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24.9.10

Pier Paolo Baretta: no alle sottoscrizioni del "documento dei 75" nei circoli (anche veneti)

Il Gazzettino Venerdì 24 Settembre 2010
L’INTERVENTO / Pd, si può cambiare ma senza creare correnti

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La grande crisi economica ha sconvolto le regole del gioco competitivo e delle convivenze etniche, ha frantumato i confini ed i poteri reali degli Stati nazionali, ha aperto voragini nella condizione di lavoro e di vita degli imprenditori e dei lavoratori. Di fronte agli effetti di questa impetuosa questione, che possiamo riassumere nella esigenza di “modernizzazione” della società italiana, anche la politica ridisegna i suoi confini ed orizzonti, sia a destra che a sinistra.

La anomala alleanza tra il localismo di Bossi e lo statalismo di Fini, tenuti insieme dal protezionismo-liberista di Berlusconi, non può durare e proprio in Veneto si sono avvertiti i primi scricchiolii con la lite pre e post elettorale tra Galan e Zaia. Ma anche nel centro sinistra tutto si muove. La consistenza elettorale del Pd che, nonostante le flessioni subite, rappresenta almeno un quarto degli italiani, lo carica della responsabilità di essere il perno dell’alternativa politica e di governo. Questo ambizioso, ma ineludibile obiettivo, è possibile se il Pd saprà unire progettualità innovativa ed unità interna.
Pochi mesi fa abbiamo scelto, con una straordinaria operazione democratica, che ha coinvolto, con le primarie, qualche milione di cittadini, chi doveva guidare e su quale piattaforma il Partito. Ciò non chiude il dibattito politico, ma la dialettica interna non può servire a promuovere una conta tra i parlamentari, né a costituire nuove correnti, movimenti, aggregazioni interne, non legittimate, come lo furono invece le mozioni congressuali, dal voto degli iscritti.
Non metto in discussione le buone intenzioni, ma la iniziativa dei 75 firmatari non è esente da questo rischio, comprovato dal fatto che la sottoscrizione del documento è stata anteposta ad una discussione aperta e non preordinata negli organismi del partito, nei gruppi parlamentari, nei circoli. Se si teme che vi siano i rischi di una involuzione si deve pur gridare “acqua alle corde”, ma se questo avviene attraverso la conta tra “innovatori” e “conservatori” interni si rischia, al di là delle intenzioni, di cristallizzare le posizioni, provocando l’effetto opposto di quanto dichiarato.
Tanto più se si attiva, come sta avvenendo nel nostro territorio, la sottoscrizione in periferia tra i militanti ed i circoli, accentuando la divisione interna.
Nessuno si nasconde i problemi, ma non al punto di lasciar trasparire una malcelata sfiducia nella possibilità di cambiare la situazione dal di dentro. I firmatari sostengono che non è questa la loro intenzione, né voglio attribuirla a quegli amici che, da dentro il Pd, guardano con attenzione ad iniziative locali, quale è “verso Nord”.
E’, invece e non a caso, quanto sostiene, con particolare tempismo, il ministro Sacconi, quando invita i dissidenti a lasciare il Partito democratico, senza chiarire se anche lui sta abbandonando il centro destra per dar vita ad un pur improbabile e sbagliato superamento del bipolarismo, o se sta chiedendo adesioni per la formazione di un nuovo centro destra. In entrambi i casi, non sono opzioni praticabili per noi.
Non ho, per queste ragioni, firmato il documento, ma non per questo ho rinunciato all’idea che bisogna migliorare il Pd, tutto e non solo una parte, ed è, perciò, che mi auguro che la discussione ritorni all’interno delle sedi naturali che sono gli organismi del Pd.

*deputato Pd

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