento elettorale dei veneti.
Per tacere delle valutazioni sui temi più scottanti, che si potevano raccogliere in sala. Laura Puppato, una per tutti: «La nomina a ministro di Brancher è un insulto al buon senso, se n’è reso conto anche l’uomo della strada. La gente è arrabbiata. Un trattamento da sudditi. In un paese normale uno prenderebbe il bastone per spiegare a chi governa che deve andarsene».
Nell’attesa, abbiamo la Rosanna alle prese con i mal di pancia del Pd. L’epicentro delle contorsioni è Venezia, dove la componente ex Ds dell’area Bersani (prendete la mappa per seguire la spiegazione, altrimenti vi perdete) ha dato vita al caso Marchese. Si dà per certo che l’ex consigliere regionale punti a succedere a Pierangelo Molena nella carica di responsabile organizzativo del partito. Sarebbe a dire l’uomo che tiene tutti i collegamenti verticali e orizzontali del Pd veneto, con Roma e con le province. Andrea Causin della componente Franceschini (occhio alla mappa) ha scritto una lettera alla Rosanna, spiegando di non essere d’accordo «né sul metodo né sul merito». La pensano allo stesso modo quelli della componente Marino e perfino una parte dell’area Bersani, precisamente quelli di provenienza non Ds.
Il «caso Marchese» è la punta di un icerberg: la parte sommersa riguarda i congressi provinciali in itinere. Si vorrebbe far partecipare tutti gli iscritti, non solo quelli che frequentavano il Pd al 21 luglio 2009 (!). Per quanto strano possa sembrare, il partito che voleva dare agli elettori la stessa dignità degli iscritti, ha una norma anti-ribaltone che vieta il tesseramento massiccio sotto congresso. Lo scopo è evitare le degenerazioni, rischio peraltro congenito in tutte le democrazie. A meno di non fare il “partito leggero” di Berlusconi, così si rischia solo di finire nel cesarismo. Se vi piace di più. Peraltro la Lega fa votare i propri iscritti dopo una quarantena di 2 anni. Il Pd veneto, per ammettere ai congressi i tesserati 2010, dovrebbe dare l’ok con una maggioranza di due terzi in direzione regionale. E’ qui che la componente Bersani sta facendo mancare il numero legale alla Rosanna (che peraltro è di area Bersani!).
E ieri Causin ha restituito la pariglia nell’assemblea regionale. Stretta nella morsa, la Filippin dice basta: d’ora in avanti - parlava dal microfono - tutte le decisioni, comprese le nomine, dovranno essere prese con l’accordo delle tre componenti. Per quanto priva di numero legale, l’assemblea regionale del Pd si cimentava attorno ad una ponderosa ricerca Ipsos, piena di riferimenti Veneto-Italia utili a capire un sacco di cose sul comportamento elettorale dei veneti.
Per tacere delle valutazioni sui temi più scottanti, che si potevano raccogliere in sala. Laura Puppato, una per tutti: «La nomina a ministro di Brancher è un insulto al buon senso, se n’è reso conto anche l’uomo della strada. La gente è arrabbiata. Un trattamento da sudditi. In un paese normale uno prenderebbe il bastone per spiegare a chi governa che deve andarsene».
- (Renzo Mazzaro)
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