la Nuova Venezia — 24 novembre 2010
Il Pd nordista nasce a Vicenza. Senza Bersani
VENEZIA. Il Pd veneto prova a ripartire e chiama raccolta tutte le energie “sopravvissute” al tonfo elettorale di marzo. Lo farà sabato, a Vicenza, con una convention dal titolo allusivo - «Il Veneto che soffia in Italia» - sul cui esito il gruppo dirigente investe gran parte delle sue chances. Lo farà perché non si rassegna a recitare un ruolo marginale nel cuore del Nordest. Lo farà in assenza del segretario Pierluigi Bersani che, a sorpresa, ha declinato l’invito. «C’è rammarico e anche un pizzico di delusione», ammette il segretario regionale Rosanna Filippin che più di altri ha lavorato per questo obiettivo «perché a Vicenza Bersani avrebbe assistito a una manifestazione di vitalità del Pd. Inoltre, c’era l’occasione di lanciare un segnale di vicinanza a questa città e a questo territorio in un momento difficile. Certo, la crisi di Governo incombe e gli impegni di un leader sono tanti, però... ». Il però proviamo a tratteggiarlo noi. Il meeting di Vicenza ha un’impronta dichiaratamente pragmatica e focalizza l’esperienza democratica di governo nel Veneto: a spiegare «come si vince e come si amministra» non saranno i capi del partito ma i sindaci: Flavio Zanonato (Padova) e Achille Variati (Vicenza), Laura Puppato (Montebelluna) e Roger De Menech (Ponte di Legno); nonché il presidente della Provincia di Rovigo, Tiziana Virgili. Esempi controcorrente in un’area a forte vocazione leghista, dove le tradizionali parole d’ordine della politica progressista sembrano smarrire appeal ed efficacia. C’è un retropensiero che ispira la convention vicentina. E’ quello illustrato a più riprese da Sergio Chiamparino, il sindaco di Torino e presidente dell’Anci che concluderà i lavori: è l’idea di un partito democratico del nord, federato al nazionale ma autonomo nei suoi processi decisionali sul territorio, capace di intercettare - e di tradurre in iniziativa politica - bisogni, idee e volontà che a Roma giungono in forma di eco, attenuato e spesso marginale. «Sì, io credo fortemente nel modello di un partito nordista che dica la sua senza mascherarsi né chiedere il permesso», commenta Rosanna Filippin «è il Pd del fare, quello che vogliamo». Lo vogliono proprio tutti? «Avverto un ampio sostegno intorno al progetto, qualcuno che dissente c’è e ci sta». Perché non è questione di correnti interne - il vertice veneto è schierato senza tentennamenti con Bersani - ma di prospettiva. Il successore di Walter Veltroni al timone della maggiore forza di opposizione non condivide affatto l’assetto federalista caldeggiato dai compagni del nord: «Noi siamo una grande forza nazionale», ha scandito «non una confederazione di partitini locali». Tant’è. Sabato, alla Fiera di Vicenza, saranno quattro i temi in primo piano: lavoro e crisi economica, fisco e autonomie locali, scuola e integrazione. L’obiettivo è formulare proposte convincenti e veicolarle in altrettante campagne di opinione e di mobilitazione. «Sono presuntuosa, un giorno arriveremo a governare il nostro Veneto», si sbilancia la Filippin. Presentuosa, sì.
Filippo Tosatto
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