la Nuova di Venezia — 5 luglio
Filippin, una scossa al Pd «Fuori chi non ci crede Zaia? Per ora solo parole»
VENEZIA. Meno partito e più politica. Da condividere con i cittadini. Il segretario regionale del Pd Rosanna Filippin dà la scossa ai democratici. Perché già è difficile guidare un partito all’angolo, figuriamoci se si ha il dubbio che a spingercelo sia parte della propria classe dirigente. L’appuntamento è alle feste estive del Pd, lunga estate di confronto che sfocerà nei congressi d’autunno.
Qual è lo stato di salute del partito?
«Abbiamo subito una sconfitta pesante, ma non siamo definitivamente sconfitti. Sono convinta della bontà della nostra proposta politica, dobbiamo solo liberarci dei difetti che ci portiamo dietro».
Che sono?
«Guardarci troppo indietro, capire che il messaggio riformista significa cambiare le cose adesso. Ed essere più netti, semplici e chiari nelle scelte».
Nelle ultime settimane Causin, (mozione Franceschini) le ha manifestato il suo dissenso rispetto alle dinamiche interne. Cosa ne pensa?
«Sabato sera sono stata alla festa democratica di Cadoneghe, una rassegna che calamita 10 mila persone in una settimana. E ho constatato, ancora una volta, come le dispute interne non interessino ai veneti. Partendo dal presupposto che né io, Causin o Casson siamo indispensabili, ribadisco che i conflitti interni mi interessano poco. Il partito è uno strumento, non l’obiettivo. Non è dei dirigenti, è di chi lo vive sul territorio ed è nostro dovere consentire al partito di andare avanti».
Ma non crede che gli attriti paralizzino l’attività?
«E’ mio compito evitarlo. Bisogna tuttavia sottolineare che abbiamo una forma di partito molto complessa: ci abbiamo messo quasi sei mesi a fare un segretario. Va da sé che i momenti di stanchezza siano fisiologici. Per questo bisogna pensare a forme organizzative diverse».
Nella sua conduzione si è parlato anche di «eccesso di democrazia».
«Ripeto: il partito si è dotato di strumenti molto faticosi, di assemblee troppo numerose per una realtà in cui quasi nessuno vive di politica. Bisognerebbe trovare un registro più facile, semplificando le regole e snellendo gli organismi. Oltre a costruire una rete più orizzontale sul territorio».
A proposito: è vero che i tesseramenti sono in caduta libera?
«Non mi risulta che gli altri partiti viaggino a livelli altissimi. Le iscrizioni sono aperte fino al congresso: al momento ha votato solo Vicenza, con il rinnovo dell’80% delle tessere. E’ vero, c’è una flessione, ma i conti si fanno alla fine. E, a questo punto, dipende tutto dalla nostra capacità di essere significativi sul territorio. Ci aspetta un’estate con decine di feste. E questo non significa solo liscio e salsicce, ma anche confronto. Per questo non sono preoccupata. Voglio che il Pd si riprenda il suo ruolo ed orgoglio e smetta di sentirsi all’angolo. Dobbiamo parlare di politica: tasse, federalismo, crisi, università. E’ così che si esce dall’angolo».
I congressi sono anche un momento importante per ipotecare poltrone.
«Bersani l’ha promesso: i prossimi parlamentari saranno scelti dagli iscritti attraverso le primarie. Non sono così ingenua da credere che i segretari non avranno voce in capitolo, ma ci sarà ampia condivisione».
Anche l’indicazione dell’ex consigliere Marchese, come prossimo responsabile organizzativo, ha suscitato polemiche.
«Al momento, il responsabile resta al suo posto. Se si rivelerà necessario cambiare i ruoli per migliorare organizzazione ed efficacia, lo faremo. Ma sia chiaro: non dobbiamo piazzare trombati illustri. Non stiamo parlando di cariche retribuite. Marchese ha una grande preparazione e si è messo a disposizione del partito. E non vorrei rinunciare ad elementi come lui o Causin».
Proprio Causin sostiene che qualcuno tra i suoi, ovvero i bersaniani, starebbe cercando deliberatamente di indebolirla.
«Ripeto: la priorità che mi sono data è portare il partito su temi concreti. Il resto non mi interessa».
Solo che non può farlo da sola.
«Mi assumo le mie responsabilità e mi aspetto che chi ha ricevuto determinati incarichi faccia altrettanto. Altrimenti si cambia. Se qualcuno non è a suo agio e pensa che le cose non funzionino, può andarsene. Nelle prossime settimane, o mesi, se qualcuno sentirà di non condividere più il progetto, sarà gentilmente invitato a ricoprire un altro ruolo. La condizione che pongo io è di avere un gruppo coeso e coerente».
Crede che ci sia ancora spazio di manovra per migliorare la finanziaria?
«Bisognerebbe buttarla e riscriverla. Non sono così ottimista, nemmeno per il federalismo. Il nostro obiettivo sarà quello di applicare ad ogni atto un sistema di equità e merito».
Tra poco scadono i primi 100 giorni di governo di Zaia. Cosa ne pensa?
«Che il Veneto avesse bisogno di una scossa era evidente a tutti. Per molto tempo la crisi è rimasta ovattata, con l’idea che il nostro sistema economico fosse più forte. Ma non è così: un’indagine dell’Ipsos ci conferma che anche qui sta crescendo il pessimismo. E l’immagine di competenza, efficienza ed ottimismo che ci ha regalato Zaia in campagna elettorale, vive solo nelle parole». - Simonetta Zanetti
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